2 Giugno 2025
 
Lunedì VII Settimana di Pasqua
 
At 19,1-8; Salmo responsoriale Dal Salmo 67 (69); Gv 16,29-33
 
 
Colletta
Venga su di noi, o Signore, la potenza dello Spirito Santo,
perché aderiamo pienamente alla tua volontà
e la possiamo testimoniare con una degna condotta di vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù Cristo - Catechismo degli Adulti Nuova nascita [673]L’inserimento in Cristo e nella Chiesa, attuato dallo Spirito Santo, implica un profondo rinnovamento interiore, che è liberazione dal peccato originale e da tutti i peccati personali eventualmente commessi e soprattutto dono della grazia santificante, in virtù della quale partecipiamo addirittura alla vita divina della Trinità fin da adesso, siamo «chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente» (1Gv 3,1), diventiamo eredi dei beni eterni, dal momento che, «se siamo figli, siamo anche eredi» (Rm 8,17). Il battesimo «non è un semplice suggello alla conversione, quasi un segno esteriore che la dimostri e l’attesti», ma comporta una nuova nascita e nuovi legami con le persone divine. Fa sì che il battezzato sia una nuova creatura e abbia nuove possibilità. Non per niente nella Chiesa delle origini i cristiani si considerano «santi» (2Cor 1,1), cioè appartenenti a Dio, e sono consapevoli di dover vivere «come si addice a santi» (Ef 5,3) e di doversi rivestire come «amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza» (Col 3,12).
 
I Lettura: Giovanni il Battista era soltanto il Precursore, e solo Gesù è il Messia, colui che dona lo Spirito Santo, questo è quanto vuole suggerire il testo lucano. Forse una nota polemica nei confronti dei circoli giovannei ancora rilevanti nelle comunità giudaiche. Il parlare in lingue e il profetare sono carismi spirituali che confermano la presenza dello Spirito Santo sopra tutto quando le comunità si congregavano nelle assemblee liturgiche per pregare e lodare il Signore. Nella sinagoga di Efeso Paolo poté parlare liberamente per tre mesi, segno di un uditorio attento e ben disposto nell’accogliere la predicazione apostolica.
 
Vangelo
Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!
 
La professione di fede dei discepoli, per questo crediamo che sei uscito da Dio, ancora non è intaccata dallo scandalo della Croce. Gli Apostoli sembrano aver dimenticato che il Calvario è dietro l’angolo, e così quando tutto sembra tranquillo e quando la pace regna sovrana nel cuore è facile professare la fede, ma sarà un po’ più difficile farlo nella prova, e quanto vuol suggerire Gesù ai discepoli: Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conti suo e mi lascerete solo. Nel proseguo del brano giovanneo tre affermazioni: Gesù nel momento estremo della prova non sarà solo, perché il Padre è con lui; la profezia di quanto avverrà nei giorni della sua passione, fuga dei discepoli, tradimento di Giuda e apostasia di Pietro, è tesa rafforzare la fede dei discepoli nel Maestro, colui che sa tutto; e, infine, il mondo sarà sempre ostile, un nemico da osteggiare. ma non potrà mai prevalere perché Gesù ha vinto il mondo, intendendo per mondo tutte le potenze offensive nei confronti della Chiesa. 
 
Dal vangelo secondo Giovanni
Gv 16,29-33
 
In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».
 
Parola del Signore.

Benedetto Prete (I Quattro vangeli): 29 Ora parli in tutta chiarezza; questa dichiarazione si riferisce a tutto l’insegnamento di Gesù sulla sua «missione» (invio) nel mondo e sulla sua andata al Padre, non già alle sole parole pronunziate da Gesù poco prima (cf. verss. 27-28). Ai discepoli viene ora proposto in termini chiari il problema di Cristo: Gesù è la persona che viene dal Padre (invio nel mondo) e va al Padre (glorificazione di Cristo); essi ora afferrano il senso di tali dichiarazioni sulla persona del loro Maestro; questa loro conoscenza del problema di Cristo li induce a compiere una confessione di fede (cf. vers. seguente).
30 Ora conosciamo che sai tutto; l’intero versetto è una confessione di fede, nella quale si richiamano e vengono fuse insieme alcune dichiarazioni fatte precedentemente dal Salvatore. Le parole «ora conosciamo che sai tutto» si richiamano ai verss. 17-19. Per questo crediamo che sei uscito da Dio; si riprendono le stesse parole di Cristo, riferite al vers. 27.
31 Voi credete adesso?; l’espressione non manifesta la meraviglia di Gesù che i discepoli soltanto a questo momento siano giunti ad una vera e solida fede, ma contiene un richiamo ed un monito. La proposizione ha il senso seguente: voi dichiarate di credere, ma la vostra fede, pur sincera e generosa, è ancora imperfetta e non sufficientemente salda per affrontare le prove che vi attendono.
32 Ecco viene l’ora... in cui voi vi disperderete; le parole del Redentore preannunziano la fuga degli apostoli; all’ora della prova («ecco viene l’ora»; anzi essa può considerarsi già presente) tutti gli apostoli abbandoneranno Cristo lasciandolo solo. «Vi disperderete»; cf. Zaccaria, 13, 7; nei sinottici la fuga dei discepoli è ricordata perché predetta dalla Sacra Scrittura (testo citato di Zaccaria), in Giovanni invece è una predizione formulata da Cristo; inoltre nei sinottici questa profezia è riportata prima della predizione del rinnegamento di Pietro, non già dopo, come in Giovanni (cf. Mt., 26, 31; Mc., 14, 27; Giov., 13, 36-38). Mi lascerete solo; i discepoli lasceranno Cristo solo con i suoi nemici. Ma io non sono solo...; rilievo di carattere teologico che riafferma il principio che il Padre è sempre con il Figlio (cf. Giov., 8, 29).
33 Queste cose vi ho detto affinché abbiate pace in me; «queste cose» fanno riferimento alla fuga dei discepoli. «Affinché abbiate pace in me»; è la pace che i discepoli devono conservare nelle prove e nelle persecuzioni che subiranno nel mondo e dal mondo. I discepoli, dopo la fuga, dimostrazione del cedimento della loro fede, devono rialzarsi e avere la pace in Cristo. Nei discorsi d’addio il tema della pace è un motivo ricorrente: tutto deve ispirare la pace (14, 1); la pace di cui parla Gesù non può esser data dal mondo (14, 27); la pace può essere trovata soltanto in Cristo (15, 5-7). Nel mondo avrete persecuzioni; ma abbiate fiducia; le prove non saranno risparmiate ai discepoli; essi tuttavia devono aver fiducia, non già devono lasciarsi smarrire, né desistere dalla loro missione per pavidità di animo. Io ho vinto il mondo; la vittoria di Cristo assicura anche la vittoria dei discepoli; se essi rimarranno uniti a Cristo, trionferanno con lui e per lui (cf. 1 Giov., 5, 4-5). La vittoria è stata già riportata da Gesù, poiché egli vince il mondo ed il principe di questo mondo (cf. 12, 31; 14, 30; Apocalisse, 3, 21; 5, 5); i discepoli non debbono far altro che confermare tale vittoria ed estenderla nel tempo. L’azione decisiva è stata compiuta da Cristo, ai discepoli non resta altro che credere a questa vittoria e imporla al mondo. Nei verss. 32-33 sembra che Gesù comprima e mortifichi l’entusiasmo della confessione di fede compiuta dai discepoli; ciò si riscontra più volte nei vangeli (cf. Giov., 6, 68-70; 13, 38; Mc., 8, 29-33 e paralleli; 10, 28-31, 38-40; 14, 29-31); questi passi riecheggiano una convinzione della Chiesa primitiva; l’avanzamento e l’affermazione del regno di Dio (la Chiesa) non si devono principalmente al coraggio, né all’intraprendenza, né alla fede dei discepoli, ma a Cristo stesso, cioè a tutto ciò che egli ha compiuto nei discepoli; tale verità appariva con immediata evidenza a tutta la Chiesa primitiva e veniva continuamente constatata.
 
Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo! - Il cristiano di fronte alla persecuzione - Raymond Deville: Il credente, la cui fede penetra il mistero della persecuzione, trova nella sua speranza la forza di sostenerla con gioia; già il VT gli offriva modelli di questo atteggiamento a cui Gesù conferisce la perfezione con il suo esempio e con i suoi consigli.
1. I modelli. - Dinanzi alla persecuzione i giusti del VT hanno adottato tutti un atteggiamento di pazienza e di fedeltà coraggiosa nella speranza. Geremia è il tipo del perseguitato fedele ed orante; le sue «confessioni» sono tanto proteste di fedeltà, quanto lamenti dolorosi; egli sa che, qualunque cosa gli capiti, Jahvè «è con lui» per proteggerlo e salvarlo (ad es. Ger l,8.19). La stessa cosa vale per il servo sofferente (Is 52-53) e per i salmisti perseguitati: «Signore, salvami da coloro che mi perseguitano» (Sal 7,2): questo grido di angoscia e di fiducia echeggia in tutto il salterio. Accompagnata sovente da imprecazioni contro i nemici (Sal 35; 55; 69; 70; 109) o da appelli alla vendetta di Dio (Ger 11,20; 15,15; 17,18), una simile preghiera si fonda sulla certezza della salvezza che il Dio fedele accorda ai suoi (Sal 31,6; cfr. 23,4; 91,15). Gesù, perseguitato, non soltanto confida nel Padre suo che è con lui (Mt 26,53; Gv 16,32), ma prega per i suoi persecutori (Lc 23,34); in tal modo dà ai suoi discepoli un esempio supremo della carità che sopporta ogni persecuzione (1Cor 13,7). Soggetti alle persecuzioni, gli apostoli ed i primi cristiani pregano per essere liberi e poter così annunziare il vangelo (Atti 4,29; cfr. 12,5); al pari del loro maestro si mostrano pazienti in mezzo alle persecuzioni (2Tess 1, 4) e come lui pregano Dio di perdonare ai loro carnefici (Atti 7, 60).
2. I consigli dati da Gesù. - Corrispondono all’atteggiamento di cui ha dato egli stesso l’esempio. come lui, il discepolo deve pregare per coloro che lo perseguitano (Mt 5,44 par.; cfr. Rom 12,14). Deve affrontare la persecuzione con coraggio; se non deve essere temerario e saper fuggire da una città dov’è ricercato (Mt 10,23; Atti 13,50s), deve aspettarsi pure di essere imprigionato, percosso e messo a morte (Mt 10,16-39; Gv 16,1-4).
Ma dinanzi a simili prospettive non deve aver paura: il suo maestro ha vinto il mondo (Gv 16,33), ed alla fine trionferà degli empi persecutori «con i suoi, i chiamati, gli eletti, i fedeli» (Apoc 17,34). I nemici del discepolo non possono nulla contro la sua anima (Mt 10,28-31). Lo Spirito di Dio lo assisterà quando sarà trascinato dinanzi ai tribunali, perciò egli non deve preoccuparsi della propria difesa in occasione del processo (Mt 10,19s).
Tuttavia occorre sempre vegliare e pregare, perché la persecuzione è una prova, una tentazione, e se lo spirito è pronto, la carne è debole (Mt 26,41 par.). Paolo riprende i mandati di Gesù. Nulla, egli dice, ci può separare dall’amore di Cristo, neppure la persecuzione o la spada (Rom 8,35). In sintesi, il discepolo fa fronte alla persecuzione con una speranza che lo rende fedele, costante e lieto (Rom 12,12; 2Tess 1,4; cfr. Mt 13,21 par.). Sa in chi ha posto la sua fiducia (2 Tim 1, 12). Perciò, circondato dagli innumerevoli martiri del VT e del NT, con gli occhi fissi su Cristo «che ha subito da parte dei peccatori una simile ostilità contro la sua persona», corre verso la meta, con pazienza, senza scoraggiarsi (Ebr 11,1-12).
3. La gioia della speranza (Rom 12, 12). - Essa è il frutto della persecuzione così sopportata: «Beati sarete voi quando vi oltraggeranno, vi perseguiteranno... per causa mia. Gioite ed esultate...» (Mt 5,11s). Questa promessa di Gesù si realizza nel cristiano che «si gloria nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la costanza, la costanza la virtù provata, la virtù provata la speranza, e la speranza non delude...» (Rom 5,3ss; cfr. Giac 1,2ss). Egli «sovrabbonda di gioia nelle tribolazioni» (2Cor 7,4; 12,10; Col 1,24; cfr. Atti 5,41; Ebr 10,34). La consolazione nella tribolazione (2Cor 1,3-10) è un frutto dello Spirito (1Tess l,6; Atti 13,52; cfr. Gal 5,22), e nello stesso tempo il segno della presenza del regno. Scritta durante una terribile prova, l’Apocalisse, specchio della vita della Chiesa, alimenta questa gioiosa speranza nel cuore dei perseguitati, assicurandoli della vittoria di Gesù e della instaurazione del regno. Ad ognuno di essi, come a tutta la Chiesa il Signore risorto rivolge sempre questo messaggio: «Non temere le sofferenze che ti aspettano; il demonio sta per gettare alcuni di voi in carcere per tentarvi ed avrete dieci giorni di prova. Rimani fedele fino alla morte, ed io ti darò la corona della vita» (Apoc 2,10).
 
Tommaso d’Aquino (In Jo. ev. exp., XVI): … ora comprendiamo che Tu conosci tutto … : cioè il Signore conosceva tutti i segreti del loro cuore e scioglieva i loro dubbi... prevenendo le loro domande.
 
Il Santo del Giorno - 2 Giugno 2025 - Santi Marcellino e Pietro. La violenza e la prepotenza non avranno l’ultima parola - Morire da cristiani significa lasciare al mondo un segno, una testimonianza che affascina e mostra il vero volto dell’amore. Significa svuotare da dentro la logica della prepotenza, che da sempre cerca di mettere a tacere la voce di chi porta all’umanità la speranza del Dio di Gesù Cristo. Una prepotenza alla quale non si arresero i santi Marcellino e Pietro, sacerdote il primo, esorcista (che allora era una sorta di ministero a sé) il secondo. La loro vicenda si colloca durante la persecuzione voluta da Diocleziano: era l’anno 304 e il prete Marcellino era stato arrestato a Roma per la sua fede. In carcere conobbe un esorcista, Pietro, e insieme si misero a predicare, annunciando il Vangelo di Gesù. Per questo essi furono portati in un bosco e vennero costretti a scavarsi la fossa dove vennero sepolti dopo essere stati decapitati: l’intento era quello di farli sparire senza lasciare traccia, ma il piano non riuscì. Grazie a una matrona, infatti, i corpi dei due santi ebbero una degna sepoltura sulla Via Labicana. La storia del sacerdote e dell’esorcista uccisi nella selva venne tramandata grazie all’esecutore della sentenza, che, colpito dalla loro testimonianza, l’aveva raccontata al futuro papa Damaso. (Matteo Liut)
 
O Dio, che ci nutri dell’unico pane
e ci sostieni con l’unica speranza,
rafforzaci con la tua grazia,
perché formiamo tutti, in Cristo,
un solo corpo e un solo spirito,
per risorgere con lui nella gloria.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.