1 Maggio 2025
San Giuseppe Lavoratore - Memoria
At 5,27-33; Salmo Responsoriale Dal Salmo 33 (34); Gv 3,31-36
Colletta
O Dio, che hai chiamato l’uomo a cooperare con il lavoro
al disegno della tua creazione,
fa’ che per l’esempio e l’intercessione di san Giuseppe
siamo fedeli ai compiti che ci affidi,
e riceviamo la ricompensa che ci prometti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA - ARTICOLO 12 - «CREDO LA VITA ETERNA»: 1020 Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna. Quando la Chiesa ha pronunciato, per l’ultima volta, le parole di perdono dell’assoluzione di Cristo sul cristiano morente, l’ha segnato, per l’ultima volta, con una unzione fortificante e gli ha dato Cristo nel viatico come nutrimento per il viaggio, a lui si rivolge con queste dolci e rassicuranti parole:
« Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono; la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi. [...] Tu possa tornare al tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra. Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. [...] Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno ».
V. Il giudizio finale 1038 La risurrezione di tutti i morti, « dei giusti e degli ingiusti » (At 24,15), precederà il giudizio finale. Sarà « l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell’uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna » (Gv 5,28-29). Allora Cristo « verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli [...]. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,31-33.46).
I Lettura: Pietro dinanzi al sommo sacerdote ripercorre le vicende del Cristo senza tema di annunziare la sua risurrezione e di accusare il sinedrio di aver ucciso l’Autore della Vita. La Risurrezione di Gesù è l’evento capitale al quale tutto deve essere subordinato e orientato. A queste parole i sinedriti si infuriano e vogliono mettere a morte gli Apostoli, la Verità ha trovato ancora una volta cuori colmi di pregiudizi umani, praticamente impenetrabili.
Vangelo
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.
Per volontà del Padre, ogni cosa è in mano del Figlio, cioè tutto è in suo potere (Gv 3,35; 10,28.29; 13,3; 17,2; cfr. Gv 6,37-39; Mt 11,27; 28,18). Da qui il fondamento della sua regalità (Gv 12,13-15; 18,36-37) che egli inaugurerà il giorno della sua esaltazione (Gv 12,32; 19,19; At 2,33; Ef 4,8), quando il regno del principe di questo mondo avrà fine (Gv 12,31). Il brano evangelico è «un’esaltazione della figura di Gesù: solo colui che “viene dal cielo”, può rivelare il mistero di Dio, perché a lui il Padre ha concesso lo Spirito senza misura (i profeti dell’antica alleanza e Giovanni Battista disponevano dello Spirito di Dio, ma la pienezza della rivelazione di Dio si ebbe soltanto in Cristo, cfr. 3,16; 10,17; 15,9). L’opera di Cristo è sotto ogni aspetto l’opera di Dio perché il Padre ha rimesso tutto nella mano del Figlio. La scelta di fede nei suoi confronti genera nell’uomo “la vita eterna”, cioè la stessa vita divina; la scelta del rifiuto è, invece, radice di perdizione” (Don Antonio Schena).
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,31-36
Chi viene dall’alto, è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.
Parola del Signore.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): I verss. 31-36 costituiscono una sezione a parte che non presenta dei legami logici con quanto è stato detto precedentemente (verss. 25-30). Numerosi esegeti ritengono che in questi verss. siano contenute delle riflessioni dell’evangelista, aggiunte dopo che egli ha riferito la testimonianza del Precursore. Come si è già accennato, vari studiosi pensano che la presente sezione (verss. 31-36) vada congiunta con i verss. 16-21 e che formi con essi un unico blocco letterario. In tal modo si otterrebbe il seguente ordine di fatti: a) l’incontro di Gesù con Nicodemo (3,1-15); b) il commento dell’evangelista sul mistero dell’incarnazione (3,16-21,31-36); c) la disputa dei discepoli di Giovanni con il giudeo (3,22-30); d) la partenza di Gesù per la Galilea (4,1-4).
Non si può negare che i verss. 31-36 tocchino un argomento differente da quello sviluppato nei versetti precedenti (verss. 27-30), ma è difficile imporre dei rigidi criteri di logica ad uno scrittore come Giovanni, che ha un suo genio letterario e segue un proprio metodo personale e indipendente; egli infatti ama ripetersi ritornando su quanto ha detto, così come ama compiere delle digressioni.
Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; l’espressione indica chiaramente Gesù, colui che viene dall’alto (ἄνωθεν) e dal cielo (ἐκ τοῦ οὐρανοῦ)
Chi è dalla terra appartiene alla terra...; abbiamo tradotto fedelmente il testo greco che ripete tre volte l’espressione ἐκ τῆς γῆς (resa in italiano differentemente: dalla terra; alla terra; della terra). Gli esegeti non sono concordi nell’indicare la persona o le persone a qui alludono le parole: «chi è dalla terra». Molti ritengono che l’espressione designi il Battista, che è considerato come un semplice uomo; sembra tuttavia poco verosimile che il quarto evangelista si esprima in tal modo per indicare il Precursore, di cui riconosce la posizione privilegiata di inviato di Dio e di testimonio del Messia. Altri pensano che l’autore voglia accennare ai discepoli di Giovanni, i quali hanno mostrato di essere «della terra», perché non hanno afferrato il senso della testimonianza del loro maestro. Probabilmente l’espressione va intesa come una formula indeterminata con la quale l’evangelista designa gli uomini in generale; in tal modo si distingue nettamente l’origine celeste di Gesù e l’origine terrestre di tutti gli uomini.
Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti; la seconda parte della proposizione manca in alcuni manoscritti; alcuni critici la omettono e traducono: «Chi viene dal cielo attesta ciò che ha veduto ed ascoltato» (così traduce la Bible de Jérusalem). Altri critici, al contrario, accolgono la ripetizione «è al di sopra di tutti», perché è dello stile del quarto evangelista ripetersi ed amare le ridondanze espressive.
L’ira di Dio - Liselotte Mattern: L’Antico Testamento parla molto spesso dell’ira, poiché essa caratterizza proprio il Dio santo e ardente. L’ira non è, tuttavia, un ribollimento iracondo; è ben lontana anche da una passione o un’eccitazione. È piuttosto la reazione alla disubbidienza dell’uomo. Essa non è in contraddizione con la giustizia, ma designa il giusto giudizio di Dio. L’ira è rivolta soprattutto contro Israele. L’elezione del popolo e l’alleanza di Dio con esso non garantiscono a Israele la sicurezza della salvezza, ma lo impegnano alla fedeltà, all’alleanza e all’obbedienza. I profeti mettono continuamente in guardia dalla mormorazione contro la guida di Dio, soprattutto da una caduta nell’idolatria, dalla disubbidienza verso i comandamenti, la quale può esprimersi anche come comportamento ingiusto in campo sociale, economico e politico. Il giorno di JHWH atteso da molti israeliti come giorno di gioia si rivolterà altrimenti, come giorno dell’i., contro il proprio popolo disubbidiente. [...] Per il Nuovo Testamento l’idea dell’ira, è ovvia; essa è la definizione del futuro giudizio di Dio. Non si tratta certo del fatto che nel Nuovo Testamento al posto dell’ira, subentri un amore di Dio “a buon mercato”. Nei Vangeli, tuttavia, il concetto di ira si trova solo raramente. Secondo Giovanni Battista soltanto la conversione può ormai salvare dall’ira imminente. In bocca a Gesù la parola “ira” si trova solo nell’allusione alla distruzione di Gerusalemme in Lc21,23. Paolo invece parla molto spesso dell’ira. Anche per Paolo ira esprime il giudizio universale. Alla fine del tempo, il giorno dell’ira porta con sé il giusto giudizio su tutti i popoli. Tutta l’umanità vive nell’empietà e nell’ingiustizia e pertanto è sottoposta già oggi al giudizio che viene Soltanto la fede giustifica e può salvare il cristiano dall’incombente giudizio dell’ira e della distruzione. Secondo Gv 3,36 il non-credente sottostà all’ira, il credente invece possiede già oggi la vita. L’Apocalisse parla con colori sfavillanti della futura ira. Nel giorno della grande ira si berrà dalla coppa del vino dell’ira; sarà il giorno dell’ira dell’agnello (Ap 14,10; 6,16).
Chi crede nel Figlio ha la vita eterna - Benedetto XVI (Udienza Generale, 2 novembre 2011): L’uomo ha bisogno di eternità ed ogni altra speranza per lui è troppo breve, è troppo limitata. L’uomo è spiegabile solamente se c’è un Amore che superi ogni isolamento, anche quello della morte, in una totalità che trascenda anche lo spazio e il tempo. L’uomo è spiegabile, trova il suo senso più profondo, solamente se c’è Dio. E noi sappiamo che Dio è uscito dalla sua lontananza e si è fatto vicino, è entrato nella nostra vita e ci dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Pensiamo un momento alla scena del Calvario e riascoltiamo le parole che Gesù, dall’alto della Croce, rivolge al malfattore crocifisso alla sua destra: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43). Pensiamo ai due discepoli sulla strada di Emmaus, quando, dopo aver percorso un tratto di strada con Gesù Risorto, lo riconoscono e partono senza indugio verso Gerusalemme per annunciare la Risurrezione del Signore (cfr. Lc 24,13-35). Alla mente ritornano con rinnovata chiarezza le parole del Maestro: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no non vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”?» (Gv 14,1-2). Dio si è veramente mostrato, è diventato accessibile, ha tanto amato il mondo «da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16), e nel supremo atto di amore della Croce, immergendosi nell’abisso della morte, l’ha vinta, è risorto ed ha aperto anche a noi le porte dell’eternità. Cristo ci sostiene attraverso la notte della morte che Egli stesso ha attraversato; è il Buon Pastore, alla cui guida ci si può affidare senza alcuna paura, poiché Egli conosce bene la strada, anche attraverso l’oscurità.
Chi crede nel Figlio ... - Alberto Magno (In ev. Jo. ex p ., III): Mediante la virtù della fede formata e dell’amore che ne deriva, e tende a Lui, ha ora nella speranza e nella causa, poi nella realtà e nell’effetto, la Vita eterna; chi invece non ha fede nel Figlio, così che non tende, per mezzo della fede a Lui, che è Vita e Luce degli uomini, non vedrà la Vita, poiché vivere significa vedere la Vita per mezzo dell’intelletto, e la condanna di Dio, cioè il peccato che è la causa della condanna di Dio, incombe su di lui, schiacciandolo come un peso.
Il santo del Giorno - 1 Maggio 2025 - San Giuseppe Lavoratore - Il lavoro genera Dio nelle pieghe della storia - In un tempo in cui la visibilità, lo slogan urlato, il messaggio “di pancia” sembrano essere l’unica arma per costruire la storia, la figura di san Giuseppe lavoratore ci riporta all’umile impegno di chi fa della propria professione lo strumento più efficace per costruire la pace. A mettere al centro della liturgia odierna la figura di Giuseppe lavoratore nel 1955 fu Pio XII su richiesta delle Acli, che sentivano la necessità di coniugare la festa dei lavoratori con il messaggio cristiano. Fu così che questa ricorrenza diventò l’occasione per ricordare a tutto il mondo, che l’orizzonte ultimo di ogni opera umana, fine nelle pieghe più recondite della storia, è Dio stesso. Il lavoro, spiega papa Francesco nella Lettera apostolica «Patris Corde», è «partecipazione all’opera stessa della salvezza, occasione per affrettare l’avvento del Regno, sviluppare le proprie potenzialità e qualità, mettendole al servizio della società e della comunione». Inoltre, nota ancora il Pontefice, «il lavoro diventa occasione di realizzazione non solo per sé stessi, ma soprattutto per quel nucleo originario della società che è la famiglia». (Avvenire).
O Signore, che ci hai nutriti con il pane del cielo,
fa’ che, sull’esempio di san Giuseppe,
conserviamo nei nostri cuori
la memoria del tuo amore,
per godere il frutto della pace senza fine.
Per Cristo nostro Signore.