10 Luglio 2025
 
Giovedì XIV Settimana T. O.
 
Gn 44,18-21.44,23b-29; 45,1-5; Salmo Responsoriale Dal Salmo 104 (105); Mt 10,7-15
 
Colletta
O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio
hai risollevato l’umanità dalla sua caduta,
dona ai tuoi fedeli una gioia santa,
perché, liberati dalla schiavitù del peccato,
godano della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Catechismo degli Adulti: [1021] Il cristiano guarda realisticamente alla malattia e alla morte come a un male; anzi vede in queste tragiche realtà un’alienazione, carica di tutta la violenza del Maligno e capace di portare alla chiusura in se stessi, alla ribellione e alla disperazione. Non considera però il dolore una pura perdita, non tenta fughe illusorie, né si limita a subirlo fatalisticamente. Messo alle strette dalla sofferenza, continua a credere nella vita e nel suo valore. «Non è affatto un dolore la tempesta dei mali presenti per coloro che ripongono la loro fiducia nei beni futuri. Per questo non ci turbano le avversità, né ci piegano» .
La pazienza è una lotta piena di fiducia. Da una parte il cristiano mette in opera tutte le risorse per eliminare la malattia, per liberare se stesso e gli altri. Dall’altra trova nella sofferenza un’occasione privilegiata di crescere in umanità e di realizzarsi a un livello più alto. Se non gli è possibile guarire, cerca di vivere ugualmente; non si limita a sopravvivere. Affronta la situazione con coraggio, dignità e serenità; mantiene la speranza, il gusto dell’amicizia e delle cose belle; confida nella misteriosa fecondità del suo atteggiamento.
Sperimentando nella malattia la propria impotenza, l’uomo di fede riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza. Si accetta come creatura povera e limitata. Si affida totalmente a Dio. Imita Gesù Cristo e lo sente personalmente vicino. Abbracciando la croce, sa di abbracciare il Crocifisso. Unito a lui, diventa segno efficace della sua presenza e strumento di salvezza per gli altri: «Ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo».
 
I Lettura: Giuseppe si palesa ai fratelli. La prova è finita ben presto, perché il cuore di Giuseppe non ha retto più perché anelava abbracciare i suoi cari. Vi è un riconoscimento della Provvidenza di Dio che guida la storia dell’uomo: “Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita”. L’uomo di fede sa leggere in questa luce tutti gli avvenimenti della sua vita.
 
Vangelo
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
 
L’invio dei dodici discepoli trova ragione nel cuore compassionevole del Cristo: Gesù misericordioso è il buon Samaritano dell’umanità ferita. Al potere di scacciare i demoni si aggiunge anche quello di guarire le malattie e ogni sorta di infermità. Quest’ultimo potere suppone il primo. Entrambi stanno a significare che è venuta la fine delle forze del male e del dominio di Satana.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt  10,7-15
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».
 
Parola del Signore.
 
Norme per la missione - Felipe F. Ramos: I discepoli di Gesù devono continuare l’opera del Maestro: devono annunziare la presenza del regno; e i miracoli che hanno il potere di operare devono essere l’argomento della verità della presenza del regno di Dio che essi annunziano. Tanto la predicazione dei discepoli come le loro opere devono annunziare l’imminenza del regno di Dio. L’annunzio del regno, l’invocazione di Dio come Padre rendono presente il regno.
Questo contenuto della predicazione dei discepoli è espresso nella nostra lettura dalle affermazioni relative alla pace. L’augurio di pace era il saluto abituale fra i giudei; ma qui è qualcosa di più. La pace è descritta col grado di efficienza della parola di Dio: se Dio comanda qualcosa, questo si realizza; se pronunzia una parola, questa non torna a lui vuota (Is 45,23; 55,11). Là dove si augura la pace, si realizza quello che si è chiesto. Si tratta quindi della pace che equivale al regno di Dio, la pace eterna, quella di Dio, la piena armonia fra Dio e l’uomo, fra l’uomo e l’uomo... la riconciliazione: tutto questo è divenuto realtà nella presenza del Cristo (Mc 5,34; Rm 5,1; Ef 2,14: Cristo nostra pace). Per questo, l’annunzio della pace è l’annunzio di Cristo e di tutto quello che egli significa per l’uomo. Una pace che resterà fra i degni e che si allontanerà dagli indegni.
Questa personificazione della pace mette in rilievo il duplice atteggiamento di fronte alla parola-pace di Dio: atteggiamento di accoglienza o di rigetto. Non si tratta d’una maledizione: semplicemente la pace non resta con coloro che la rigettano. Quello che l’AT aveva detto del Messia, che sarebbe stato il principe della pace (Is 9,5), ora è detto utilizzando solo la parola di saluto normale, ma con una maggiore profondità di senso.
Scuotete la polvere dai vostri piedi. Anche questa frase esclude ogni genere di maledizione: sta semplicemente a simboleggiare l’esclusione dal regno di coloro che si sono esclusi da sé rigettando la pace loro offerta: essi non avranno parte nel regno. Questo gesto di scuotere la polvere dai sandali era abituale quando un giudeo tornava in patria: si scuoteva la polvere dai piedi per indicare che i gentili non avevano parte nel destino del  popolo eletto, nel possesso della terra promessa. Ma questo gesto, nelle parole di Gesù, ha un significato trascendente: l’atteggiamento di rigetto della parola di Dio, della pace, ha come conseguenza inevitabile la parola «condanna», esclusione definitiva dal regno, una sorte peggiore che quella di Sodoma e Gomorra.
Le norme di privazione assoluta che sono imposte ai discepoli: non porterete né oro né argento né sandali né bastone ... paiono assolutamente impraticabili. Si chiedeva loro davvero tutto questo? Pare che queste esigenze siano prese da norme stabilite per assistere al culto di Dio nel tempio: «che nessuno entri nel tempio con bastone, sandali o con borsa di denaro...». Partendo da questa norma giudaica, si direbbe semplicemente che i discepoli, nel compimento della loro missione evangelizzatrice, sono davanti a Dio (come nel tempio) e devono comportarsi come chi sta alla presenza di Dio, sapendo che il risultato della loro missione dipende da Dio. Diremmo che si ordina ai discepoli di andare «disarmati» per mettere in evidenza che si tratta dell’opera di Dio, dell’annunzio della sua parola, e non d’un’opera umana. Come norme di assoluto ascetismo, sono inspiegabili. Come può un uomo camminare senza sandali e senza bastone nel deserto...?
In fine, i discepoli sono presentati come operai mandati nella vigna del Signore, e quindi sono degni del loro salario. Il NT ripete in altre occasioni queste parole di Gesù (1Cor 9,14; lTm 5,18). San Paolo, che cita le parole di Gesù, rinunziò a questo privilegio (1Cor 9,12; 1Ts 2,9; 2Ts 3,7-8...) per godere d’una maggior libertà nella predicazione e per poter rispondere adeguatamente ai possibili correligionari giudei. Egli si gloria di essersi guadagnato da vivere col lavoro delle sue mani.
 
Gli Apostoli e la Chiesa dinanzi alla malattia - J. Giblet e P. Grelot: 1. Il segno del regno di Dio, costituito dalle guarigioni miracolose, non è rimasto confinato nella vita terrena di Gesù. Egli aveva associato i suoi apostoli, sin dalla loro prima missione, al suo potere di guarire le malattie (Mt 10, 1). Al momento della missione definitiva promette loro una realizzazione continua di questo segno per accreditare l’annunzio del vangelo (Mc 16, 17 s). Perciò gli Atti notano a più riprese le guarigioni miracolose (Atti 3, 1 ss; 8, 7; 9, 32 ss; 14, 8 ss; 28, 8 s) che mostrano la potenza del nome di Gesù e la realtà della sua risurrezione. Così pure Paolo, tra i carismi, ricorda quello di guarigione (1 Cor 12, 9. 28. 30): questo segno permanente continua ad accreditare la Chiesa di Gesù facendo vedere che lo Spirito Santo agisce in essa. Tuttavia la grazia di Dio viene ordinariamente agli ammalati in un modo meno spettacolare. Riprendendo un gesto degli apostoli (Mc 6, 13), i «presbiteri» della Chiesa compiono su di essi, che pregano con fede e confessano i loro peccati, unzioni con olio nel nome del Signore; questa preghiera li salva, perché i peccati sono loro rimessi ed essi possono sperare, se così piace a Dio, la guarigione (Giac 5, 14 ss).
2. Questa guarigione non avviene tuttavia in modo infallibile, come se fosse l’effetto magico della preghiera o del rito. Finché dura il mondo presente, l’umanità deve continuare a portare le conseguenze del peccato. Ma «prendendo su di sé le nostre malattie» al momento della sua passione, Gesù ha dato loro un nuovo senso: come ogni sofferenza, esse hanno ormai un valore di redenzione. Paolo, che ne ha fatto l’esperienza a più riprese (Gal 4, 13; 2 Cor 1, 8 ss; 12, 7- 10), si sa che esse uniscono l’uomo a Cristo sofferente: «Portiamo nei nostri corpi le sofferenze di morte di Gesù, affinché la vita di Gesù sia anch’essa manifestata nel nostro corpo» (2 Cor 4, 10). Mentre Giobbe non arrivava a comprendere il senso della sua prova, il cristiano si rallegra di «completare nella sua carne ciò che manca alle prove di Cristo per il suo corpo, che è la Chiesa» (Col 1, 24). Nell’attesa che giunga questo ritorno al paradiso dove gli uomini saranno guariti per sempre dai frutti dell’albero della vita (Apoc 22, 2; cfr. Ez 47, 12), la malattia stessa è inserita, come la sofferenza e come la morte, nell’ordine della salvezza. Non che essa sia facile da portare: rimane una prova, ed è carità aiutare il malato a sopportarla, visitandolo e consolandolo. «Portate le malattie di tutti», consiglia Ignazio di Antiochia. Ma servire gli ammalati significa servire Gesù stesso nelle sue membra sofferenti: «Ero ammalato e mi avete visitato», dirà nel giorno del giudizio (Mt 25, 36). Il malato, nel mondo cristiano, non è più un maledetto dal quale ci si scosta (cfr. Sal 38, 12; 41, 6-10; 88, 9); è l’immagine ed il segno di Cristo Gesù.
 
Scuotete la polvere dai vostri piedi - Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 32, 5: Agli apostoli che avrebbero potuto chiedere a Gesù quale vantaggio sarebbe loro derivato da un simile, terribile castigo, egli risponde che Dio, punendo le città indegne, assicura loro l'ospitalità delle case che saranno degne di accoglierli. Ma che significato hanno le parole: Scotete la polvere dai vostri piedi? Possono significare che gli apostoli non hanno ricevuto niente e non hanno niente da spartire con gli uomini indegni, neppure la polvere dei loro calzari; oppure attestano che gli apostoli hanno compiuto un lungo cammino per questi ingrati che li scacciano.
 
Il Santo del Giorno - 10 Luglio 2025 -  San Bernardo di Quintavalle - Nato in Assisi negli ultimi decenni del sec. XII, Bernardo conobbe san Francesco e si mise al suo seguito fin dal 1209, divenendo così il primo compagno del santo e «prima plantula» dell’Ordine minoritico. Con san Francesco fu a Roma dinanzi ad Innocenzo III per l’approvazione della Regola (16 aprile 1209); raggiunse poi Firenze e Bologna (1211), città che devono a lui i loro inizi francescani, e con fra’ Egidio si recò in Spagna, dove più tardi, come vogliono alcuni storici, fu ministro provinciale (1217-19). Tra il 1241 e il 1243 fu per qualche tempo a Siena. Lo ricorda il Salimbene che nella sua Cronica osserva di aver appreso da lui cose meravigliose intorno a s. Francesco. Quando i tre compagni Leone, Rufino e Angelo nel 1246 inviarono il loro memoriale su san Francesco al ministro generale Crescenzio, Bernardo era già morto. Si era spento placidamente in Assisi, come gli aveva predetto san Francesco, e fu sepolto nella basilica inferiore del santo. (Avvenire)
 
O Signore, che ci hai nutriti
con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.