9 Luglio 2025
Mercoledì XIV Settimana T. O.
Gn 41,55-57; 42,5-7a.17-24a; Salmo Responsoriale Dal Salmo 32 (33); Mt 10,1-7
Colletta
O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio
hai risollevato l’umanità dalla sua caduta,
dona ai tuoi fedeli una gioia santa,
perché, liberati dalla schiavitù del peccato,
godano della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Catechismo degli Adulti - I dodici [201] Un giorno, tra questi discepoli più vicini, Gesù ne sceglie dodici. Ci sono i quattro del lago: Simone, al quale impone il nome di Pietro, Giacomo e Giovanni di Zebedèo, Andrea fratello di Simone; e con loro ci sono anche Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e infine Giuda Iscariota, il traditore.
È una scelta di importanza fondamentale e, prima di farla, Gesù passa la notte in preghiera. È un’iniziativa tutta sua: «chiamò a sé quelli che egli volle» (Mc 3,13). Il numero è intenzionale: «Ne costituì Dodici» (Mc 3,14). Si tratta di un’azione profetica simbolica, con la quale il Maestro dichiara la sua intenzione di radunare le dodici tribù disperse, di convocare l’Israele degli ultimi tempi, aperto anche ai pagani. Li scelse perché «stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni» (Mc 3,14-15). Questo raduno e questo invio prefigurano la vocazione della Chiesa alla comunione e alla missione.
Gesù mandò effettivamente i Dodici nelle città e nei villaggi, a proclamare il vangelo con la parola e con le opere; li mandò come suoi inviati ufficiali, a due a due secondo l’uso del tempo, con l’ordine di non esigere compensi, perché fossero segno dell’amore gratuito di Dio. «Partiti, predicavano che la gente si convertisse» (Mc 6,12) e guarivano molti malati. Al loro ritorno riferirono a Gesù «tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’“» (Mc 6,30-31). Questa prima missione, limitata al territorio di Israele, è preludio della missione definitiva verso tutte le genti, che il Signore affiderà loro dopo la sua risurrezione.
I Lettura: Si avverano le parole di Giuseppe, e così dopo sette anni di abbondanza piombano su tutto l’Egitto anni di carestia. La previdenza di Giuseppe salva l’Egitto dalla fame. Anche popoli lontani raggiungono l’Egitto per comprare il grano, e così i figli di Giacobbe. Giuseppe riconosce i fratelli, ma vuole metterli alla prova. Giuseppe vuole scandagliare il cuore dei fratelli e condurli a una sincera conversione.
Vangelo
Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele.
L’apostolato dei dodici - Giuseppe Barbaglio (Apostoli in Schede Bibliche Pastorali) - Gesù ha scelto i dodici per farne i suoi collaboratori; e li ha inviati con i suoi stessi poteri a predicare il Regno di Dio, a guarire i malati e cacciare i demoni (Lc 9,1-2b). Caratteristica dell’apostolo è di andare e di agire nel nome di Gesù, cioè con la sua autorità (cfr. Lc. 10,17); tanto che Giovanni, scoprendo un esorcista che non segue il Maestro e che caccia tuttavia i demoni nel suo nome, si sente in dovere di intervenire e impedirglielo (Mc 9,38s.; Lc 9,49s.). In realtà, se i dodici apostoli formano un gruppo ben definito, l’apostolato non lo considerano un ufficio fisso ed esclusivo: non è fisso, poiché vediamo che gli apostoli, rientrati dalla missione in Galilea, tornano ad essere semplicemente ascoltatori (Lc 9,10ss.; Mc 6,30ss.), fino a quando non intervenga un nuovo invio (Lc 10,1); l’apostolato inoltre non è esclusivo dei dodici, poiché anche altri vengono mandati, come nella missione dei settantadue discepoli riferitaci da Luca (Lc 10,1-2). Gesù ci ha manifestato il suo pensiero sull’essenziale della figura dell’apostolo: l’apostolo è come colui che lo ha mandato, e colui che lo ha mandato è Gesù stesso. Questo invio stabilisce una relazione profonda tra Gesù e i suoi apostoli: come egli è l’inviato del Padre, così gli apostoli sono i suoi inviati (Gv 17,18.23); come il Padre dimora nel Figlio inviato da lui, così anche il Figlio dimora nei suoi apostoli; come il Padre compie in lui le sue opere, così il Figlio compie negli apostoli le sue opere. Gesù può dire giustamente: Chi riceve voi, riceve me... (Mt 10,40). Ciò che nella istituzione dello shaliah (= emissario) era solo un fatto giuridico, ora diventa una realtà spirituale: Gesù sarà realmente presente in coloro che invia ed opererà in loro. Come egli, apostolo del Padre, ha reso Dio presente tra noi, così gli apostoli, perché inviati da Cristo, renderanno lui presente fra i credenti, secondo la sua stessa promessa: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,1-7
In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».
Parola del Signore.
Missione dei discepoli - Felipe F. Ramos: La lettura che commentiamo inizia parlando dei dodici discepoli, come se si trattasse di persone perfettamente note, che non hanno bisogno di presentazione, sebbene in realtà non siano ancora mai stati menzionati nel vangelo. Ma la Chiesa alla quale si indirizzava Matteo conosceva perfettamente questa situazione dei dodici, e quindi era superflua ogni spiegazione. L’intenzione con cui Matteo presenta i dodici è molto chiara, se teniamo presenti la sua mentalità e le sue tendenze. Già varie volte ha presentato Gesù come il novello Mosè, un novello Mosè che fonda un novello popolo di Dio. Ora, l’antico popolo di Dio era costituito da dodici tribù, e il nuovo popolo di Dio ha le stesse caratteristiche di un’universalità simboleggiata nel numero dodici. Gesù, novello Mosè, fonda il nuovo popolo di Dio, la Chiesa.
Nella lista dei dodici - a parte il luogo privilegiato di Pietro, sempre nominato per primo e in Matteo con maggior enfasi che negli altri sinottici - vi sono nomi sui quali è perfettamente d’accordo la tradizione, come Giacomo, Giovanni, Andrea e Giuda il traditore. Per altri, troviamo varianti anche nel nome. Questo vuol dire che, nella loro maggioranza, gli apostoli non furono personalità così distinte, che il loro nome divenisse celebre in tutte le chiese che si erano già formate fuori delle frontiere giudaiche, quando fu scritto il nostro vangelo. Nella loro maggioranza gli apostoli svolsero il loro ministero a Gerusalemme o in territorio giudaico; e solo più tardi sarebbe nata la leggenda a colmare questa lacuna. La cosa più importante dei dodici, quella che la Chiesa mise in evidenza fin dalla prima ora, è che Gesù l’aveva fondata su quei dodici uomini che egli chiamò apostoli, cioè inviati speciali per una missione ben concreta.
L’oggetto della missione si riassume nella continuazione dell’opera di Gesù: egli dà loro i suoi stessi poteri e ordina loro di predicare il vangelo: prossimità-presenza del regno. L’immagine che Matteo ci offre di questi apostoli corrisponde a quella del Maestro riguardo ai discepoli.
Questa lettura ci offre una delle affermazioni più scandalose del vangelo di Matteo: «Non andate fra i pagani...». Come è possibile, specialmente in un vangelo così dominato dall’universalismo - dal racconto dei magi fino all’ordine: «Andate nel mondo intero...» (28,19) - come è possibile che sia rimasto questo tratto di particolarismo rabbioso e appunto sulle labbra di Gesù? Le spiegazioni sono state molte, e, forse proprio per questo, nessuna è stata pienamente soddisfacente. Limitarsi alla casa d’Israele fu valido durante il ministero terreno di Gesù; ma, dopo la risurrezione, furono abbattute le frontiere. Sarebbe una spiegazione. Un’altra potrebbe essere la seguente: la missione ai gentili era assai più facile; il vangelo aveva trovato fra essi un atteggiamento di apertura, mentre, nel mondo giudaico, era stato rigettato. Era quindi necessario insistere sull’urgenza di evangelizzare i giudei che, per le difficoltà ricordate, erano abbandonati. Una terza spiegazione, che esponiamo con modestia perché è nostra, sarebbe la seguente: a) nella Chiesa primitiva vi furono due tendenze: una particolarista, che insisteva sui privilegi giudaici, e una universalista che propugnava il destino universale e assoluto del vangelo; b) la tendenza particolarista doveva essere giustificata con le parole di Gesù e, per conseguenza, c) questa tendenza inventò queste parole e le pose sulle labbra di Gesù. Matteo, come buon cronista, le trovò nella tradizione e le trasmise così come erano giunte a lui. È valida questa terza spiegazione?
Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino - Chi ha la missione di evangelizzare? La risposta ci viene prontamente suggerita dal concilio ecumenico Vaticano II: alla Chiesa «per mandato divino incombe l’obbligo di andare in tutto il mondo e di predicare il Vangelo ad ogni creatura» (DH 13).
Nell’opera della evangelizzazione sono innanzi tutto impegnati i Vescovi, successori degli Apostoli (Cf. LG 18; 22; 24; ecc.), e i presbiteri, in quanto cooperatori del Vescovo (Cf. PO 2; 4; 7).
Ma anche i fedeli devono spendere le loro forze nell’opera della evangelizzazione: «Tutti i fedeli, come membra di Cristo vivente, a cui sono stati incorporati e assimilati mediante il battesimo, la confermazione e l’eucaristia, hanno l’obbligo di cooperare all’espansione e alla dilatazione del suo corpo, per portarlo il più presto possibile alla pienezza. Tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico, devono spendere le loro forze nell’opera della evangelizzazione» (AG 36).
Quindi, l’evangelizzazione è frutto di una sincera cooperazione: «Essendo tutta la Chiesa missionaria ed essendo l’opera di evangelizzazione dovere fondamentale del popolo di Dio, il sacro sinodo invita tutti a un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, assumano la loro parte nell’opera missionaria tra le genti» (AG 35).
La constatazione che la Chiesa cattolica «deve operare instancabilmente “affinché la parola di Dio si diffonda e sia glorificata” [2Ts 3,1]» (DH 14), deve suscitare in noi due convinzioni.
A. evangelizzare è sempre un atto profondamente ecclesiale: «La prima convinzione è che evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell’ordine della grazia, all’attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa. Ciò presuppone che egli agisca non per una missione arrogatasi, né in forza di un’ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa» (Paolo VI, Esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”, n. 60).
B. l’evangelizzatore deve operare in comunione con la Chiesa: «Come conseguenza, la seconda convinzione: se ciascuno evangelizza in nome della Chiesa, la quale a sua volta lo fa in virtù di un mandato del Signore, nessun evangelizzatore è padrone assoluto della propria azione evangelizzatrice, con potere discrezionale di svolgerla secondo criteri e prospettive individualistiche, ma deve farlo in comunione con la Chiesa e con i suoi Pastori. La Chiesa, l’abbiamo già rilevato, è tutta intera evangelizzatrice. Ciò significa che, per il mondo nel suo insieme e per ogni singola parte del mondo ove si trovi, la Chiesa si sente responsabile del compito di diffondere il Vangelo» (ibidem).
I secoli passati hanno visto da un lato, la diffusione universale del cattolicesimo che ha raggiunto tutti i cinque continenti dall’altro, una diffusione della secolarizzazione che ha portato alla laicizzazione della società e quindi a un forte allontanamento dalla Chiesa. Si è ridotto il numero degli operai, ed è vero, ma è pur vero che quando l’inedia assale il cuore, allora la fede langue e il mondo rimane sempre più indifferente al fatto religioso. Bisogna ripartire dalla gioia dell’incontro con il Risorto e allora i passi ritorneranno a lambire ancora una volta le terre più lontane.
Chiamò a sé i dodici discepoli - L’autorità data agli apostoli - Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 10. 1: Benevolo e clemente è il Signore e maestro; non è geloso della sua potenza e la conferisce ai suoi servi e discepoli. E siccome egli cura ogni malattia e ogni infermità, vuol dare tale potere anche ai suoi apostoli, affinché anch’essi guariscano ogni malattia e ogni debolezza del popolo. Ma grande è la differenza tra il possedere e il dare, tra il donare e il ricevere.
Gesù, qualunque cosa facciano, confessano la loro debolezza e la forza del Signore, dicendo: In nome di Gesù, alzati e cammina. Da notare che è col dodicesimo prodigio che viene conferia agli apostoli è la facoltà di compiere miracoli.
Il Santo del Giorno - 9 Luglio 2025 - Sant’Agostino Zhao Rong. La vita donata per il tesoro più prezioso: il Vangelo - Faremmo di tutto per custodire e curare i tesori che portiamo nel cuore, per salvare l’amore che ci anima da tutto ciò che potrebbe violarlo. Ecco perché per il tesoro della fede, scintilla dell’origine divina della nostra esistenza, i martiri hanno deciso di offrire tutta la propria vita: non potevano rinunciare a quella luce trovata grazie alla testimonianza di altri cristiani. Così avvenne per sant’Agostino Zhao Rong, primo prete cinese martire. La sua conversione al Vangelo di Cristo avvenne grazie all’esempio di alcuni cristiani perseguitati. Nato a Kweichou nel 1746, nel 1772 come soldato dell’esercito imperiale venne mandato a custodire alcuni cristiani rinchiusi in prigione a causa della loro fede: tra loro c’erano dei sacerdoti che continuavano ad annunciare il Vangelo. Il futuro martire si convertì, venne battezzato e cresimato il 28 agosto, decidendo di prendere il nome del santo ricordato dalla liturgia quel giorno, Agostino. Dopo gli studi teologici venne ordinato prete nel 1781 e mandato in missione in una zona montagnosa. Riconosciuto e identificato, però, venne arrestato e ucciso durante la persecuzione del 1815. È ricordato assieme a 119 altri martiri in Cina le cui cause sono state unificate nel 2000: papa Giovanni Paolo II li ha infatti canonizzati assieme il 1° ottobre dell’anno giubilare. (Avvenire)
O Signore, che ci hai nutriti
con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.