7 Marzo 2025
Venerdì dopo le Ceneri
Is 58,1-9a; Salmo Responsoriale Dal Salmo 50 (51); Mt 9,14-15
Colletta
Accompagna con la tua benevolenza,
Padre misericordioso,
i primi passi del nostro cammino penitenziale,
perché all’osservanza esteriore
corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano? - Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 21 Marzo 1979): Perché il digiuno? A questa domanda bisogna dare una risposta più ampia e profonda, perché diventi chiaro il rapporto tra il digiuno e la “metànoia”, cioè quella trasformazione spirituale, che avvicina l’uomo a Dio. Cercheremo quindi di concentrarci non soltanto sulla pratica dell’astensione dal cibo o dalle bevande – ciò infatti significa “il digiuno” nel senso comune – ma sul significato più profondo di questa pratica che, del resto, può e deve alle volte essere “sostituita” da qualche altra. Il cibo e le bevande sono indispensabili all’uomo per vivere, egli se ne serve e deve servirsene, tuttavia non gli è lecito abusarne sotto qualsiasi forma. La tradizionale astensione dal cibo e dalle bevande ha come fine di introdurre nell’esistenza dell’uomo non soltanto l’equilibrio necessario, ma anche il distacco da quello che si potrebbe definire “atteggiamento consumistico”. Tale atteggiamento è divenuto nei nostri tempi una delle caratteristiche della civiltà e in particolare della civiltà occidentale. L’atteggiamento consumistico! L’uomo orientato verso i beni materiali, molteplici beni materiali, molto spesso ne abusa. Non si tratta qui unicamente del cibo e delle bevande. Quando l’uomo è orientato esclusivamente verso il possesso e l’uso di beni materiali, cioè delle cose, allora anche tutta la civiltà viene misurata secondo la quantità e la qualità delle cose che è in grado di fornire all’uomo, e non si misura con il metro adeguato all’uomo. Questa civilizzazione infatti fornisce i beni materiali non soltanto perché servano all’uomo a svolgere le attività creative e utili, ma sempre di più... per soddisfare i sensi, l’eccitazione che ne deriva, il piacere momentaneo, una sempre maggiore molteplicità di sensazioni. Alle volte si sente dire che l’incremento eccessivo dei mezzi audio-visivi nei paesi ricchi non sempre giova allo sviluppo dell’intelligenza, particolarmente nei bambini; al contrario, talvolta contribuisce a frenarne lo sviluppo. Il bambino vive solo di sensazioni, cerca delle sensazioni sempre nuove... E diventa così, senza rendersene conto, schiavo di questa passione odierna. Saziandosi di sensazioni, rimane spesso intellettualmente passivo; l’intelletto non si apre alla ricerca della verità; la volontà resta vincolata dall’abitudine, alla quale non sa opporsi. Da ciò risulta che l’uomo contemporaneo deve digiunare, cioè astenersi non soltanto dal cibo o dalle bevande, ma da molti altri mezzi di consumo, di stimolazione, di soddisfazione dei sensi. Digiunare significa astenersi, rinunciare a qualcosa.
I Lettura: Il digiuno era prescritto dalla legge solo per la festa dell’espiazione (Lv 23,26-32), ma in certe epoche si sono moltiplicati i giorni di digiuno, sia per commemorare anniversari di lutto (Zc 7,1-5, Zc 8,18-19), sia per implorare la misericordia divina (Ger 36,6, Ger 36,9, Gn 3,5; cf. 1Re 21,9, 1Re 21,12).
L’oracolo di Isaia (58,1-12) reclama una interiorizzazione delle pratiche religiose secondo lo spirito dei grandi profeti (cf. Is 1,10, Am 5,21).
I versetti 5-7, È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?, costituiscono il centro dell’oracolo.
Con questo oracolo, il profeta Isaia spazza via ogni falsa interpretazione del culto da prestare a Dio. Esso non è la somma asfissiante di cerimonie, ma l’esercizio concreto della carità e della misericordia verso i fratelli più bisognosi. Il culto è sincero se rende il fedele attento alla presenza dell’altro, altrimenti è sterile ritualismo. Lo stesso insegnamento è presente nel Nuovo Testamento. Quando verrà Cristo a giudicare i vivi e i morti, il giudizio verterà appunto sulla carità: “Venite [...] ricevete in eredità il regno preparato per voi [...]. Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,34-36).
Vangelo
I farisei e i discepoli di Giovanni digiunavano per affrettare la venuta del Messia e per disporsi ad accoglierlo. I discepoli di Gesù sono convinti che il Messia è già con loro: è il tempo della festa, della gioia, non del digiuno. Gli invitati a nozze non possono essere in lutto finché lo sposo è con loro, digiuneranno quando lo Sposo sarà tolto: una chiara allusione alla croce, solo allora verrà il tempo del distacco, della passione e della prova, e si digiunerà. Ma sarà un digiuno diverso.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,14-15
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».
Parola del Signore.
Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? - Ortensio Da Spinetoli (Matteo): Come è impossibile astenersi dal cibo durante un banchetto, è difficile far digiunare i discepoli quando Gesù, sposo messianico, è ancora in mezzo a essi. I discepoli esprimeranno il loro dolore, inizieranno cioè un regime penitenziale, quando Cristo non sarà più con loro. Il digiuno diventerà come il segno del lutto che li verrà a colpire. In questa interpretazione, piuttosto parabolica, l’attenzione di Gesù rimane accentrata al digiuno materiale, cui viene data una giustificazione cristiana.
Gli annunci veterotestamentari vedono nel banchetto l’immagine dell’era messianica. Gesù assiso a tavola con i suoi amici annuncia ufficialmente l’apertura dell’era della salvezza. La sua venuta nel mondo ha posto fine alla lunga attesa e ha dato il via alle realizzazioni salutari. L’immagine dello sposo non solo serve a stringere i rapporti tra Gesù e gli uomini che egli associa a sé, ma più ancora con Jahve, lo sposo per antonomasia del popolo eletto. Gesù ne prende il posto sottolineando i rapporti intimi che lo legano all’umanità. Il raffronto tra Gesù e il Battista, vivo nei circoli giovannei, cade irreparabilmente con quest’ultima identificazione.
Gesù rivendica le sue attribuzioni, ma non manca contemporaneamente di annunciare il suo futuro destino. Nei conviti nuziali è la partenza degli ospiti che chiude la festa; qui è lo sposo che lascia improvvisamente gli amici. Anzi è tolto loro di forza. Questa anomalia fa prevedere la tragica sorte che attende il salvatore.
Dio ha amato Israele con un amore che travalica il sentimento umano facendosi provvidenza, misericordia, perdono. Dio celebrerà con il popolo di Israele nuovi ed eterni sponsali, dimenticando in questo modo il suo passato, gravido di peccati e infedeltà: «Come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5). Ciò che Dio darà a Israele, in queste nuove nozze, non saranno «più i beni materiali dell’antica alleanza [Os 2,10], ma le disposizioni interiori richieste affinché il popolo sia d’ora innanzi fedele all’alleanza. Qui abbiamo già in germe quanto sarà sviluppato da Geremia e da Ezechiele: la nuova ed eterna alleanza, la legge iscritta nel cuore, il cuore nuovo e lo Spirito nuovo [Ger 31,31-34; Ez 36,26-27]» (Bibbia di Gerusalemme).
Gesù si approprierà di questa immagine (Mt 9,15; 22,1ss; 25,1ss;) e sarà ripresa dall’apostolo Paolo nelle sue lettere (Ef 5,22; 2Cor 11,2). Il libro dell’Apocalisse si chiude con la visione del fidanzamento dell’Agnello con la sua Sposa, la nuova Gerusalemme celeste: «Vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2).
Le nozze tra l’Agnello e la Chiesa saranno celebrate alla fine dei tempi. Infatti, la Chiesa, «nel suo pellegrinare terreno, è solo la “promessa” dell’agnello: ogni tentativo, da parte della Chiesa, di vestire l’abito nuziale prima del tempo, è sacrilego. Infatti il “vestito nuziale” sta ad indicare che si celebrano le nozze. Quindi ogni volta che nel corso della storia la Chiesa veste un abito nuziale, cioè abbandona la sua condizione umile e di servizio, cerca di celebrare le nozze. E siccome l’agnello è uno sposo fedele, la Chiesa farebbe solo esperienze “prematrimoniali” con altri amanti. Si tratterebbe d’un adulterio flagrante. La fedeltà all’agnello esige la fuga della Chiesa da tutti gli amanti che la corteggiano» (José Maria González-Ruiz).
Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro - Lettera alle Famiglie 18: Parlando un giorno con i discepoli di Giovanni, Gesù accennò ad un invito a nozze e alla presenza dello sposo tra gli invitati: “Lo sposo è con loro” (Mt 9,15). Additava così il compimento nella sua persona dell’immagine di Dio-sposo, utilizzata già nell’Antico Testamento, per rivelare pienamente il mistero di Dio come mistero di Amore. Qualificandosi come “sposo”, Gesù svela dunque l’essenza di Dio e conferma il suo amore immenso per l’uomo. Ma la scelta di questa immagine getta indirettamente luce anche sulla verità profonda dell’amore sponsale. Usandola infatti per parlare di Dio, Gesù mostra quanta paternità e quanto amore di Dio si riflettano nell’amore di un uomo e di una donna che si uniscono in matrimonio. Per questo, all’inizio della sua missione, Gesù è a Cana di Galilea, per partecipare ad un banchetto di nozze, insieme con Maria e con i primi discepoli (cf. Gv 2,1-11). Egli intende così dimostrare quanto la verità della famiglia sia inscritta nella Rivelazione di Dio e nella storia della salvezza. Nell’Antico Testamento, e specialmente nei Profeti, si incontrano parole molto belle sull’amore di Dio: un amore premuroso come quello di una madre verso il suo bambino, tenero come quello dello sposo per la sposa, ma al tempo stesso altrettanto vivacemente geloso; non è anzitutto un amore che punisce, ma che perdona; un amore che si china verso l’uomo come fa il padre verso il figlio prodigo, lo solleva e lo rende partecipe della vita divina. Un amore che stupisce: una novità sconosciuta sino ad allora in tutto il mondo pagano.
19 Lo Sposo è, dunque, lo stesso Dio che si è fatto uomo. Nell’Antica Alleanza, Jahvè si presenta come lo Sposo di Israele, popolo eletto: uno Sposo tenero ed esigente, geloso e fedele. Tutti i tradimenti, le diserzioni e le idolatrie di Israele, descritte dai Profeti in modo drammatico e suggestivo, non riescono a spegnere l’amore con cui il Dio-Sposo « ama sino alla fine » (cfr Gv 13,1).
La conferma e il compimento della comunione sponsale tra Dio e il suo popolo si hanno in Cristo, nella Nuova Alleanza. Cristo ci assicura che lo Sposo è con noi (cfr Mt 9,15). È con noi tutti, è con la Chiesa. La Chiesa diventa sposa: sposa di Cristo. Questa sposa, di cui parla la Lettera agli Efesini, si fa presente in ogni battezzato ed è come una persona che si offre allo sguardo del suo Sposo: « Ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, (...) al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata » (Ef 5,25-27). L’amore, con cui lo Sposo «ha amato sino alla fine» la Chiesa, fa sì che essa sia sempre nuovamente santa nei suoi santi, anche se non cessa di essere una Chiesa di peccatori. Anche i peccatori, «i pubblicani e le prostitute», sono chiamati alla santità, come attesta Cristo stesso nel Vangelo (cfr Mt 21,31). Tutti sono chiamati a diventare Chiesa gloriosa, santa ed immacolata. « Siate santi - dice il Signore - perché io sono santo» (Lv 11,44; cfr 1Pt 1,16).
Il digiuno - Alcuni settori di particolare attenzione - Nota Pastorale CEI (n. 6 - 21 Ottobre 1994) n. 11: Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza spingerà i credenti non solo a coltivare una più grande sobrietà di vita, ma anche ad attuare un più lucido e coraggioso discernimento nei confronti delle scelte da fare in alcuni settori della vita di oggi: lo esige la fedeltà agli impegni del Battesimo. Ricordiamo, a titolo di esempio, alcuni comportamenti che possono facilmente rendere tutti, in qualche modo, schiavi del superfluo e persino complici dell’ingiustizia: - il consumo alimentare senza una giusta regola, accompagnato a volte da un intollerabile spreco di risorse; - l’uso eccessivo di bevande alcooliche e di fumo; - la ricerca incessante di cose superflue, accettando acriticamente ogni moda e ogni sollecitazione della pubblicità commerciale; - le spese abnormi che talvolta accompagnano le feste popolari e persino alcune ricorrenze religiose; - la ricerca smodata di forme di divertimento che non servono al necessario recupero psicologico e fisico, ma sono fini a se stesse e conducono ad evadere dalla realtà e dalle proprie responsabilità; - l’occupazione frenetica, che non lascia spazio al silenzio, alla riflessione e alla preghiera; - il ricorso esagerato alla televisione e agli altri mezzi di comunicazione, che può creare dipendenza, ostacolare la riflessione personale e impedisce il dialogo in famiglia. I cristiani sono chiamati dalla grazia di Cristo a comportarsi “come i figli della luce” e quindi a non partecipare “alle opere infruttuose delle tenebre” (Ef 5,8.11). Così, praticando un giusto "digiuno" in questi e in altri settori della vita personale e sociale, i cristiani non solo si fanno solidali con quanti, anche non cristiani, tengono in grande considerazione la sobrietà di vita come componente essenziale dell’esistenza morale, ma anche offrono una preziosa testimonianza di fede circa i veri valori della vita umana, favorendo la nostalgia e la ricerca di quella spiritualità di cui ogni persona ha grande bisogno.
Digiuno incompleto - Girolamo, Epist., 22, 37: Se digiuni due giorni, non ti credere per questo migliore di chi non ha digiunato. Tu digiuni e magari t’arrabbi; un altro mangia, ma forse pratica la dolcezza; tu sfoghi la tensione dello spirito e la fame dello stomaco altercando; lui, al contrario, si nutre con moderazione e rende grazie a Dio. Perciò Isaia esclama ogni giorno: Non è questo il digiuno che io ho scelto, dice il Signore (Is 58,5), e ancora: “Nei giorni di digiuno si scoprono le vostre pretese; voi tormentate i dipendenti, digiunate fra processi e litigi, e prendete a pugni il debole: che vi serve digiunare in mio onore?” (Is 58,3-4). Che razza di digiuno vuoi che sia quello che lascia persistere immutata l’ira, non dico un’intera notte, ma un intero ciclo lunare e di più? Quando rifletti su te stessa, non fondare la tua gloria sulla caduta altrui, ma sul valore stesso della tua azione.
Il Santo del Giorno - 7 Marzo 2025 - Perpetua e Felicita. Quell’antico coraggio, profezia per l’oggi: «Fummo condotti in carcere, ed ero spaventata, perché non avevo mai avuto a che fare con una simile oscurità. Un giorno sinistro. Calore intenso a causa dell’affollamento, estorsioni da parte dei soldati. A tormentarmi era però la preoccupazione per la sorte del mio bambino»: con queste parole la giovane Tibia Perpetua, martire del III secolo, ci descrive la terribile esperienza della prigionia. Il suo diario – contenuto nella Passione di Perpetua e Felicita, opera di Tertulliano – è un documento straordinario e prezioso che ci racconta la vicenda di una giovane donna di buona famiglia, arrestata nel 203 all’età di 22 anni circa, al tempo dell’imperatore Settimio Severo, a Cartagine a causa della sua fede e poi condannata a essere sbranata dalle belve assieme a un gruppo di cristiani. Perpetua è una madre di un piccolo che ancora allatta e con gli occhi di donna racconta quelle sofferenze, condivise con la più giovane Felicita, figlia di suoi servi, che è incinta. Con loro ci sono anche Saturnino, Revocato e Secondulo che non sono ancora stati battezzati e il martirio diventerà il loro Battesimo. «Capii che non dovevo combattere con le fiere, ma contro il demonio – scrive santa Perpetua nel suo diario –. Però sapevo che mia sarebbe stata la vittoria». Una vittoria che è per i cristiani di tutti i tempi, specie quelli perseguitati, un vero incoraggiamento. (Avvenire)
Dio misericordioso,
il tuo popolo ti renda continuamente grazie
per le tue grandi opere,
e ripercorra nel suo pellegrinaggio le vie della penitenza,
per giungere alla contemplazione del tuo volto.
Per Cristo nostro Signore.