25 Giugno 2025
Mercoledì XII Settimana T. O.
Gen 15,1-12.17-18 ; Salmo Responsoriale dal Salmo 104 (105); Mt7,15-20
Colletta
Donaci, o Signore,
di vivere sempre nel timore e nell’amore per il tuo santo nome,
poiché tu non privi mai della tua guida
coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Dai loro frutti li riconoscerete: Paolo VI (Esortazione Apostolica Quinque iam anni, 1970): Facciamo attenzione ai problemi che sorgono dalla vita degli uomini, specialmente dei giovani: «Se un figlio domanda del pane - dice Gesù - quale è fra di voi quel padre che gli darà un sasso?» (Lc 11,11). Accogliamo volentieri le istanze che vengono a turbare la nostra pacifica quiete. Siamo pazienti davanti alle indecisioni di coloro che cercano come a tentoni la luce. Sappiamo camminare fraternamente con tutti coloro che, privi di questa luce, della quale noi godiamo i benefici, nondimeno tendono, attraverso le nebbie del dubbio, verso la casa paterna. Ma se noi prendiamo parte alle loro angosce, sia per cercare di guarirle; se noi presentiamo loro Gesù Cristo, questi sia il Figlio di Dio fatto uomo per salvarci e per comunicarci la sua vita, non una figura puramente umana, per quanto meravigliosa e attraente possa essere per il nostro spirito (cfr. 2Gv 7,9). In questa fedeltà a Dio e agli uomini, ai quali siamo da lui inviati, noi sapremo prendere, certo con delicatezza e prudenza, ma con chiaroveggenza e fermezza, le indispensabili decisioni per un giusto discernimento, Ecco, senza dubbio, uno dei compiti più difficili, ma anche, oggi, dei più necessari, per l’episcopato. Infatti, nel contrasto delle opposte ideologie c’è pericolo che la più grande generosità si accompagni ad affermazioni quanto mai discutibili: «anche in mezzo a noi - come al tempo di San Paolo - sorgono uomini che insegnano delle dottrine perverse per trascinar dietro a sé dei discepoli» (At 20,30), e coloro che parlano in tal modo sono a volte persuasi di farlo in nome di Dio, illudendosi sullo spirito che li anima. Siamo noi abbastanza vigili, per ben discernere la parola di fede, sui frutti che essa produce? Potrebbe venire da Dio una parola che faccia perdere ai fedeli il senso della rinunzia evangelica, o che proclami la giustizia tralasciando di annunciare la dolcezza, la misericordia e la purezza, una parola che ponga i fratelli contro i fratelli? Gesù ci ha avvertiti: «dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,15-20). Proprio tutto questo chiediamo ai collaboratori, che hanno con noi il compito di predicare la parola di Dio. Che la loro testimonianza sia sempre quella del Vangelo e la loro parola quella del Verbo che suscita la fede e, con essa, l’amore verso i nostri fratelli trascinando tutti i discepoli del Cristo a permeare del suo spirito la mentalità, i costumi, e la vita della città terrestre.
I Lettura: Quanto raccontato dal Libro della Genesi trattasi di un antico rito di alleanza dei popoli orientali. I contraenti passavano in mezzo alle vittime, significando con questo di subire la stessa morte se fossero venuti meno al patto che avevano stipulato. Nel nostro racconto è soltanto Dio a passare in mezzo “agli animali divisi”. La reciprocità la si troverà nell’alleanza del monte Sinai dove l’impegno sarà reciproco (Es 19, 2-9; 24,8.12-18).
Vangelo
Dai loro frutti li riconoscerete.
Gli occhi ci aiutano a non andare a tentoni, i ciechi hanno bisogno di una guida o di un bastone per avanzare sicuri, così i credenti ciechi nell’anima, e senza una guida, non avanzano nel cammino della fede e corrono il rischio di accogliere ogni vento di dottrina (Ef 4,14). Gesù ha dato ai discepoli una regola infallibile per accorgersi se colui che parla viene da Dio o da altre sponde: dai frutti li riconoscerete. E così per evitare confusione o dubbi, la Scrittura offre ai credenti un elenco di frutti e di opere, certamente stringato ma abbastanza completo: sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità... (Gal 5,19ss). Certo, i falsi profeti amano il travestimento e sono molti abili nel trucco, ma, alla fine, tutto viene alla luce. Gesù è la verità e non può permettere che il discepolo resti nel buio della confusione, lui è la luce e illumina i suoi passi, è la via sicura sulla quale muovere speditamente i passi per giungere alla meta, quella della salvezza.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 7,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».
Parola del Signore.
I falsi profeti sono i maestri di menzogna che seducono il popolo di Dio, lo traviano, trascinandolo sulle vie della apostasia. Israele conosce bene la dolorosa esperienza di uomini che si presentano nella veste di profeti inviati da Dio ed invece sono «lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni» (Ez 22,27). Gesù, a questo proposito, a pie’ sospinto, ha messo in guarda i suoi discepoli: «Badate che nessuno vi inganni! Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno … Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto» (Mt 24,4-5.24-25). Gesù “allude ai Farisei; egli non intende toccare la loro condotta, bensì la dottrina che seguono e insegnano” (Benedetto Prete). Anche la Chiesa non sarà immune da simile flagello: «Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate» (At 20,29-31). E non è soltanto una profezia, ma amara esperienza: «O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso!» (Gal 3,1). La regola infallibile che Gesù suggerisce ai discepoli per smascherare i lupi travestiti da agnelli è valida per tutti i tempi, anche se sempre, ad intra o ad extra della Chiesa, sorgeranno falsi profeti i quali al loro tramonto al loro attivo avranno soltanto defezioni, lacerazioni, errori dottrinali, fazioni e scismi, purtroppo a volte insanabili. Una presenza pruriginosa, maligna, ma per i falsi profeti la condanna è in atto ormai da tempo e la loro rovina non si fa attendere: «Ci sono stati anche falsi profeti tra il popolo, come pure ci saranno in mezzo a voi falsi maestri, i quali introdurranno fazioni che portano alla rovina, rinnegando il Signore che li ha riscattati. Attirando su se stessi una rapida rovina, molti seguiranno la loro condotta immorale e per colpa loro la via della verità sarà coperta di disprezzo. Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole false; ma per loro la condanna è in atto ormai da tempo e la loro rovina non si fa attendere» (2Pt 2,1-3).
I falsi profeti - Ortensi Da Spinetoli (Matteo): La preoccupazione di Gesù e dell’evangelista è quella di mettere in guardia dai perturbatori della pace comunitaria, dai predicatori di novità e di facili dottrine. La chiesa apostolica, che ha condannato ripetutamente il carismaticismo o l’avventurismo spirituale, ha segnalato vari criteri per distinguere la vera dalla falsa profezia. Matteo offre un criterio più semplice: il riferimento alla vita che essi conducono. «Li conoscerete dai loro frutti », non dalle conseguenze della loro predicazione, che possono essere incidentalmente anche buone, ma dai frutti che essa produce nella loro vita. Se l’animo è retto e i princìpi sono sani questi non possono solo esprimersi in belle parole, occorre che si manifestino in opere buone. Sono esse che giudicano la natura della pianta e, quindi, fuori metafora, la rettitudine o falsità del predicatore. Il principio adibito già dal Battista per stigmatizzare la cattiva condotta dei farisei (Mt. 3, 10), verrà ripreso più tardi da Gesù per redarguire i suoi avversari (Mt. 12, 33). La condanna che l’evangelista pronuncia contro i falsi cristiani (v. 19) e i falsi profeti (v. 20) è definitiva. Il fuoco in cui vengono gettate le piante infruttuose contiene un accenno alla geenna, simbolo della perdizione eterna. Quando l’evangelista scrive, i primi falsificatori del Cristo, piovuti dal di fuori o spuntati dal seno della comunità, erano già apparsi. Il tono polemico del discorso non tradisce solo un risentimento contro gli avversari di Gesù (i farisei o i sadducei), ma fa trapelare la reazione della chiesa contro le prime insinuazioni ereticali.
La profezia nella Chiesa - Paul Beauchamp: «Le profezie un giorno spariranno», spiega Paolo (1Cor 13,8). Ma allora sarà la fine dei tempi. La venuta di Cristo in terra, lungi dall’eliminare il carisma della profezia, ne ha provocato, al contrario, l’estensione che era stata predetta.
«Possa tutto il popolo essere profeta!», augurava Mosè (Num 11,29). E Gioele vedeva realizzarsi questo augurio «negli ultimi tempi» (Gioe 3,1-4). Nel giorno della Pentecoste, Pietro dichiara compiuta questa profezia: lo Spirito di Gesù si è effuso su ogni carne: visione e profezia sono cose comuni nel nuovo popolo di Dio. Il carisma delle profezie è effettivamente frequente nella Chiesa apostolica (cfr. Atti 11,27s; 13,1; 21,l0s). Nelle Chiese da lui fondate, Paolo vuole che esso non sia deprezzato (1Tess 5,20). Lo colloca molto al di sopra del dono delle lingue (1Cor 14,1-5); ma non di meno ci tiene a che sia esercitato nell’ordine e per il bene della comunità (14,29-32).
Il profeta del NT, non diversamente da quello del VT, non ha come sola funzione quella di predire il futuro: egli «edifica, esorta, consola» (14,3), funzioni che riguardano da vicino la predicazione. L’autore profetico dell’Apocalisse incomincia con lo svelare alle sette Chiese ciò che esse sono (Apoc 2-3), come facevano gli antichi profeti. Soggetto egli stesso al controllo degli altri profeti (1Cor 14,32) ed agli ordini dell’autorità (14,37), il profeta non potrebbe pretendere di portare a sé la comunità (cfr. 12, 4-11), né di governare la Chiesa. Fino al termine, il profetismo autentico sarà riconoscibile grazie alle regole del discernimento degli spiriti. Già nel VT il Deuteronomio non vedeva forse nella dottrina dei profeti il segno autentico della loro missione divina (Deut 13,2-6)? Cosi è ancora. Infatti il profetismo non si spegnerà con l’età apostolica.
Sarebbe difficile comprendere la missione di molti santi della Chiesa senza riferimento al carisma profetico, il quale rimane soggetto alle regole enunciate da S. Paolo.
Spine e triboli - Cromazio di Aquileia (Commento al Vangelo di Matteo 35,7): Ma nel testo v’è anche una significazione allegorica: le spine stanno ad indicare i giudei, di cui si trova scritto: Attesi che producesse uva ma essa mi ha dato solo spine (Is 5, 2). Era inutile attendersi che siffatte spine generassero uva; fuori metafora: i giudei, invece di offrire frutti di giustizia, si sono dati la briga di suscitare le spine delle persecuzioni. Nei triboli vanno visti soprattutto gli eretici: con le loro interminabili discussioni non possono di certo produrre la dolcezza della fede; la fede difatti è dolce: come è per natura dolce il fico, che è chiamato a raffigurarla.
Il santo del Giorno - 25 Giugno 2025 - San Massimo di Torino. Davanti alla violenza del mondo è il momento della testimonianza: È nel momento della crisi e della sofferenza che un pastore è chiamato a vivere fino in fondo il proprio ministero, sostenendo chi è in difficoltà, indicando la strada della verità, testimoniando con la propria vita l’amore autentico. Così fece san Massimo di Torino, considerato fondatore della Chiesa locale e primo vescovo della città piemontese. Assieme alla sua gente si trovò ad affrontare il terribile periodo delle invasioni barbariche. Era nato verso la metà del IV secolo e fu discepolo di sant’Ambrogio e di sant’Eusebio di Vercelli, che lo inviò a guidare la comunità torinese. Dalle «Omelie» e dai «Sermoni» appare il suo carattere mite ma fermo e autorevole: «È figlio ingiusto ed empio colui che abbandona la madre in pericolo. Dolce madre è in qualche modo la patria», diceva a coloro che pensavano di fuggire davanti all’arrivo dei barbari. Li esortava a anche a mantenersi irreprensibili nei costumi e a non confidare in superstizioni come l’invocazione della luna, pratica sulla quale scriveva con ironia: «Veramente presso di voi la luna è in travaglio, quando una copiosa cena vi distende il ventre e il capo vi ciondola per troppe libagioni». La data della sua morte non è certa e si colloca tra il 408 e il 423.
O Padre, che ci hai rinnovati
con il santo Corpo e il prezioso Sangue del tuo Figlio,
fa’ che l’assidua celebrazione dei divini misteri
ci ottenga la pienezza della redenzione.
Per Cristo nostro Signore.