20 Aprile 2024
 
SABATO DELLA III SETTIMANA DI PASQUA
 
At 9,31-42; Salmo Responsoriale dal Salmo 115 (116); Gv 6,60-69
 
Colletta: O Dio, che nel fonte battesimale hai rinnovato coloro che credono in te, custodisci tutti i rinati in Cristo perché, vinto ogni assalto del male, conservino fedelmente la grazia della tua benedizione. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Volete andarvene anche voi? - Benedetto XVI (Angelus, 26 agosto 2012): Vedendo che molti dei suoi discepoli se ne andavano, Gesù si rivolse agli Apostoli dicendo: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). Come in altri casi, è Pietro a rispondere a nome dei Dodici: «Signore, da chi andremo? - Anche noi possiamo riflettere: da chi andremo? - Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69). Su questo passo abbiamo un bellissimo commento di Sant’Agostino, che dice, in una sua predica su Giovanni 6: «Vedete come Pietro, per grazia di Dio, per ispirazione dello Spirito Santo, ha capito? Perché ha capito? Perché ha creduto. Tu hai parole di vita eterna. Tu ci dai la vita eterna offrendoci il tuo corpo [risorto] e il tuo sangue [Te stesso]. E noi abbiamo creduto e conosciuto. Non dice: abbiamo conosciuto e poi creduto, ma abbiamo creduto e poi conosciuto. Abbiamo creduto per poter conoscere; se, infatti, avessimo voluto conoscere prima di credere, non saremmo riusciti né a conoscere né a credere. Che cosa abbiamo creduto e che cosa abbiamo conosciuto? Che tu sei il Cristo Figlio di Dio, cioè che tu sei la stessa vita eterna, e nella carne e nel sangue ci dai ciò che tu stesso sei» (Commento al Vangelo di Giovanni, 27, 9). Così ha detto sant’Agostino in una predica ai suoi credenti. Infine, Gesù sapeva che anche tra i dodici Apostoli c’era uno che non credeva: Giuda. Anche Giuda avrebbe potuto andarsene, come fecero molti discepoli; anzi, avrebbe forse dovuto andarsene, se fosse stato onesto. Invece rimase con Gesù. Rimase non per fede, non per amore, ma con il segreto proposito di vendicarsi del Maestro. Perché? Perché Giuda si sentiva tradito da Gesù, e decise che a sua volta lo avrebbe tradito. Giuda era uno zelota, e voleva un Messia vincente, che guidasse una rivolta contro i Romani. Gesù aveva deluso queste attese. Il problema è che Giuda non se ne andò, e la sua colpa più grave fu la falsità, che è il marchio del diavolo. Per questo Gesù disse ai Dodici: «Uno di voi è un diavolo!» (Gv 6,70). Preghiamo la Vergine Maria, che ci aiuti a credere in Gesù, come san Pietro, e ad essere sempre sinceri con Lui e con tutti.
 
I lettura: La Chiesa era in pace, con un breve sommario si descrive la situazione felice della Chiesa che, feconda di nuovi figli, cresce nel progresso spirituale custodita dal dono della pace. Tra le righe l’azione dello Spirito Santo che rende la fede dei credenti gioiosa e contagiosa. La risurrezione di Tabità ricorda la risurrezione di Lazzaro. Non nel nome di Pietro, ma nel nome di Gesù avviene la prodigiosa risurrezione di Tabità. È il Risorto che accompagna con miracoli, segni, e prodigi la predicazione apostolica
 
Vangelo
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
 
Dopo il discorso pronunciato da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, molti dei suoi discepoli manifestano il loro dissenso, e delusi abbandonano il Maestro. Gesù accetta l’abbandono dei suoi discepoli, anche perché per preveggenza, essendo Dio, sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. I Dodici per bocca di Pietro, riconfermano, invece, la loro fede in Lui, la loro piena fiducia nel Signore e nella sua parola di vita: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio. Così la fede in Cristo Gesù viene a costituire il confine che divide gli uomini: gli uomini che credono in Lui sono giustificati, liberati dal peccato e dalla morte, salvi; quelli che non credono si autocondannano alla morte eterna.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,60-69
 
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
 
Questo linguaggio è duro - Mentre i Giudei protestano rumorosamente, i discepoli mormorano come se avessero paura di manifestare il loro dissenso. Ma le parole pronunciate sottovoce non sfuggono a Gesù, il quale, scrutando il loro cuore e la loro mente, al loro disaccordo timidamente pronunciato a fior di labbra da una risposta tagliente e molto dura: “Se un discorso, anche se molto impegnativo, vi scandalizza, molto più grande sarà il vostro sconcerto quando mi vedrete, livido, appeso ad una croce, morire come un malfattore e ancora più stupefacente sarà la vostra meraviglia quando mi vedrete risorto dai morti e poi glorioso mi contemplerete salire là dov’ero prima”.
Gesù, con questa risposta, nella volontà di scuotere l’incredulità dei suoi discepoli, mette in evidenza la sua origine divina: «Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo» (Gv 3,13).
E aggiunge anche che la carne, l’intellettualismo che bracca ancora oggi pensatori e teologi, non serve a nulla: soltanto le sue parole sono spirito e vita. Questo significa che Gesù rivelando comunica lo Spirito che conferisce la vera vita che rende i credenti «partecipi della natura divina» (1Pt 1,4).
Gesù conosce i pensieri degli uomini perché è Dio e non per un dono di preveggenza: «Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo» (Gv 2,24-25). Ed egli conosce «colui che lo avrebbe tradito». Il traditore è Giuda Iscariota che nel Vangelo di Giovanni assomma sfumature sconcertanti: è ladro, cinico, venduto a satana e da lui posseduto (Gv 12,6; 13,27; 18,1-5).
Tra le righe, la polemica tra Gesù e i discepoli dalla sinagoga di Cafarnao sembra spostarsi nelle prime comunità cristiane: è come se Giovanni, ricordando il fallimento del Maestro, volesse rincuorare quei cristiani della prima ora scandalizzati dalle molte defezioni.
L’autore, per attenuare lo scandalo che poteva bruciare la neonata fede dei discepoli delle prime comunità cristiane, fa appello a un principio dal tipico sapore giudaico: «Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
Praticamente, all’origine della salvezza «c’è il disegno del Padre, ma anche la sua attuazione e applicazione nei singoli casi dipende pure da una sua scelta e decisione. È il Padre che attrae e conse­gna gli uomini a Gesù; è lui che parla, sempre tramite Gesù, istruendo le persone fino a renderle discepole di Cristo. In fondo Dio muove gli uomini tramite il suo Spirito ad accogliere le proposte del figlio, fino a ritrovarsi in comunione di vita con lui. Un’affermazione categorica, ma da prendersi sempre con molte cautele. Dio è il motore primo della storia, ma la sua azione non sostituisce la scelta degli uomini» (Ortensio Da Spinetoli).
Molti discepoli, da allora, «si tirarono indietro e non andavano più con lui». La sottolineatura temporale da allora colloca con precisione la diserzione e questo significa che si allontanarono dopo il discorso di Gesù: è la prova che i disertori avevano ben capito e avevano anche compreso quanta alta era la posta in gioco, per questo si tirarono indietro. Gesù si ritrova sempre più solo a un passo dalla terrificante prova: affronterà da solo la passione, il progetto della salvezza dovrà essere realizzato al di là del consenso popolare.
Gesù accetta questa decisione e non fa nulla per arginare le perdite, anzi rincara la dose ed è a questo punto che si rivolge ai Dodici i quali, a loro volta per nulla intimoriti dalle numerose defezioni, per bocca di Simon Pietro manifestano la loro fede: «Tu sei il Santo di Dio». Questa professione ricorda quella di Cesarea (Mt 16,19; Mc 8,27-30; Lc 9,18-21) e palesemente vuole mettere in evidenza la sorgente della autorità petrina nella Chiesa: essa non promana dalla carne e dal sangue, ma da una elezione divina: «Io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cicli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cicli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18-19).
Il titolo «Santo di Dio» indica l’identità di Gesù «nel suo rapporto unico con Dio. Solo Dio è santo. A lui solo, nella liturgia celeste, i serafini proclamarono: “Santo, Santo, Santo è il Signore” [Is 6,3]. Gesù entra in questa identità. La sua unione con Dio, la sua intimità con Dio è tale che egli sta in parità con lui, egli è il Santo di Dio» (P. G. Ferraro). È la Chiesa che proclama la sua fede in Cristo per bocca del suo Capo: ai suoi occhi Gesù è il «Santo di Dio», colui che Dio ha scelto e consacrato mediante il suo Spirito per portare a compimento, nella pienezza dei tempi (Gal 4,4), il suo disegno di amore a favore di tutti gli uomini.
Le reazioni dei discepoli al discorso di Cafarnao  1. LA SCONCERTANTE PAROLA DI GESÙ - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale dl Vangelo di Giovanni - Vol II): Non solo i giudei, ma anche molti discepoli sono scandalizzati dal discorso del Maestro sul pane della vita. Anche qui la parola del Verbo incarnato sconcerta gli uditori (Gv 6,60). In realtà il messaggio del Cristo vuole scuoter.e e deve essere accolto, anche quando può apparire irrazionale a assurdo. La logica del vangelo non può essere sempre misurata con il metro della ragione umana.
Se la parola di Gesù non disturba più, se non invita a una riflessione seria e non stimola a un’adesione più intima al Verbo incarnato, è segno evidente che si è diventati refrattari e impermeabili al suo messaggio.
Un vangelo addomesticato, che non combatte le massime della moda e del mondo , un cristianesimo che vuole battezzare tutto e che blandisce le passioni, è una turlupinatura dell’autentico messaggio del Figlio di Dio.
L’incredulità dei discepoli dinanzi al sublime sermone sul pane della vita e il loro rifiuto de Maestro, devono quindi invitare a una riflessione seria sul proprio impegno cristiano. Se non si è disposti a seguire e ù fino in fondo, ad accettare la sua parola senza riserve, un bel giorno ci si scandalizzerà di lui e lo si abbandonerà.
Inoltre chi vive nel compromesso, nel suo cuore ha già rifiutato il Cristo, anche se esternamente continua a mostrarsi suo seguace. Il discepolato autentico, infatti, esige l’accettazione incondizionata della rivelazione e della persona del Figlio di Dio. Il pericolo del rigetto di Cristo è sempre attuale; in qualche caso può essere totale con l’apostasia, abbracciando ideologie in antitesi con il vangelo, ma più spesso si tratta di un rifiuto pratico, vivendo in modo contrario alle esigenze della parola di Gesù.
2. Lo SPIRlTO E LA CARNE - Il brano, che descrive la reazione negativa dei discepoli al discorso di Cafarnao, presenta la fede come dono di Dio (Gv 6,65) e come frutto dello Spirito che vivifica, perché le parole di Gesù sono Spirito e vita, cioè sono fatte penetrare nel cuore dallo Spirito vivificatore; la carne, ossia la natura umana da sola, non può nulla in questo campo (Gv 6,63). Per credere quindi è indispensabile l’azione del Padre e dello Spirito di verità.
Da questa situazione deriva una duplice conseguenza per la vita spirituale: 1) la necessità della preghiera per ottenere il dono della fede e il suo aumento; 2) la docilità all’azione di Dio e dello Spirito santo, che attirano verso il Verbo incarnato.
La fede non può essere conquistata con le sole forze umane; di qui il bisogno di chiedere al Padre celeste la grazia di credere esistenzialmente nel Figlio suo unigenito e di crescere in questa adesione vitale. In realtà Dio e lo Spirito santo vogliono orientare tutti verso Gesù: l’uomo però può opporre resistenza a questa azione divina. Di qui la necessità di essere docili all’azione dello Spirito.
 
Lo Spirito che dà la vita - Solo lo Spirito può dare la vita - Tertulliano (La risurrezione della carne 37, 1-3): Se afferma che la carne non giova a nulla, il senso va dedotto dal contesto dell’affermazione. Infatti, poiché i discepoli avevano ritenuto duro e intollerabile il suo discorso - quasi avesse loro prescritto davvero di mangiare la sua carne - e il suo scopo era porre la condizione di salvezza nello spirito, premette che lo spirito è ciò che dà la vita e dunque aggiunge la carne non giova a nulla, ma sta parlando ovviamente del “dare la vita”. Prosegue dunque a spiegare come sia da intendere “spirito”: Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. [ ... ] E così, stabilendo che il suo discorso è dispensatore di vita, poiché la parola è spirito e vita, dice anche che la medesima parola è carne, perché la parola si è fatta carne (Gv 1,14). Dobbiamo dunque desiderarlo per ricevere la vita, divorarlo con l’ascolto e ruminarlo nell’intelletto e digerirlo con la fede.
 
Il Santo del Giorno - 20 Aprile 2024 - Beato Anastasio Giacomo Pankiewicz Sacerdote dei Frati Minori, martire (Nagórzany, Polonia, 9 luglio 1882 - Linz, Austria, 20 aprile 1942): Jakub Pankiewicz nacque a Nagorzanach, in Polonia, il 9 luglio 1882. Fu accolto dai Frati Minori nella Provincia dell’Immacolata Concezione nel 1900. Emise la Professione solenne il 24 febbraio 1904, assumendo il nome di Anastazy. Ordinato sacerdote nel 1906, fu Guardiano in varie Fraternità, costruì il Seminario minore nella città industriale di Lodz e fu tra i fondatori della Congregazione delle Suore Antoniane di Cristo Re. Arrestato il 10 ottobre 1941, fu internato a Dachau. Morì il 20 aprile 1942, sulla strada che conduce al crematorio di Hartheim nei pressi di Linz in Austria. Preparatosi alla morte con il sacramento della Riconciliazione, mentre aiutava un compagno di prigionia a salire sulla macchina un soldato tedesco chiuse la porta della vettura tagliandogli entrambe le mani. Il suo corpo fu bruciato e le ceneri vennero disperse. Giovanni Paolo II lo beatificò a Varsavia il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi. (Avvenire)
 
Nutriti dai sacramenti del tuo Cristo,
ti preghiamo, o Signore:
rinnova nella tua Chiesa
la grazia della  santità che tu le hai donato,
e concedi a coloro che si gloriano del nome cristiano
di servirti nell’unità della fede.
Per Cristo nostro Signore.