1 Aprile 2025
MARTEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA
Ez 47,1-9.12; Salmo Responsoriale Dal Salmo 45 (46); Gv 5,1-16
Colletta
Dio fedele e misericordioso,
questo tempo di penitenza e di preghiera
disponga i cuori dei tuoi fedeli
ad accogliere degnamente il mistero pasquale
e a proclamare il lieto annuncio della tua salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Peccato e malattia: Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio 313: Nell’Antico Testamento l’uomo durante la malattia sperimenta il proprio limite, e nello stesso tempo percepisce che la malattia è legata, in modo misterioso, al peccato. I profeti hanno intuito che essa poteva avere anche un valore redentivo per i peccati propri e altrui. Così la malattia era vissuta di fronte a Dio, dal quale l’uomo implorava la guarigione.
La compassione di Gesù verso gli ammalati e il comportamento della Chiesa verso i malati: Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio 314: La compassione di Gesù verso gli ammalati e le sue numerose guarigioni di infermi sono un chiaro segno che con lui è venuto il Regno di Dio e quindi la vittoria sul peccato, sulla sofferenza e sulla morte. Con la sua passione e morte, egli dà nuovo senso alla sofferenza, la quale, se unita alla sua, può diventare mezzo di purificazione e di salvezza per noi e per gli altri.
315: La Chiesa, avendo ricevuto dal Signore l’imperativo di guarire gli infermi, si impegna ad attuarlo con le cure verso i malati, accompagnate da preghiere di intercessione. Essa soprattutto possiede un Sacramento specifico in favore degli infermi, istituito da Cristo stesso e attestato da san Giacomo: «Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio nel nome del Signore» (Gc 5,14-15).
I Lettura: Il torrente descritto nel brano del profeta Ezechiele rivela la benedizione che reca al paese la rinnovata dimora di Dio in mezzo al suo popolo, una presenza che apporterà vita e renderà assai feconda la terra. L’immagine sarà ripresa dal libro dell’Apocalisse: “E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni” (22,1-2).
Vangelo
All’istante quell’uomo guarì.
La guarigione del paralitico alla piscina, posta nei pressi della porta delle Pecore che conduceva al tempio, avviene di sabato, una vera iattura per i Giudei che vedono male e peccato in ogni angolo del mondo. L’uomo infermo, in verità, è afflitto da due malanni: da una parte, è malato da tanto tempo, 38 anni, e ciò lascia supporre che la sua malattia è inguaribile, dall’altra parte, non può approfittare dell’efficacia miracolosa dell’acqua, riservata al primo che vi entra, poiché non ha nessuno che lo immerge nella piscina. Un caso veramente disperato. Gesù prende l’iniziativa e guarisce l’uomo intimandogli di non peccare più: Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio. Gesù “non dice che l’infermità sia stata una conseguenza del peccato [cfr. Gv 9,2s]. Avverte l’infermo che la grazia della sua guarigione lo impegna a convertirsi [cfr. Mt 9,2-8]; dimenticandolo, rischierebbe peggio della infermità passata. Il miracolo è dunque il «segno» di una resurrezione spirituale” (Bibbia di Gerusalemme). La guarigione mette in risalto l’onnipotenza di Gesù capace di rimettere in piedi un uomo malato e rassegnato, ma mette anche in evidenza la cecità dei Giudei, impotenti di accogliere il Dono di Dio.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 5,1-16
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina?”». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Parola del Signore.
Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni - II Vol): L’evangelista, in Gv 5,4, narra che la guarigione degli infermi avveniva con l’immersione nella piscina, dopo che l’angelo aveva agitato l’acqua e, per di più, che la virtù terapeutica dell’acqua si esauriva, curando un solo malato. Invece, il comportamento di Gesù in questa circostanza (Gv 5,8) mette in risalto che il suo potere sulle malattie è illimitato. Il Maestro comanda e l’infermo guarisce. Egli non ordina di immergersi nella piscina, ma solo di prendere il giaciglio e di camminare! Quindi non è l’acqua che risana, ma la parola di Gesù. In tal modo Il Verbo incarnato si presenta come l’unico guaritore. «Con il miracolo, Cristo mostra di essere il vero guaritore; egli infatti ristabilisce completamente il malato in salute , corpo e anima , con una parola.
Duprez sostiene che il richiamo implicito al culto degli dèi guaritori, nella piscina di Betzatà, viene fatto, dall’evangelista, per sottolineare che solo Gesù è il guaritore dell’anima e del corpo e, quindi, per allontanare il pericolo del culto pagano: «Questo studio... ha il grande merito di mostrare il pericolo che presentava, per il cristianesimo nascente, il culto degli dèi guaritori. La chiesa combattendolo non faceva che prolungare l’opera del Cristo che si era manifestato come il solo salvatore capace di portare agli uomini la salute integrale, quella del corpo e dell’anima». [...]
Inoltre il miracolo descritto in Gv 5 mostra che Gesù ha gli stessi poteri di Jahvè, il quale nell’Esodo e nel libro della Sapienza è descritto come liberatore dai nemici, dalle malattie e dalla morte.
«I temi sono molto simili: Dio apporta la salvezza, guarisce con la sua parola. Egli comanda alla vita e alla morte. Si può dire che Gv 5 è un’illustrazione e un compimento, fatto da Cristo, di Sap 16 e un’applicazione a Gesù dei miracoli attribuiti a Dio nell’AT. Cristo, che negli altri miracoli si rivela come colui che libera dalla sete (Gv 2,1-11 e Sap 11,4-14), dalla fame (Gv 6,1-13 e Sap 16,20-22), dalle tenebre (Gv 9,1-41 e Sap 18,1), in questi testi si manifesta come liberatore dalla malattia e dalla morte. Cristo è padrone della vita e della morte, perché il Padre glielo ha dato».
In particolare il miracolo di Betzatà mette in luce che il Cristo è il Salvatore dei più deboli, di coloro che sono abbandonati e trascurati da tutti. Con la sua domanda «vuoi guarire?» (Gv 5,6), «forse Gesù vuole in qualche modo mettere alla prova la fede dell’uomo, a forse mettere a nudo la sua situazione di impotenza. Ma è certo che soprattutto vuoi sottolineare la crudeltà e l’egoismo che si nascondono dietro la pia leggenda dell’acqua miracolosa. Chi veniva guarito? Il più veloce, il più sano o, comunque, il più assistito, cioè il più ricco. La religione popolare copiava lo schema della salvezza degli uomini attribuendo a Dio la stessa ingiustizia. Gesù invece non soltanto salva senza l’acqua, ma salva il più ebole , colui che non poteva salvarsi!
Giuseppe Barbaglio (Malattia in Schede Bibliche Pastorali - Vol. V): Le infermità fisiche dei poveretti che supplicano Gesù “ne provocano la compassione (Mt 9,27; 15,22; 17,15; 20,30-31; Mc 10,47-48; Le 18,38-39). In altre parole, egli se ne fa carico efficacemente. La malattia è un male da cui liberare: le forze nuove, che hanno cominciato a esplodere con l’annuncio del regno di Dio e sono presenti in Gesù, sono creatrici di vita e di salute.
L’accentuazione di Marco sulle guarigioni degli indemoniati poi evidenzia come Gesù sia intervenuto con gesto liberatore a favore anche di malati psichici. In breve, la salute del corpo e della psiche non è estranea alla salvezza promessa dalla venuta del regno di Dio.
In Gv 5,1ss (guarigione del malato alla piscina di Betesda) appare come la cultura del tempo, che legava strettamente malattia e peccato, non sia estranea alle parole di Gesù che, dopo aver risanato il poveretto, così lo esorta: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio» (v. 14). In Gv 9,1ss (guarigione del cieco-nato) invece Gesù si oppone alla diffusa mentalità dell’ambiente che attribuiva la cecità del malato ai peccati suoi o a quelli dei suoi genitori, dicendo che questa malattia costituiva un’ottima occasione per l’autorivelazione del Figlio di Dio: « ... i suoi discepoli lo interrogarono: Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco? Rispose Gesù: Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» ( v. 2-3). Dalla ricerca delle cause egli sposta l’accento sulla finalità della malattia, da cui libera come rivelatore dei tempi ultimi.
Lo sguardo non si fermava alla sola salute del corpo: mirava anche alla guarigione dell’anima, alla salvezza spirituale - Giovanni Paolo II (Udienza Generale 29 Aprile 1992): Gli evangelisti ci dicono che fin dall’inizio della sua vita pubblica egli trattava con grande amore e sincera compassione gli infermi e tutti gli altri bisognosi e tribolati che chiedevano il suo intervento. San Matteo attesta che “curava ogni malattia e infermità” (Mt 9, 35). Per Gesù le innumerevoli guarigioni miracolose erano il segno della salvezza che voleva procurare agli uomini. Non di rado egli stabilisce chiaramente questa relazione di significanza, come quando rimette i peccati al paralitico, e solo dopo opera il miracolo, per dimostrare che “il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” (Mc 2, 10). Il suo sguardo dunque non si fermava alla sola salute del corpo: mirava anche alla guarigione dell’anima, alla salvezza spirituale.
Questo comportamento di Gesù apparteneva all’economia della missione messianica, che la profezia del libro di Isaia aveva descritto in termini di risanamento dei malati e di soccorso dei poveri (cf. Is 61, 1-2; Lc 4, 18-19). È una missione che già durante la sua vita terrena Gesù volle affidare ai suoi discepoli, perché portassero il soccorso ai bisognosi, e particolarmente la guarigione ai malati. Ci attesta infatti l’evangelista Matteo che Gesù, “chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e infermità” (Mt 10, 1). E Marco dice di essi che “scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6, 13). È significativo che già nella Chiesa primitiva venisse sottolineato non solo questo aspetto della missione messianica di Gesù, al quale sono dedicate molte pagine dei Vangeli, ma anche l’opera da lui affidata ai suoi discepoli e apostoli, in connessione con la sua missione.
Tommaso d’Aquino: In Jo. ev. exp ., V: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina! il Signore comanda alla natura e alla volontà umane: entrambe sono in suo potere. Comanda alla natura umana dicendo: Alzati; infatti non lo comanda alla volontà, perché essa da sola non poteva farlo; bensì alla natura, che il Signore mutò col suo comando, donandole la forza di potersi alzare. Alla volontà poi comanda: prendi il tuo lettuccio; infatti il giaciglio nel quale l’uomo riposa sta ad indicare il peccato. Ora l’uomo prende il proprio lettuccio quando accetta il peso della penitenza per i peccati commessi ... e cammina per avvicinarsi a Dio.
Il Santo del giorno - 1 Aprile 2025 - Sant’Ugo di Grenoble: Venne alla luce nel 1053 a Châteauneuf-sur-Lers, nel Delfinato, e morì a Grenoble il 1° aprile 1132 dopo 52 anni di episcopato nella città francese. Nato da nobile famiglia, fu educato dalla madre a una vita di elemosina, preghiera e digiuno. A soli 27 anni era già vescovo di Grenoble. Da allora, per tutta la vita, conciliò con abnegazione l’attrazione fortissima verso la vita eremitica e il cenobio e la fedeltà al servizio episcopale, che svolse con grande ardore, secondo lo spirito di riforma della Chiesa che caratterizzò il pontificato di Gregorio VII. (Avvenire)
Purifica, o Signore, il nostro spirito
e rinnovalo con questo sacramento di salvezza,
perché anche il nostro corpo mortale
riceva un germe di risurrezione e di vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.
Orazione sul popolo ad libitum
Concedi, Dio misericordioso, che il tuo popolo
viva sempre nell’adesione piena alla tua volontà
e ottenga incessantemente il sostegno della tua clemenza.
Per Cristo nostro Signore.