5 OTTOBRE 2024
Sabato XXVI Settimana T. O.
Gb 42,1-3.5-6.12-16; Salmo Responsoriale Dal Salmo 118 (119); Lc 10.17-24
Colletta
O Dio, che riveli la tua onnipotenza
soprattutto con la misericordia e il perdono,
continua a effondere su di noi la tua grazia,
perché, affrettandoci verso i beni da te promessi,
diventiamo partecipi della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Catechismo degli Adulti - Gesù rivela il Padre misericordioso [197]: Gesù sa di essere in totale sintonia con la misericordia del Padre. Dio ama per primo, appassionatamente; va a cercare i peccatori e, quando si convertono, fa grande festa: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta» (Lc 15,4-6).
L’unità di Gesù con il Padre è tale, che egli si attribuisce perfino il potere divino di rimettere i peccati, sebbene si levi intorno un mormorio di riprovazione e l’accusa di bestemmia: «Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua» (Mc 2,9-11).
Prima Lettura - Giobbe, confessando e riconoscendo che tutto è guidato dalla sapienza e dalla onnipotenza di Dio, ritratta le accuse che aveva precedentemente mosso contro i disegni e la provvidenza di Dio. In conclusione, Giobbe ha saputo con la sua fede dare al lettore la soluzione al problema del giusto che soffre, e al problema del male che nonostante tutto, per permissione di Dio, impera nel mondo.
Giobbe ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea: I nomi “intendono mettere in luce la bellezza delle tre figlie e si riferiscono al triplice regno: animale, vegetale e minerale. Colomba è l’appellativo che lo sposo, affascinato e innamorato, dà alla sua donna [Ct 2,14; 5,2; 6,9]. Cassia, essenza aromatica derivata da una pianta orientale, è uno dei tre profumi citati dal Sal 45 nel descrivere le vesti di nozze del re [Sal 45,9]. Argentea vorrebbe rendere, per un lettore moderno, il significato di un’espressione ebraica piuttosto oscura, tradotta talvolta con “Fiala di stibio”; lo stibio [o antimonio], minerale dal colore argenteo, veniva usato dalle donne del Vicino oriente per rendere più splendente il loro volto.” (Bibbia di Gerusalemme, nota a Gb 42,14).
Vangelo
Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
Il vero motivo della gioia dei missionari non va cercato nel loro potere sulle forze infernali, ma nel fatto che Dio ha scritto i loro nomi nel libro della vita. Pieno di gioia per la venuta del regno testimoniata dalla sconfitta di Satana, Gesù eleva allora un rendimento di grazie al Padre, che si rivela ai piccoli. I sapienti e i dotti sono i rabbini e farisei che per il loro orgoglio religioso restano ciechi di fronte all’annuncio di Gesù, i piccoli, invece, sono gli uomini senza cultura, senza competenza religiosa, i poveri delle beatitudini che per la loro umiltà sanno aprirsi alla novità del Vangelo.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10,17-24
In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».
Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Parola del Signore.
Vedevo satana cadere dal cielo come la folgore - Javer Pikaza (Commento della Bibbia Liturgica): In questo brano evangelico è chiarito il contenuto della missione dei discepoli di Cristo. Tornano i settantadue inviati (cf 10,1), e Gesù svela tutta la profondità della loro opera. Il tema è sviluppato in due unità differenti, benché leggermente parallele (10,17-20 e 10,21 24). Prescindendo dalle considerazioni letterarie, facciamo solo notare l’unità della tematica sviluppando uno per uno i diversi aspetti del racconto.
a) La missione cristiana (e tutta l’opera di Gesù fra gli uomini) è interpretata partendo dalla caduta di satana (10,18). Il tema appartiene al mito apocalittico nel quale si accenna alla presenza del diavolo in cielo. Certamente, il suo posto e la sua funzione si differenziano dal posto e dalla funzione di Dio, ma si pensa che satana abbia posto il suo trono nelle sfere superiori e domini, di lassù, tutto il movimento degli uomini nel mondo.
Orbene, la predicazione di Gesù e della Chiesa è interpretata come la sconfitta di satana che, detronizzato, cade nel baratro e perde il potere sugli uomini. Ap 12 ha inserito questa caduta nel concetto d’insieme della storia. Luca, trasmettendo forse una vecchia parola di Gesù, si è contentato di presentare il fatto: la missione cristiana è l’avvenimento cosmico nel quale si sta giocando il destino della realtà (la presenza di Dio, la sconfitta del maligno).
b) Alla luce di questa esperienza si comprende la funzione dei missionari. La loro vittoria su satana si traduce nel fatto che essi sono capaci di vincere (o superare) il male del mondo (10,19). Per questo sono detti fortunati: sono fortunati, perché sperimentano quella pienezza messianica che i vecchi profeti e i re d’Israele avevano sospirata (10,23-24) Però la loro vera grandezza sta nei fatto del loro incontro personale con Dio: i loro nomi appartengono al regno dei cieli (10,20). Questa vittoria dei missionari di Gesù sulla forza di satana svela il contenuto più profondo dell’umano. L’uomo non è schiavo degli elementi cosmici, né è sottomesso al potere irrazionale del male, né può darsi per vinto di fronte alla miseria degli altri uomini o del mondo. Gl’inviati di Gesù hanno ricevuto il potere di superare la maledizione della nostra terra; perciò siamo certi che la sorte finale è dalla loro parte.
c) In questa dimensione si scopre la « grandezza » degli uomini. Grandi sono i saggi i quali suppongono che la vita si trovi dalla loro parte, pensano di essere forti e rifiutano l’aiuto che Gesù ha loro offerto. Perciò restano soli. Intanto i piccoli restano aperti al mistero e comprendono (o ricevono) la verità di Gesù Cristo (10,21).
d) Su questo piano si formula una delle rivelazioni definitive del mistero di Gesù. Gesù loda il Padre per il dono concesso ai piccoli (10,21) e scopre l’unione fra sé e il Padre: « Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio, e nessuno sa chi è il Figlio, se non il Padre ... » (10,22). In questo contesto, conoscersi significa essere uniti. Gesù e il Padre costituiscono un mistero d’unità e di dedizione nel quale penetrano tutti coloro che vogliono ricevere il Cristo.
A modo di conclusione possiamo affermare: la missione è strutturata come espansione di amore nel quale si uniscono Dio e il Cristo (Figlio). Nell’amore, rivelato ai piccoli, ha il suo fondamento la sconfitta delle forze distruttrici della storia (le forze sataniche).
O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono … - Jean Giblet e Marc-François Lacan: Nella Bibbia, il peccatore è un debitore cui Dio, col suo perdono, rimette il debito (ebr. salah: Num 14, 19); remissione così efficace che Dio non vede più il peccato che è come gettato dietro le sue spalle (Is 38, 17), è tolto (ebr. nasa’: Es 32, 32), espiato, distrutto (ebr. kipper: Is 6, 7). Cristo, usando lo stesso vocabolario, sottolinea che la remissione è gratuita ed il debitore insolvibile (Lc 7, 42; Mt 18, 25 ss). La predicazione primitiva ha come oggetto, insieme al dono dello Spirito, la remissione dei peccati, che ne è il primo effetto, e che essa chiama «àfesis» (Lc 24, 47; Atti 2, 38; cfr. il Post-communio del martedì di Pentecoste). Altri termini: purificare, lavare, giustificare, compaiono negli scritti apostolici che insistono sull’aspetto positivo del perdono, riconciliazione e riunione.
IL DIO DI PERDONO - Proprio di fronte al peccato il Dio geloso (Es 20, 5) si rivela un Dio di perdono. La apostasia, che segue all’alleanza e che meriterebbe la distruzione del popolo (Es 32, 30 ss), è per Dio l’occasione di proclamarsi «Dio di tenerezza e di pietà, tardo all’ira, ricco di grazia e di fedeltà... che tollera colpa, trasgressione e peccato, ma non lascia nulla impunito...»; Mosè quindi può pregare con sicurezza: «È un popolo di dura cervice. Ma perdona le nostre colpe ed i nostri peccati, e fa’ di noi la tua eredità!» (Es 34, 6-9). Umanamente e giuridicamente, il perdono non trova giustificazione. Il Dio santo non deve rivelare la sua santità mediante la sua giustizia (Is 5, 16) e colpire coloro che lo disprezzano (5, 24)? Come potrebbe contare sul perdono la sposa infedele all’alleanza che non arrossisce della sua prostituzione (Ger 3, l-5)? Ma il cuore di Dio non è quello dell’uomo, ed il Santo non si compiace nel distruggere (Os 11, 8 s); lungi dal volere la morte del peccatore, egli ne vuole la conversione (Ez 18, 23) per poter prodigare il suo perdono; infatti «le sue vie non sono le nostre vie», e «i suoi pensieri superano i nostri pensieri» di tutta l’altezza del cielo (Is 55, 7 ss). Questo appunto rende così fiduciosa la preghiera dei salmisti: Dio perdona al peccatore che si accusa (Sal 32, 5; cfr. 2 Sam 12, 13); lungi dal volere la sua perdita (Sal 78, 38), lungi dal disprezzarlo, egli lo ricrea, purificando e colmando di gioia il suo cuore contrito ed umiliato (Sal 51, 10-14. 19; cfr. 32, 1-11); fonte abbondante di redenzione, egli è un padre che perdona tutto ai suoi figli (Sal 103, 3. 8-14). Dopo l’esilio non si cessa di invocare il «Dio dei perdoni» (Neem 9, 17) e «delle misericordie» (Dan 9, 9), sempre pronto a pentirsi del male di cui ha minacciato il peccatore, se questi si converte (Gioe 2, 13); ma Giona, che è il tipo del particolarismo di Israele, è sconcertato nel vedere questo perdono offerto a tutti gli uomini (Giova 3, 10; 4, 2); al contrario, il libro della Sapienza canta il Dio che ama tutto ciò che ha fatto ed ha pietà di tutti, che chiude gli occhi sui peccati degli uomini affinché si pentano, li castiga a poco a poco e ricorda loro ciò in cui essi peccano affinché credano in lui (Sap 11, 23 - 12, 2); manifesta in tal modo di essere l’onnipotente di cui è proprio il perdonare (Sap 11, 23. 26; cfr. la colletta della domenica X dopo Pentecoste e l’Oremus delle litanie dei santi).
IL PERDONO DI DIO PER MEZZO DI CRISTO - Al pari di Israele (Lc 1, 77), Giovanni Battista attende quindi la remissione dei peccati e predica un battesimo che ne è la condizione: «Fate penitenza, altrimenti colui che viene vi battezzerà nel fuoco»; per lui questo fuoco è quello dell’ira e del giudizio, quello che consuma la pula, una volta separato il buon grano (Mt 3, 1-12). Questa prospettiva rimane quella dei discepoli di Giovanni che hanno seguito Gesù; essi vogliono far cadere il fuoco dal cielo su coloro che si chiudono alla predicazione del maestro (Lc 9, 54). E Giovanni Battista si pone un interrogativo (cfr. Lc 7, 19-23), sentendo che Gesù non soltanto invita i peccatori a convertirsi ed a credere (Mt 1, 15), ma proclama di essere venuto soltanto per guarire e perdonare.
L’annunzio del perdono - Di fatto Gesù, pur essendo venuto a gettare il fuoco sulla terra (Lc 12, 49), non è mandato dal Padre suo come giudice, ma come salvatore (Gv 3, 17 s; 12, 47).Egli chiama alla conversione tutti coloro che ne hanno bisogno (Lc 5, 32 par.) e suscita questa conversione (Lc 19, 1-10) rivelando che Dio è un Padre la cui gioia sta nel perdonare (Lc 15) e la cui volontà è che nessuno si perda (Mt 18, 12 ss). Gesù non annunzia soltanto questo perdono al quale si apre l’umile fede, mentre l’orgoglio vi si chiude (Lc 7, 47-50; 18, 9-14), ma lo esercita ed attesta mediante le sue opere che dispone di questo potere riservato a Dio (Mc 2, 5- 11 par.; cfr. Gv 5, 21).
L’aiuto ci viene da Cristo - Constitutiones Apostolor., VIII, 1, 3 s.: “Non rallegratevi però perché i demoni vi obbediscono; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti in cielo” (Lc 10,20); quando invero questo avvenga per opera sua (di Cristo), anche se con la nostra volontà ed impegno, dobbiamo esser convinti che siamo stati aiutati da lui. Non dunque è necessario che ogni fedele scacci i demoni o susciti i morti o parli le lingue, bensì colui che è fatto degno di un carisma per una causa utile in vista della salvezza degli infedeli, i quali, spesso, non per la esatta spiegazione mediante discorsi ma ad opera di segni si convertono, e quelli che precisamente sono degni di salvezza.
Il Santo del Giorno - 5 Ottobre 2024 - Sant’Anna Schaeffer:La storia della beata Anna Schaeffer (1882-1925) è il racconto di come Dio sa trasformare i progetti degli uomini. Mandando all’aria anche quelli che noi gli penseremmo più congeniali. La giovanissima Anna, bavarese, voleva andare missionaria in terre lontane.
Di umilissime origini per raccogliere la «dote» allora necessaria per entrare in convento era andata a servizio presso una famiglia benestante. Ma all’improvviso la morte del padre la costringe a rimandare quel progetto: ci sono cinque fratelli e sorelle più piccole da aiutare. «Aspetterò che diventino grandi», pensa Anna. Ma un incidente nella lavanderia dove lavora la costringe inferma in un letto. A 21 anni è l’inizio di un vero e proprio Calvario, durissimo da accettare. Ma è anche l’inizio di una serie di illuminazioni. Quel letto, a poco a poco, diventa un punto di riferimento per tante persone che vengono da lei a chiedere consiglio. La missione che pensava di vivere in terre lontane la realizza nella sua stanza. Morirà il 5 ottobre 1925. È stata proclamata beata nel 1999 e santa nel 2012. (Avvenire)
Questo sacramento di vita eterna
ci rinnovi, o Padre, nell’anima e nel corpo,
perché, annunciando la morte del tuo Figlio,
partecipiamo alla sua passione
per diventare eredi con lui nella gloria.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.