1 OTTOBRE 2024
SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO, VERGINE E DOTTORE DELLA CHIESA
Gb 3,1-3.11-17.20-23; Salmo Responsoriale dal Salmo 87 (88); Lc 9,51-56
Colletta
O Dio, che apri le porte del tuo regno agli umili e ai piccoli,
fa’ che seguiamo con fiducia
la via tracciata da santa Teresa [di Gesù Bambino],
perché, per sua intercessione, ci sia rivelata la tua gloria eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Santa Teresa del Bambino Gesù, Dottore della Chiesa: Giovanni Paolo II (Omelia, 19 Ottobre 1997): Santa Teresa di Lisieux non ha potuto frequentare una Università e neppure studi sistematici. Morì in giovane età: e tuttavia da oggi in poi sarà onorata come Dottore della Chiesa, qualificato riconoscimento che la innalza nella considerazione dell’intera comunità cristiana ben al di là di quanto possa farlo un “titolo accademico”. Quando, infatti, il Magistero proclama qualcuno Dottore della Chiesa, intende segnalare a tutti i fedeli, e in modo speciale a quanti rendono nella Chiesa il fondamentale servizio della predicazione o svolgono il delicato compito della ricerca e dell’insegnamento teologico, che la dottrina professata e proclamata da una certa persona può essere un punto di riferimento, non solo perché conforme alla verità rivelata, ma anche perché porta nuova luce sui misteri della fede, una più profonda comprensione del mistero di Cristo. Il Concilio ci ha ricordato che, sotto l’assistenza dello Spirito Santo, cresce continuamente nella Chiesa la comprensione del “depositum fidei”, e a tale processo di crescita contribuisce non solo lo studio ricco di contemplazione cui sono chiamati i teologi, né solo il Magistero dei Pastori, dotati del “carisma certo di verità”, ma anche quella “profonda intelligenza delle cose spirituali” che è data per via di esperienza, con ricchezza e diversità di doni, a quanti si lasciano guidare docilmente dallo Spirito di Dio (cfr. Dei Verbum, 8). La Lumen gentium, da parte sua, insegna che nei Santi “Dio stesso ci parla” (n. 50). È per questo che, al fine dell’approfondimento dei divini misteri, che rimangono sempre più grandi dei nostri pensieri, va attribuito speciale valore all’esperienza spirituale dei Santi, e non a caso la Chiesa sceglie unicamente tra essi quanti intende insignire del titolo di “Dottore”. Tra i “Dottori della Chiesa” Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo è la più giovane, ma il suo cammino spirituale è così maturo ed ardito, le intuizioni di fede presenti nei suoi scritti sono così vaste e profonde, da meritarle un posto tra i grandi maestri dello spirito.
I Lettura: Giobbe non riesce a comprendere perché la sofferenza lo abbia aggredito inopinatamente riducendolo a un cencio ributtante. Ha messo a nudo la sua anima e non trova nulla che possa giustificare l’agire di Dio. Maledire il giorno in cui nacque significa semplicemente che la vita che Dio gli ha dato non è buona e che avrebbe preferito non averla mai ricevuta. Desiderare la morte per Giobbe significa entrare in quel mondo dove i malvagi cessano di agitarsi, e chi è sfinito trova riposo.
Vangelo
Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.
Se Gesù andrà a Gerusalemme inevitabilmente l’odio dei Farisei si abbatterà su di lui, e lo uccideranno, i discepoli lo sanno e vogliono fermarlo, ma Gesù, come nota l’evangelista Luca, prende la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Non sarà l’amore e la benevolenza dei suoi discepoli a fermarlo, e nemmeno l’ostilità dei samaritani, o l’odio dei Farisei, l’obbedienza al Padre e l’urgenza del Vangelo hanno il primato assoluto nella sua vita. Rimproverando lo zelo violento dei discepoli che volevano incenerire il villaggio di samaritani inospitali, Gesù fa intendere a chiare lettere che per la sua Chiesa non ci sono nemici e tanto meno persone da distruggere.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9,51-56
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Parola del Signore.
Gesù è diretto a Gerusalemme, la città santa, dove si deve compire il suo destino di dolore e di gloria. L’espressione “i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto oltre i giorni dell’assunzione di Gesù” (cfr. At 1,2) ricorda anche i giorni della passione, morte e resurrezione. La frase prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme, in greco letteralmente suona “egli indurì il volto per andare a Gerusalemme”, un modo di dire semitico (cfr. Ger 21,10; Ez 6,2; 21,2) con cui l’evangelista Luca vuole sottolineare la risolutezza di Gesù nell’affrontare il suo destino di morte che lo attende a Gerusalemme: «Ho un battesimo nel quale sarò battezzato; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!» (Lc 12,50). La stessa espressione la troviamo in Isaia 50,7 quando si sottolinea la missione del Servo sofferente: «II Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso». Il percorso più rapido che dalla Galilea porta a Gerusalemme prevede l’attraversamento della regione dei Samaritani, i quali, sempre molto mal disposti verso i Giudei (cfr. Gv 4,9), si rifiutano di accogliere Gesù. Da qui l’inimmaginabile reazione degli apostoli Giacomo e Giovanni. La richiesta dei «figli del tuono» (Mc 3,17) cavalca l’onda di un messianismo terreno e ricorda 2Re 1,10-12 in cui Elia, per due volte, chiama il fuoco dal cielo per incenerire i suoi nemici. La risposta di Gesù non si fa attendere ed è molto dura: si voltò e li rimproverò. Il verbo che Luca usa è “epitimao” che significa, letteralmente, “vincere con un comando, minacciare”, usato da Gesù negli esorcismi. In questo modo il senso della richiesta e del rimprovero si fanno più chiari. In sostanza, come Satana, Giacomo e Giovanni propongono a Gesù un messianismo trionfalistico che sottende il rifiuto della croce. A questa proposta Gesù si oppone con forza. È lo stesso rimprovero che aveva mosso a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,23). Alla luce della proposta dei figli di Zebedeo, l’insegnamento di Gesù suona come monito anche per noi, spesso tanto bellicosi a tal punto da voler incendiare il mondo intero.
Fuoco - B. Renaud e X. Léon-Dufour. Nuovo Testamento: Con la venuta di Cristo sono incominciati gli ultimi *tempi, quantunque la fine dei tempi non sia ancora giunta. Anche nel NT il fuoco conserva il suo valore escatologico tradizionale, ma la realtà religiosa che esso significa si attua già nel tempo della Chiesa.
I. Prospettive escatologiche 1. Gesù. - Annunciato come il vagliatore che getta la paglia nel fuoco (Mt 3, 10) e battezza nel fuoco (3, 11 s), Gesù, pur rifiutando la funzione di giustiziere, ha mantenuto i suoi uditori nell’attesa del fuoco del giudizio, riprendendo il linguaggio classico del VT. Egli parla della «Geenna del fuoco» (5, 22), del fuoco in cui saranno gettati la zizzania improduttiva (13, 40; cfr. 7, 19) ed i sarmenti (Gv 15, 6): sarà un fuoco che non si spegne (Mc 9, 43 s), in cui «il loro verme» non muore (9, 48), vera fornace ardente (Mt 13, 42. 50). Null’altro che un’eco solenne del VT (cfr. Lc 17, 29).
2. I primi cristiani. I primi cristiani hanno conservato questo linguaggio, adattandolo a situazioni diverse. Paolo se ne serve per dipingere la fine dei tempi (2 Tess 1, 8); Giacomo descrive la ricchezza marcia, arrugginita, consegnata al fuoco distruttore (Giac 5, 3); la lettera agli Ebrei mostra la prospettiva terribile del fuoco che deve divorare i ribelli (Ebr 10, 27). Altrove è evocata la conflagrazione ultima, in vista della quale «cieli e terra sono tenuti in serbo» (2 Piet 3, 7. 12). La fede deve essere purificata in funzione di questo fuoco escatologico (1 Piet 1, 7), e così pure l’opera apostolica (1 Cor 3, 15) e l’esistenza cristiana perseguitata (1 Piet 4, 12-17). 3. L’Apocalisse conosce i due aspetti del fuoco: quello delle teofanie e quello del giudizio. Dominando la scena, il figlio dell’uomo appare con gli occhi fiammeggianti (Apoc 1, 14; 19, 12). Da un lato, ecco la teofania: è il mare di cristallo mescolato a fuoco (15, 2). Dall’altro, ecco il castigo: il lago di fuoco e di zolfo per il demonio (20, 10), il che è la seconda morte (20, 14 s).
II. Nel tempo della Chiesa - 1. Gesù ha inaugurato una nuova epoca. Non ha agito immediatamente come prevedeva Giovanni Battista, cosicché la fede di quest’ultimo ha potuto avere delle esitazioni (Mt 11, 2-6). Si è opposto ai figli del tuono che volevano far discendere il fuoco dal cielo sui Samaritani inospitali (Lc 9, 54 s). Ma se, durante la sua vita terrena, non è stato lo strumento del fuoco vendicatore, ha tuttavia realizzato a modo suo l’annunzio di Giovanni. È quanto egli proclamava in una frase di difficile interpretazione: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso! Devo ricevere un battesimo...» (Lc 12, 49 s). La morte di Gesù non è forse il suo *battesimo nello spirito e nel fuoco?
2. La Chiesa ormai vive di questo fuoco che infiamma il mondo grazie al sacrificio di Cristo. Esso ardeva nel cuore dei pellegrini di Emmaus, mentre ascoltavano il risorto parlare (Lc 24, 32). È disceso sui discepoli radunati nel giorno della Pentecoste (Atti 2, 3). Questo fuoco del cielo non è quello del giudizio, ma quello delle teofanie che realizza il battesimo di fuoco e di spirito (Atti 1, 5): il fuoco simboleggia ora lo Spirito, e, se non è detto che questo Spirito è la carità stessa, il racconto della Pentecoste mostra che esso ha la missione di trasformare coloro che devono diffondere attraverso tutte le nazioni lo stesso linguaggio, quello dello Spirito. La vita cristiana è quindi sotto il segno del fuoco cultuale, non più di quello del Sinai (Ebr 12, 18), ma di quello che consuma l’olocausto delle nostre vite in un culto accetto a Dio (12, 29). Trasponendo la gelosia divina in una consacrazione cultuale di ogni istante, questo fuoco rimane un fuoco consumante. Ma per coloro che hanno accolto il fuoco dello Spirito, la distanza tra l’uomo e Dio è superata da Dio stesso, presente nel più intimo dell’uomo; forse è questo il senso della frase enigmatica: si diventa fedeli quando si è stati «salati per mezzo del fuoco», il fuoco del giudizio e quello dello Spirito (Mc 9, 48 s). Secondo una frase attribuita a Gesù da Origene: «Chi è presso di me, è vicino al fuoco; chi è lontano da me, è lontano dal regno».
Come seguire Gesù: “E se egli rimprovera i discepoli che volevano far discendere il fuoco su coloro che non avevano voluto accogliere Cristo [cfr. Lc 9,55], questo ci indica che non sempre si devono colpire coloro che hanno peccato: spesso giova di più la clemenza, sia a te, perché fortifica la tua pazienza, sia al colpevole, perché lo spinge a correggersi. Ma il Signore agisce mirabilmente in tutte le sue opere. Egli non accoglie colui che si offre con presunzione, mentre non si adira contro coloro che, senza nessun riguardo, respingono il Signore. Egli vuole così dimostrare che la virtù perfetta non ha alcun desiderio di vendetta, che non c’è alcun posto per la collera laddove c’è la pienezza della carità, e che, infine, non bisogna respingere la debolezza ma aiutarla. L’indignazione stia lungi dalle anime pie, il desiderio della vendetta sia lontano dalle anime grandi; e altrettanto lontano stia dai sapienti l’amicizia sconsiderata e l’incauta semplicità. Perciò egli dice a quello: «Le volpi hanno tane»; il suo ossequio non è accettato perché non è trovato effettivo. Con circospezione si usi dell’ospitalità della fede, nel timore che aprendo agli infedeli l’intimità della nostra dimora si finisca col cadere, per la nostra imprevidente credulità, nella rete della cattiva fede altrui.” (Ambrogio, In Luc., 7,27s.).
Il Santo del Giorno - Santa Teresa di Lisieux. È piccola la strada che conduce al cuore di Dio e dell’umanità: Elogio di ciò che è piccolo, maestoso canto alla vita e alla fiducia smisurata che arriva all’abbandono nel cuore di Dio: tutto questo, e molto di più, è il tesoro prezioso che ci dona santa Teresa di Gesù Bambino, o di Lisieux. “Piccola” è la via che porta a Dio, appunto, nella visione spirituale di questa santa, che ha camminato nella vita lungo un percorso non sempre facile, segnato dalla fatica e dalla sofferenza fisica e spirituale. Un percorso che la condusse fino al cuore di Dio e che è l’icona dell’impresa che ogni cristiano è chiamato a compiere. Paradossalmente furono proprio gli ostacoli e le difficoltà, come viene narrato in «Storia di un’anima», che aiutarono Teresa a trovare la sua “piccola via” verso il Signore: è nelle imperfezioni della vita che è possibile cogliere con più forza l’amore del Signore. Nata nel 1873 ad Alençon in Francia, Teresa era cresciuta in una famiglia “santa” (anche i genitori, Luigi e Zelia Martin, sono stati canonizzati) e a 8 anni cominciò a frequentare la scuola presso le Benedettine di Lisieux, dove si era trasferita nel 1877, dopo la morte della madre. Pian piano crebbe il desiderio di farsi carmelitana, ma per lei non fu semplice, vista la giovane età: solo il 9 aprile 1888 entrò nel Carmelo di Lisieux. La sua ricerca spirituale sui passi della santità venne interrotto dalla tubercolosi: morì nel 1897 all’età di 24 anni. Nel 1997 è stata proclamata dottore della Chiesa. (Matteo Liut)
Il sacramento che abbiamo ricevuto, o Signore,
accenda in noi la forza di quell’amore
che spinse santa Teresa [di Gesù Bambino] ad affidarsi
interamente a te e a invocare per tutti la tua misericordia.
Per Cristo nostro Signore.