11 Aprile 2024
 
San Stanislao Vescovo e Martire
 
At 5,27-33; Salmo Responsoriale dal Salmo 33 (34); Gv 3,31-36
 
Colletta
O Dio, per la tua gloria il santo vescovo Stanislao
ha donato la vita colpito dalla spada dei suoi persecutori: 
concedi anche a noi
di perseverare forti nella fede sino alla morte.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo della Chiesa Cattolica - Articolo 12 - «Credo la Vita Eterna»: 1020 Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna. Quando la Chiesa ha pronunciato, per l’ultima volta, le parole di perdono dell’assoluzione di Cristo sul cristiano morente, l’ha segnato, per l’ultima volta, con una unzione fortificante e gli ha dato Cristo nel viatico come nutrimento per il viaggio, a lui si rivolge con queste dolci e rassicuranti parole:
« Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono; la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi. [...] Tu possa tornare al tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra. Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. [...] Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno ».
V. Il giudizio finale 1038 La risurrezione di tutti i morti, « dei giusti e degli ingiusti » (At 24,15), precederà il giudizio finale. Sarà « l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell’uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna » (Gv 5,28-29). Allora Cristo « verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli [...]. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,31-33.46).
 
I Lettura:  La missione degli Apostoli si muove tra il successo e la persecuzione scatenata dal Sinedrio che ritiene il cristianesimo un serio pericolo per il giudaismo ufficiale. Pietro ripercorre le vicende del Cristo senza tema di annunziare la sua risurrezione e di accusare il Sinedrio di aver ucciso l’Autore della Vita. La Risurrezione di Gesù è l’evento capitale al quale tutto deve essere subordinato e orientato. Gli Apostoli sono lieti «di subire oltraggi per il nome di Gesù» perché a loro è data «la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Solo lo Spirito Santo può donare questa gioia.
 
Vangelo
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.
 
Per volontà del Padre, ogni cosa è in mano del Figlio, cioè tutto è in suo potere (Gv 3,35; 10,28.29; 13,3; 17,2; cfr. Gv 6,37-39; Mt 11,27; 28,18). Da qui il fondamento della sua regalità (Gv 12,13-15; 18,36-37) che egli inaugurerà il giorno della sua esaltazione (Gv 12,32; 19,19; At 2,33; Ef 4,8), quando il regno del principe di questo mondo avrà fine (Gv 12,31). Il brano evangelico è «un’esaltazione della figura di Gesù: solo colui che “viene dal cielo”, può rivelare il mistero di Dio, perché a lui il Padre ha concesso lo Spirito senza misura (i profeti dell’antica alleanza e Giovanni Battista disponevano dello Spirito di Dio, ma la pienezza della rivelazione di Dio si ebbe soltanto in Cristo, cfr. 3,16; 10,17; 15,9). L’opera di Cristo è sotto ogni aspetto l’opera di Dio perché il Padre ha rimesso tutto nella mano del Figlio. La scelta di fede nei suoi confronti genera nell’uomo “la vita eterna”, cioè la stessa vita divina; la scelta del rifiuto è, invece, radice di perdizione” (Don Antonio Schena).
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,31-36
 
Chi viene dall’alto, è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.
 
Parola del Signore.
 
Il Nuovo Testamento (ED. Paoline): 3,31-36 Non si sa a chi riferire queste parole: se a Giovanni, a Gesù o allo stesso evangelista. L’ipotesi meno probabile è che sia Giovanni a parlare, mentre è verosimile che sia Gesù a prendere nuovamente la parola dopo il precedente discorso ai vv. 13-21. È chiaro, in ogni caso, che le parole riguardano il ministero di Gesù e il suo ruolo unico come testimone della fedeltà e della verità di Dio.
3,31 “Chi viene” (letteralmente, “il veniente”, ho erchomenos) assume quasi la funzione di un titolo dato a colui che si sta aspettando (cfr. Mt 11,3 e Lc 7,19) e che è al di sopra di tutti (cfr. Rm 9,5).
3,33 Il verbo sphragizō significa letteralmente “sigillare” (cfr. 6,27). Qui è usato nel senso di “confermare” che “Dio è veritiero”, in quanto si rivela nel Figlio come verità.
3,34 L’inviato di Dio concede lo Spirito “senza misura”; i profeti dell’AT, invece, hanno ricevuto lo Spirito secondo l’importanza dei compiti loro assegnati.
3,35 Il fatto di aver mandato nel mondo suo Figlio testimonia già di per sé l’amore del Padre. Ma questo amore ha anche il risvolto concreto di concedere tutto a chi viene inviato, incluso il potere di dare la vita (5,21) e di giudicare, nell’ultimo giorno (5,22). È nel segno di questo amore che si illumina la missione di Gesù ed è partecipando a questo amore che si arriva a conoscere l’intima verità di Dio.
 
L’ira di Dio - Liselotte Mattern: L’Antico Testamento parla molto spesso dell’ira, poiché essa caratterizza proprio il Dio santo e ardente. L’ira non è, tuttavia, un ribollimento iracondo; è ben lontana anche da una passione o un’eccitazione. È piuttosto la reazione alla disubbidienza dell’uomo. Essa non è in contraddizione con la giustizia, ma designa il giusto giudizio di Dio. L’ira è rivolta soprattutto contro Israele. L’elezione del popolo e l’alleanza di Dio con esso non garantiscono a Israele la sicurezza della salvezza, ma lo impegnano alla fedeltà, all’alleanza e all’obbedienza. I profeti mettono continuamente in guardia dalla mormorazione contro la guida di Dio, soprattutto da una caduta nell’idolatria, dalla disubbidienza verso i comandamenti, la quale può esprimersi anche come comportamento ingiusto in campo sociale, economico e politico. Il giorno di JHWH atteso da molti israeliti come giorno di gioia si rivolterà altrimenti, come giorno dell’ira, contro il proprio popolo disubbidiente. Da parte sua, Dio può servirsi anche di popoli pagani come strumenti della sua ira e castigare il suo popolo, per la violazione del patto, con la guerra e l’esilio. L’ira colpirà, naturalmente, anche le nazioni e i loro sovrani, perché Dio è anche loro Signore.
Secondo Am 2,lss, Dio stesso vigila sul diritto e l’ordine tra i popoli pagani. I profeti del tempo esilico e postesilica parlano soprattutto dell’ira contro i pagani. Secondo concezioni più tardive essa minaccerà addirittura l’intera umanità disubbidiente a Dio e si estenderà a tutta la terra.
Accanto all’ira che si estrinseca nella storia, si fa sempre più strada l’idea di un giudizio dell’ira alla fine di questo tempo e di questo mondo.
Secondo la concezione apocalittica tardo­giudaica, l’ira colpirà tutti gli empi che non si sono piegati alla legge di Dio. Anche i rabbini ne parlano, sebbene l’espressione “giorno dell’ira” venga applicata solo raramente al giorno del giusto giudizio di Dio.
Per il Nuovo Testamento l’idea dell’ira, è ovvia; essa è la definizione del futuro giudizio di Dio. Non si tratta certo del fatto che nel Nuovo Testamento al posto dell’ira, subentri un amore di Dio “a buon mercato”. Nei Vangeli, tuttavia, il concetto di ira si trova solo raramente. Secondo Giovanni Battista soltanto la conversione può ormai salvare dall’ira imminente. In bocca a Gesù la parola “ira” si trova solo nell’allusione alla distruzione di Gerusalemme in Lc 21,23. Paolo invece parla molto spesso dell’ira. Anche per Paolo ira esprime il giudizio universale. Alla fine del tempo, il giorno dell’ira porta con sé il giusto giudizio su tutti i popoli. Tutta l’umanità vive nell’empietà e nell’ingiustizia e pertanto è sottoposta già oggi al giudizio che viene Soltanto la  fede giustifica e può salvare il cristiano dall’incombente giudizio dell’ira e della distruzione. Secondo Gv 3,36 il non-credente sottostà all’ira, il credente invece possiede già oggi la vita. L’Apocalisse parla con colori sfavillanti della futura ira. Nel giorno della grande ira si berrà dalla coppa del vino dell’ira; sarà il giorno dell’ira dell’agnello (Ap 14,10; 6,16).
 
Il vangelo di oggi ci aiuta a conoscere Gesù, ad entrare in profondità, nel mistero a noi rivelato nella pienezza dei tempi (Gal 4,4). Gesù viene dal cielo, attesta ciò che ha visto e udito, è la missione del Verbo; Gesù mandato dal Padre proferisce le parole del Padre, Egli viene dal Cielo, Dio da Dio, quindi una chiara ammissione: Gesù è Dio. I Giudei supini alla ragione, appartengono alla terra e parlano secondo la terra, quindi non possono comprendere e non possono accettare la testimonianza del Verbo, di Colui che viene dal Cielo.
Se vogliamo capire meglio tutta la portata delle cose che Gesù fece ed insegnò, dobbiamo porci in una posizione verticale, dobbiamo volgere la nostra esistenza verso il Cielo.
Nel Vangelo abbiamo un ritornello che si ripeterà insistentemente, costantemente nella vita pubblica di Gesù, i Giudei non conoscono Gesù, non comprendono il suo insegnamento, lo avversano, lo odiano, lo condurranno a morire su una croce. Nei vangeli molte volte appare il conflitto tra Gesù ed i Giudei che contestano le sue parole, e qui nel Vangelo di Giovanni viene svelato il motivo: Gesù viene dal Cielo e parla secondo il Cielo, i Giudei appartengo alla terra e parlano secondo la terra, un abisso incolmabile. Gesù è nella luce, i Giudei sono ciechi, sono nelle tenebre. Gesù è trasparenza totale, i Giudei sono opachi, mentitori e ipocriti. I Giudei non si aprono a Dio perché si afferrano alle proprie idee, hanno i piedi ben incollati sulla terra, e poiché hanno paura di guardare verso il Cielo non sono capaci di capire il significato profondo delle cose che Gesù vive, fa e dice.
Quanto l’evangelista Giovanni dice degli avversari di Gesù è esame di coscienza per ciascuno di noi.
Noi diciamo di conoscere Gesù ma dobbiamo preoccuparci che non sia fantasia del nostro ragionare, se così è per noi Gesù è un fantasma; se crediamo che è il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, allora è norma di vita. Se noi crediamo nel Figlio abbiamo la vita eterna. Ma poiché il procedere conoscitivo dell’uomo è limitato, difettoso, Gesù promette lo Spirito Santo.
Esplicitando in sintesi le più importanti operazioni dello Spirito Santo, possiamo dire che egli guida i credenti alla verità tutta intera (Gv 16,13), cioè conduce a una perfetta conoscenza di Gesù, seconda Persona della santissima Trinità, e guida i credenti alla salvezza portando a termine il progetto salvifico del Padre: “Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor 3,17-18). Chi accoglie il dono dello Spirito Santo si pone nella via indefettibile che conduce alla piena e veritiera conoscenza del Dio umanato.
 
Chi crede nel Figlio ... - Alberto Magno (In ev. Jo. ex p ., III): Mediante la virtù della fede formata e dell’amore che ne deriva, e tende a Lui, ha ora nella speranza e nella causa, poi nella realtà e nell’effetto, la Vita eterna; chi invece non ha fede nel Figlio, così che non tende, per mezzo della fede a Lui, che è Vita e Luce degli uomini, non vedrà la Vita, poiché vivere significa vedere la Vita per mezzo dell’intelletto, e la condanna di Dio, cioè il peccato che è la causa della condanna di Dio, incombe su di lui, schiacciandolo come un peso.
 
Il Santo del giorno - 11 Aprile 2024 - San Stanislao, Vescovo e Martire: Stanislao nasce nel 1030 a Szczepanowa, un paese vicino a Cracovia. Dopo gli studi presso i Benedettini della città, fu inviato in vari monasteri, in Belgio e in Francia, dove si formò culturalmente e spiritualmente, abbracciando con slancio le idee della riforma gregoriana. Ritornato in patria, fu ordinato sacerdote dal vescovo Lamberto, e nel 1072, alla morte del presule, fu chiamato a succedergli. Boleslao, re di Polonia, dapprima appoggiò l’azione apostolica di Stanislao, ma poi, da questi ammonito severamente per la sua condotta immorale, che gli attirò perfino la scomunica, lo prese in odio e decise di vendicarsi. I suoi sicari aggredirono il vescovo all’altare mentre celebrava l’Eucaristia, lo colpirono al capo e infierirono sul suo corpo, come si usava fare per i traditori. Era l’11 aprile del 1079. Il popolo reagì di fronte a questa orrenda esecuzione, e il re dovette fuggire in esilio. Dopo alcuni anni Boleslao chiese perdono del suo peccato, e si ritirò in penitenza nel monastero di Osjak. Stanisław fu canonizzato il 17 agosto 1253 da Innocenzo IV. Stanisław è patrono principale della Polonia e il suo culto è particolarmente vivo anche in Lituania, Bielorussia, Ucraina e negli Stati Uniti. (Fonte: Vangelo del giorno)
 
Nella gioia di questo giorno
abbiamo ricevuto, o Signore, i tuoi santi doni:
a noi, che annunciamo con questo divino convito
la morte del Figlio tuo,
concedi di partecipare, insieme ai tuoi santi martiri, 
alla sua gloriosa risurrezione.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.