23 Giugno 2025
Lunedì XII Settimana T.O.
Gen 12 1-9; Salmo Responsoriale Dal Salmo 32 (33); Mt 7,1-5
Colletta
Donaci, o Signore,
di vivere sempre nel timore e nell’amore per il tuo santo nome,
poiché tu non privi mai della tua guida
coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Papa Francesco (Angelus 3 Marzo 2019): Gesù dice così: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (v.41). Tante volte, lo sappiamo tutti, è più facile o comodo scorgere e condannare i difetti e i peccati altrui, senza riuscire a vedere i propri con altrettanta lucidità. Noi sempre nascondiamo i nostri difetti, li nascondiamo anche a noi stessi; invece, è facile vedere i difetti altrui. La tentazione è quella di essere indulgenti con se stessi – manica larga con se stessi – e duri con gli altri. È sempre utile aiutare il prossimo con saggi consigli, ma mentre osserviamo e correggiamo i difetti del nostro prossimo, dobbiamo essere consapevoli anche noi di avere dei difetti. Se io credo di non averne, non posso condannare o correggere gli altri. Tutti abbiamo difetti: tutti. Dobbiamo esserne consapevoli e, prima di condannare gli altri, dobbiamo guardare noi stessi dentro. Possiamo così agire in modo credibile, con umiltà, testimoniando la carità.
Come possiamo capire se il nostro occhio è libero o se è impedito da una trave? È ancora Gesù che ce lo dice: «Non vi è albero buono che produca frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto» (vv.43-44). Il frutto sono le azioni, ma anche le parole. Anche dalle parole si conosce la qualità dell’albero. Infatti, chi è buono trae fuori dal suo cuore e dalla sua bocca il bene e chi è cattivo trae fuori il male, praticando l’esercizio più deleterio fra noi, che è la mormorazione, il chiacchiericcio, parlare male degli altri. Questo distrugge; distrugge la famiglia, distrugge la scuola, distrugge il posto di lavoro, distrugge il quartiere. Dalla lingua incominciano le guerre. Pensiamo un po’, noi, a questo insegnamento di Gesù e facciamoci la domanda: io parlo male degli altri? Io cerco sempre di sporcare gli altri? Per me è più facile vedere i difetti altrui che i miei? E cerchiamo di correggerci almeno un po’: ci farà bene a tutti.
I Lettura: Abramo, eletto di Dio. - René Feuillet e André-Alphonse Viard: La vita di Abramo si svolge tutta sotto il segno della libera iniziativa di Dio. Dio interviene per primo; sceglie Abramo in una famiglia che «serviva altri dei» (Gios 24,2), lo «fa uscire» da Ur (Gen 11,31) e lo conduce per le sue vie in un paese sconosciuto (Ebr 11,8). Questa iniziativa è iniziativa di amore: fin dall’inizio Dio manifesta verso Abramo una generosità senza limiti. Le sue promesse delineano un futuro meraviglioso. L’espressione che ritorna continuamente è: «io darò»; Dio darà ad Abramo una terra (Gen 12,7; 13,15ss; 15,18; 17,8); lo favorirà, lo renderà estremamente fecondo (12,2; 16,10; 22,17).
A dire il vero le circostanze sembrano contrarie a queste prospettive. Abramo è un nomade, Sara non è più in età di avere figli. Ciò fa tanto più risaltare la gratuità delle promesse divine: l’avvenire di Abramo dipende completamente dalla potenza e dalla bontà di Dio. Abramo riassume così in sé il popolo di Dio, eletto senza alcun merito antecedente. Tutto ciò che gli si chiede è una fede attenta ed intrepida, un’accettazione senza reticenze del disegno di Dio.
Vangelo
Togli prima la trave dal tuo occhio.
Gesù “condanna qui i giudizi che formuliamo temerariamente nei confronti dei nostri fratelli, allorquando con leggerezza o malignità giudichiamo in maniere negativa la loro condotta, i loro sentimenti e le loro intenzioni. Il malizioso detto «chi pensa male non sbaglia» è in netto contrasto con l’insegnamento di Gesù Cristo” (La Bibbia di Navarra, I Quattro Vangeli). Va messo quindi in evidenza che nell’insegnamento di Gesù giudicare ha “valore peggiorativo ed è sinonimo di condannare” (Benedetto Prete). Un insegnamento dal tratto “psicologico di una finezza inarrivabile; l’uomo ha una vista da lince per i difetti degli altri ed è cieco come una talpa per i propri” (Benedetto Prete).
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 7,1-5
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave?
Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Parola del Signore.
Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): La nostra natura disordinata è incline a giudicare gli altri, e il nostro giudizio diventa facilmente una condanna.
Questo intende Gesù allorché ci vieta di giudicare il prossimo. E ne formula il motivo: per non essere noi stessi giudicati e condannati con particolare rigore. Chi giudica il prossimo oltrepassa i suoi limiti e si arroga un diritto che non gli compete, cioè viola un diritto esclusivo di Dio, il solo che può giudicare giustamente; di qui il richiamo di Gesù. Inoltre ogni giudizio umano è provvisorio e incerto e non rende mai piena giustizia: è meglio tacere dieci volte piuttosto che parlare una volta sola ingiustamente.
Riguardo al perdono, Gesù pone il nostro comportamento vicendevole a norma del comportamento di Dio verso di noi: può contare sul perdono di Dio solo chi perdona al prossimo (6, 12.14ss). Qui lo stesso principio è applicato al giudizio: Dio pronuncerà su noi lo stesso giudizio che noi formuliamo sul prossimo. Dio ci misurerà con la misura che noi usiamo con il fratello. Chi vuole da Dio un giudizio generoso, indulgente, misericordioso, deve usare generosità, indulgenza e misericordia nei riguardi del prossimo. Chi giudica in modo rigoroso e freddo, ingiusto o addirittura calunnioso, deve tener conto che anche Dio lo tratterà senza misericordia. Che cosa sarebbe di noi se Dio ci trattasse come noi trattiamo spesso il nostro prossimo! «Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio» (Gc 2,13).
Perché guardi la pagliuzza … · L’esempio è forte! Chi condanna il fratello, lui stesso è degno di essere giudicato poiché tutti siamo debitori verso Dio. Il criticare, il voler correggere gli sbagli altrui è affine al giudicare; spesso non ci accorgiamo delle nostre debolezze, mentre vediamo ingigantite quelle degli altri. Guarda anzitutto te stesso, dice Gesù, correggi la tua vita; quando lo avrai fatto, potrai venire in aiuto anche al fratello; se agisci in altro modo sei un’ipocrita che vuole apparire migliore di quello che è. Più avanti il Vangelo (18, 15-20) esporrà in modo ancora più chiaro quanto qui viene appena accennato riguardo al dovere della correzione fraterna. Qui si sottolinea che possiamo rimproverare il fratello solamente se prima abbiamo esaminato e corretto noi stessi. Così deve essere tra i cristiani. Questo principio è entrato veramente nel nostro stile di vita?
Giudicare – Liselotte Mattern: In molti passi del Nuovo Testamento si mette insistentemente in guardia dal giudicare, arrivando persino a proibirlo. S’intendeva con ciò mettere in questione per principio l’amministrazione profana della giustizia? Certo, i cristiani debbono cedere e non celebrare processi, soprattutto davanti a tribunali pagani. Ma il divieto neotestamentario di giudicare allude a qualcos’altro, va più in profondità: si riferisce al giudicare il proprio prossimo in assoluto. In 1Cor 4,3ss e Rm 14,3ss, per es., per Paolo questo giudicare significa in definitiva un intervento nel giudizio universale e con ciò stesso un’intromissione nei diritti di Dio. Questo si deduce dalla motivazione del divieto: 1. non è il ancora tempo di giudicare. Il tempo del giudizio è il tempo del ritorno di Cristo. 2. All’uomo viene contestato per principio il diritto di giudicare poiché a) lui stesso è colpevole davanti a Dio, e b) non ha il diritto di giudicare sul servo di un altro.
Ora, ogni cristiano è servo del suo Signore e pertanto responsabile soltanto nei suoi confronti. Se dunque un cristiano giudica l’altro, si arroga il diritto di mettersi al posto di Dio. Anche le parole del discorso della montagna (Mt 7,1s) mettono insistentemente in guardia dal giudicare: il metro che uno usa ora nei confronti del fratello, sarà usato nei suoi riguardi nel giudizio universale. Accanto a questi divieti di giudicare, però, nel Nuovo Testamento si trovano anche delle affermazioni, secondo le quali non solo è permesso giudicare, ma addirittura questo è richiesto. Qualora i cristiani dovessero avere fra di loro delle cause giudiziarie, secondo Paolo non debbono rivolgersi a tribunali pagani, ma risolvere la questione fra di loro. La comunità di Corinto avrebbe dovuto giudicare già da tempo un pubblico peccatore e punirlo (1Cor 5,1ss). In 1Cor 11,28ss, Paolo rimprovera la comunità perché ha tralasciato di giudicare se stessa. E così Dio stesso ha dovuto giudicare e punire. In questi due passi il giudicare è un dovere della comunità e ai cristiani viene insistentemente comandato di giudicare. Questo comandamento viene motivato dicendo che il giudicare aiuta l’altro e lo preserva dalla condanna nel momento in cui Dio giudicherà i non-cristiani. Il comandamento non contraddice il divieto di giudicare: il giudicare è richiesto al cristiano quando con esso egli aiuta l’altro, gli rende un servizio. Il giudicare gli è invece severamente proibito quando con esso si vuole dominare l’altro; in questo caso il cristiano si mette al posto di Dio
Quale fu il tuo giudizio su tuo fratello? Quello sarà il giudizio di Dio su di te - P. Guglielmo Alimonti: Questa è la prima affermazione di Gesù che io chiamerei “ammonizione”. Poi c’è l’altra, ecco: hai giudicato, adesso ti giustifichi dicendo che lo fai per correggere il tuo fratello, perché tu volendo eliminare il suo difetto, glielo indichi. Se tu vuoi correggere il prossimo guarda prima bene dentro di te; guarda, perché tu solo puoi farlo, la tua coscienza, leggi nei tuoi pensieri, computerizza le tue affermazioni, le tue parole; memorizzale, riflettici su, e anche le azioni che compi, se possibile, girale per ogni verso e vedi quali intenzioni hai avuto nell’operare. Sono state sempre buone le intenzioni, buone le azioni, buone le parole, buoni i pensieri, buoni i propositi, buoni i palpiti, i sentimenti del cuore? Vedi verso quale direzione è andato il movimento del tuo cuore, della tua mente, se ti vuoi ergere ad ammonitore del tuo prossimo, prima ammonisci te stesso. Facilmente ti capiterà di vedere grosso il difetto del tuo prossimo, piccolo il tuo. Il suo filo ti sembrerà una trave e la tua trave ti sembrerà meno di un filo. Tu che provi a giudicare non consolarti col dire che lo vuoi correggere. Intanto questo discorso si riferisce al giudizio a cui non siamo chiamati. Non siamo tenuti al giudizio gratuito e spesso anche malevolo. Della correzione fraterna si parlerà nel capitolo diciottesimo dove Gesù ci insegna a correggere quando la carità ci obbliga, quando la necessità lo richiede, per evitare danni. Qui si rimprovera colui che si produce in giudizio gratuito e spesso anche severo. Allora se vuoi essere giudice, siilo prima di te stesso; se vuoi essere correttore, prima siilo di te stesso.
Divieto di giudicare avventatamente - Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 3, 2: Il Signore l’aveva già anticipato: ora lo dice e spiega in modo chiaro e lampante; cioè: non proibisce di giudicare, né ai santi né ai fedeli; egli rimprovera solamente i giudici empi e disonesti, dal momento che i censori sono proprio essi onerati di peccati, e pretendono di giudicare per un nonnulla tutti gli altri. Disse infatti: Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per essere in grado di togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Con ciò intende dimostrare in modo inequivocabile che nessuno di noi può avventatamente arrogarsi il diritto di giudicare con superficialità il comportamento di chicchessia, salvo - prima - sgravarsi del proprio fardello. Che altro vuol dire «festuca», se non una mancanza di lieve entità, e che cosa vuol dire «trave», se non un peccato di grave imputabilità morale, addirittura un delitto, che onera gravemente la coscienza, la quale è, in qualche modo, come un occhio interiore?
Il Santo del Giorno - 23 Giugno 2025 - San Lanfranco Beccaro, vescovo di Pavia: Nato a Gropello (Pavia) da nobile famiglia nei primi decenni del sec. XII (forse 1124), fu consacrato vescovo della sua città da Alessandro III (1159-1181). Amabile con i buoni, ma energico con i cattivi, pio, caritatevole e di vita esemplare, dovette lottare soprattutto contro le autorità civili locali che volevano appropriarsi di alcuni beni ecclesiastici.
Per questo motivo fu costretto a lasciare Pavia e a recarsi a Roma, ove trovò conforto e sostegno nel papa.
Ritornato a Pavia, stanco di lottare, si ritirò nel monastero vallombrosano di S. Sepolcro (nei pressi della città), ove morì il 23 giugno forse del 1198. Così appare dalla lettera di Innocenzo III dell’8 agosto 1198 a Bernardo, vescovo di Faenza, con la quale gli era concesso di passare dalla sede episcopale di Faenza a quella di Pavia, come successore di Lanfranco, di buona memoria.
La prima biografia del santo, è stata scritta dal suo immediato successore, Bernardo. La festa ricorre il 23 giugno. Il santo vescovo è genericamente raffigurato in abiti pontificali e in atto benedicente. Così appare nel dipinto di Cima da Conegliano (1459-1517), nel Fitzwilliam Museum di Cambridge. (Autore: Antonio Rimoldi)
O Padre, che ci hai rinnovati
con il santo Corpo e il prezioso Sangue del tuo Figlio,
fa’ che l’assidua celebrazione dei divini misteri
ci ottenga la pienezza della redenzione.
Per Cristo nostro Signore.