4 Giugno 2025
 
Mercoledì della VII Settimana di Pasqua
 
At 20,28-38; Sal 67 (68); Gv 17,11b-19
 
Colletta
Padre misericordioso,
nella tua bontà dona alla Chiesa, radunata dallo Spirito Santo,
di servirti con piena dedizione
e di formare in te un cuore solo e un’anima sola.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
  
Benedetto XVI (Udienza Generale 25 Gennaio 2012): … nella Catechesi di oggi concentriamo la nostra attenzione sulla preghiera che Gesù rivolge al Padre nell’«Ora» del suo innalzamento e della sua glorificazione (cfr Gv 17,1-26). Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La tradizione cristiana a ragione la definisce la “preghiera sacerdotale” di Gesù. È quella del nostro Sommo Sacerdote, è inseparabile dal suo Sacrificio, dal suo “passaggio” [pasqua] al Padre, dove egli è interamente “consacrato” al Padre» (n. 2747) [...] Al centro di questa preghiera di intercessione e di espiazione a favore dei discepoli sta la richiesta di consacrazione; Gesù dice al Padre: «Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» (Gv 17,16-19). Domando: cosa significa «consacrare» in questo caso? Anzitutto bisogna dire che «Consacrato» o «Santo», è propriamente solo Dio. Consacrare quindi vuol dire trasferire una realtà – una persona o cosa – nella proprietà di Dio. E in questo sono presenti due aspetti complementari: da una parte togliere dalle cose comuni, segregare, “mettere a parte” dall’ambiente della vita personale dell’uomo per essere donati totalmente a Dio; e dall’altra questa segregazione, questo trasferimento alla sfera di Dio, ha il significato proprio di «invio», di missione: proprio perché donata a Dio, la realtà, la persona consacrata esiste «per» gli altri, è donata agli altri. Donare a Dio vuol dire non essere più per se stessi, ma per tutti. È consacrato chi, come Gesù, è segregato dal mondo e messo a parte per Dio in vista di un compito e proprio per questo è pienamente a disposizione di tutti. Per i discepoli, sarà continuare la missione di Gesù, essere donato a Dio per essere così in missione per tutti. La sera di Pasqua, il Risorto, apparendo ai suoi discepoli, dirà loro: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21).
 
I Lettura: Il discorso di Paolo agli anziani della chiesa di Efeso si conclude con un appello alla generosità e al distacco dai beni. L’esortazione poi si muta in un struggente addio, non vedranno più il suo volto. Paolo si incammina verso la sua ultima meta intrisa di sangue e di sofferenza, ma sa che attenderlo sarà il Giudice giusto che gli consegnerà la corona della vittoria.
 
Vangelo
Siano una cosa sola, come noi.
 
Gesù prega per i suoi discepoli, per coloro che ha custodito nel nome del Padre. Gesù non prega per il mondo, il mondo che giace sotto il potere d Satana, il mondo incredulo che ha rifiutato il Cristo, ma prega per i suoi discepoli, per la sua Chiesa che deve vivere nel mondo senza appartenervi. I discepoli, che avranno un bisogno speciale della protezione divina adesso che Gesù sta per lasciarli soli nel mondo, dovranno impegnarsi a stare uniti: l’unità del Padre e del Figlio è il modello e il principio dell’unità dei discepoli, e la loro unità manifesterà il mistero di comunione della Trinità.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 17,11b-19
 
In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità». 
 
Parola del Signore.
 
Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Il Maestro prega il Padre per gli amici, perché egli sta per lasciare il mondo e far ritorno da lui (Gv 17,13). Poc’anzi Gesù aveva fatto riferimento al suo imminente viaggio per raggiungere il Padre (Gv 17,11), al v. 13 però aggiunge che lo scopo della sua preghiera è favorire la gioia piena dei discepoli. Costoro infatti sono oppressi dalla tristezza, all’annuncio della prossima dipartita del Maestro (Gv 16,5ss). Per essi il sapersi affidati al nome paterno di Dio deve essere fonte di gioia perfetta (Gv 17,13). In effetti il sentirsi nelle mani forti e amorose del Padre non può non generare pace profonda.
Gesù ha custodito gli amici nel nome del Padre, donando loro la sua parola (Gv 17,14) cioè facendo loro il dono della rivelazione escatologica. In realtà il Cristo ha dato loro le parole donategli da Dio (Gv 17,8). Il testo strutturato mette in risalto il parallelismo fra questi due passi. I discepoli sono quindi i destinatari della verità: essi sono stati illuminati dalla Parola di Gesù; per tale ragione il mondo tenebroso li ha odiati; essi infatti non appartengono al mondo, come il Cristo non è del mondo (Gv 17,14). I credenti sono stati scelti dal mondo, quindi non fanno più parte del mondo, per tale ragione sono odiati da esso; in caso contrario sarebbero amati dal mondo, perché il mondo ama ciò che gli appartiene (Gv 15,18s). Nonostante l’odio delle tenebre contro i credenti, il Maestro non chiede al Padre di toglierli dal mondo, ma lo prega di custodirli dal Maligno (Gv 17,15), il principe delle tenebre, il menzognero, l’istigatore degli omicidi, l’ispiratore dell’odio e dell’incredulità (cf. Gv 8,44; 14,30). Dio custodirà i discepoli nel suo nome santo (Gv 17,11), preservandoli dagli influssi del demonio e del male (Gv 17,15), cioè santificandoli nella verità (17,17). Tale protezione del Padre per i credenti nel tempio del suo nome appare indispensabile per la loro preservazione, a motivo dell’odio del mondo, perché essi «non sono del mondo» a somiglianza del Maestro (Gv 17,16). Qui sono ripetute alla lettera le espressioni di Gv 17,14, come mostra il testo strutturato.
Il Padre custodirà i discepoli nel luogo sacro del suo nome santo, proteggendoli dal Maligno e soprattutto santificandoli nella sua parola che è la verità (17,17). Come Gesù santifica se stesso per gli amici, così costoro sono santificati nella verità (Gv 17,19).
 
Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Santificali: Gesù ha definito se stesso come «Colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (10,36). Ora chiede che il Padre, anche per mezzo suo, faccia la stessa cosa per i suoi discepoli. Per questo dice: «Santificali nella verità. La tua parola è verità». Colui che è detto «santo» (17,11b) è ora chiamato a «santificare».
Nel versetto 19 tradurremo lo stesso verbo con «consacrare», come abbiamo fatto in 10,36, ma qui è meglio dire «santificare» per indicare che innanzitutto si tratta di una purificazione che li separa moralmente dal mondo, da tutto ciò che è male. E sappiamo già che questa purificazione è avvenuta mediante la parola del Padre che il Figlio ha loro comunicato (15,3) e che essi hanno accolto (17,8). Perciò, qui chiede al Padre di continuare la sua opera di santificazione mediante la parola.
Infatti, data l’equivalenza che qui si ha tra la parola e la verità: «La tua parola è verità», è logico pensare che «santificare nella verità» e «santificare mediante la parola» si equivalgono.
Bisogna però sottolineare l’espressione «nella verità». La preposizione «nella», oltre all’ovvio senso strumentale: «per mezzo», può anche avere un senso quasi locale. Si viene allora ad affermare che la santificazione li ha «collocati nella verità», come in un ambiente nuovo. È quell’ambiente, quell’atmosfera, che il mondo lontano da Dio non può avere, in cui i discepoli sotto l’azione dello Spirito, possono accedere al senso profondo della parola del Padre, ricevuta da Gesù; possono aprirsi alla rivelazione intera, cioè a tutto quello che Gesù è e ha fatto, quando ha parlato loro del Padre e del suo progetto di salvezza.
Ma perché tutto questo? Per la missione! (17,19). Qui entriamo nel secondo senso del verbo, prima tradotto con santificare. Ora è d’obbligo tradurlo «consacrare». Sono oramai gente che appartiene totalmente a Dio che, in Gesù, li ha scelti per una missione, che essi riceveranno quando Gesù comunicherà loro lo Spirito Santo (20,21-23). Non ci sia di disturbo l’uso del passato, qui usato (17,18): reale per quanto riguarda Gesù (è la tredicesima volta che lo si afferma da 3,17), ancora futuro per i discepoli, ma è certo che Gesù li manderà. Prima però che ciò avvenga, Gesù deve portare a termine la sua opera: deve cioè amare i suoi che sono nel mondo sino alla fine (13,1). Ora però il suo donarsi non viene descritto come un donare la vita, ma sotto l’aspetto della consacrazione.
 
Henri van den Bussche (Giovanni): La tua parola è verità. La parola di Dio, che si è incarnata nella persona di Gesù, è l’unica verità, la sola indispensabile per la vita, quella che dà a questa vita il suo significato e la sua efficacia. La vita personale dei discepoli deve fondarsi su di essa perché ciò che vi è al di fuori di essa non è che menzogna, apparenza e sabbia mobile, su cui non si può costruire nessun fondamento valido per la vita. Ma vivere è dare, o piuttosto è conquistare. La santificazione nella verità rivelata comporta un mandato.
Il Signore stesso è stato santificato come il santo e l’inviato di Dio (6,69) allo scopo di una missione (10,36) attraverso la quale egli avrebbe fatto conoscere al mondo lo splendore dell’essere divino e realizzato il messaggio divino di salvezza. Allo stesso modo egli santifica i suoi in questa verità rivelata affinché la diffondano nel mondo. Il loro apostolato è la missione del Signore che continua (l5,9; 20,21), apostolato che deve essere animato dalla sua verità rivelata. Essi potranno essere i suoi testimoni unicamente se saranno i suoi amici, e se persevereranno nella sua intimità (l5,15) facendosi istruire da lui su quanto egli ha appreso presso il Padre.
 
Essi non sono del mondo ... - Guerric d’lgny (Sermones III per la festa degli Apostoli Pietro e Paolo): in effetti l’anima umana si trova in una situazione mediana: al di sotto di lei si trova il mondo; al di sopra Dio. Al di sopra di lei, Colui dal quale, per il quale e a causa del quale è stata fatta; al di sotto di lei, quello che è stato fatto a causa di lei. Perché, come il corpo è stato fatto per l’anima, così per il corpo è stata fatta la sua casa, che è il mondo. Così dunque, quando essa si curva verso le cose materiali che sono di questo mondo, le ombre, venendo dal basso, salgono verso di lei; quando si eleva verso le realtà divine ... usciamo dall’ombra della morte. Perché la Luce e la Vita sono in Cielo, la morte nell’inferno, e l’ombra della morte in questo luogo terrestre e tenebroso.
 
Il Santo del Giorno - 4 Giugno 2025 -  San Filippo Smaldone. L’annuncio del Vangelo oltre i limiti e le barriere - L’annuncio del Vangelo non conosce frontiere, storiche, culturali o sociali. La fantasia, la determinazione e il coraggio dei testimoni del Risorto lungo i secoli ha permesso di far giungere il suo messaggio anche là dove sembrerebbe impossibile, anche nel cuore dei non udenti. All’epoca in cui visse san Filippo Smaldone i sordi erano tra coloro che di fatto erano esclusi dall’annuncio del Vangelo: per questo il sacerdote di origine napoletana decise di dedicarsi proprio a loro. Smaldone era nato a Napoli nel 1848 e visse in uno dei momenti più turbolenti della storia della Penisola: gli anni dell’unità d’Italia. Nella sua città iniziò a prendersi cura dei sordi, di cui di fatto nessuno si occupava. Venne ordinato prete nel 1871. Ammalatosi durante una grave epidemia di peste si affidò alla Vergine di Pompei e fu guarito miracolosamente. Nel 1885 partì per Lecce per fondare con don Lorenzo Apicella un istituto per sordi. Radunando alcune religiose fondò poi la Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori. A Lecce, oltre al prezioso impegno come direttore dell’Istituto e fondatore delle Suore Salesiane, si dedicò anche a un intenso, molteplice ministero sacerdotale.
Morì il 4 giugno 1923, è stato beatificato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996 ed è stato canonizzato da Benedetto XVI il 15 ottobre 2006. 
 
La partecipazione a questi santi misteri
ci dia grazia su grazia, o Signore,
e con la sua forza purificatrice
ci renda sempre più degni di così grande dono.
Per Cristo nostro Signore.