21 Novembre 2024
PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Ap 5,1-10; Salmo Responsoriale Dal Salmo 149; Lc 19,41-44
Colletta
Nella gloriosa memoria della santissima Vergine Maria
concedi anche a noi, o Signore, per sua intercessione,
di partecipare alla pienezza della tua grazia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
L’Agnello immolato: Benedetto XVI (Udienza Generale, 12 settembre 2012): ... dopo l’appello insistente di Cristo che, nella prima parte dell’Apocalisse, ben sette volte ha detto: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alla Chiesa» (cfr. Ap 2,7.11,17.29; 3,6.13.22), l’assemblea viene invitata a salire in Cielo per guardare la realtà con gli occhi di Dio; e qui ritroviamo tre simboli, punti di riferimento da cui partire per leggere la storia: il trono di Dio, l’Agnello e il libro (cfr. Ap 4,1-5.14). Primo simbolo è il trono, sul quale sta seduto un personaggio che Giovanni non descrive, perché supera qualsiasi rappresentazione umana; può solo accennare al senso di bellezza e gioia che prova trovandosi davanti a Lui. Questo personaggio misterioso è Dio, Dio onnipotente che non è rimasto chiuso nel suo Cielo, ma si è fatto vicino all’uomo, entrando in alleanza con lui; Dio che fa sentire nella storia, in modo misterioso ma reale, la sua voce simboleggiata dai lampi e dai tuoni. Vi sono vari elementi che appaiono attorno al trono di Dio, come i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi, che rendono lode incessantemente all’unico Signore della storia. Primo simbolo, quindi, il trono. Secondo simbolo è il libro, che contiene il piano di Dio sugli avvenimenti e sugli uomini; è chiuso ermeticamente da sette sigilli e nessuno è in grado di leggerlo. Di fronte a questa incapacità dell’uomo di scrutare il progetto di Dio, Giovanni sente una profonda tristezza che lo porta al pianto. Ma c’è un rimedio allo smarrimento dell’uomo di fronte al mistero della storia: qualcuno è in grado di aprire il libro e di illuminarlo. E qui appare il terzo simbolo: Cristo, l’Agnello immolato nel Sacrificio della Croce, ma che è in piedi, segno della sua Risurrezione. Ed è proprio l’Agnello, il Cristo morto e risorto, che progressivamente apre i sigilli e svela il piano di Dio, il senso profondo della storia. Che cosa dicono questi simboli? Essi ci ricordano qual è la strada per saper leggere i fatti della storia e della nostra stessa vita. Alzando lo sguardo al Cielo di Dio, nel rapporto costante con Cristo, aprendo a Lui il nostro cuore e la nostra mente nella preghiera personale e comunitaria, noi impariamo a vedere le cose in modo nuovo e a coglierne il senso più vero. La preghiera è come una finestra aperta che ci permette di tenere lo sguardo rivolto verso Dio, non solo per ricordarci la meta verso cui siamo diretti, ma anche per lasciare che la volontà di Dio illumini il nostro cammino terreno e ci aiuti a viverlo con intensità e impegno.
Prima Lettura: Dopo la grandiosa visione del trono di Dio (cfr. Ap 4,1-11), ecco la visione dell’Agnello morto e risorto. Le due visioni sono strettamente collegate e complementari. Il profeta vede un Agnello come immolato, è il Crocifisso, e nel contempo in piedi, è il Risorto, con sette corna che significano la pienezza della forza e con sette occhi che si identificano con i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra e significano la divina onniscienza. Qui si celebra la redenzione operata dall’Agnello, ha riscattato per Dio, con il suo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione. L’agnello prende da Colui che sedeva sul trono il libro sigillato, le cui pagine contengono piano salvifico di Dio sul mondo, che, prima della venuta di Cristo era sconosciuto. Ora è giunto il tempo, l’agnello realizza questo piano e lo rende noto.
Vangelo
Se avessi compreso quello che porta alla pace!
Questo oracolo completamente intessuto di reminiscenze bibliche lo si trova soltanto nel Vangelo di Luca. Richiama la rovina di Gerusalemme del 587 (o 586?) a.C. e molto più quella del 70 d.C., “di cui peraltro non descrive nessuno dei tratti caratteristici. Da questo testo non si può dunque concludere che essa fosse già avvenuta [cf. Lc 17,22+, Lc 21,20+]” (Bibbia di Gerusalemme). La colpa del popolo d’Israele è di non aver compreso di essere stato “visitato” da Dio nella “pienezza dei tempi”, attraverso il suo unigenito Figlio. Rifiutando Gesù che porta la pace, Gerusalemme, la città santa, non potrà trovare pace e sarà vittima di spaventose devastazioni che porteranno al popolo lutti, sofferenze e dolori.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,41-44
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Parola del Signore.
Bruno Maggioni (Il racconto di Luca): Gesù piange su Gerusalemme: il verbo greco klaio dice un pianto vero, che si vede e si sente, fatto di lacrime.
La città è cieca e non ha afferrato la grande occasione: la «via per la pace» le è rimasta nascosta. Non un nascondimento permanente, ma per un tempo determinato (il verbo è all’aoristo).
La forma passiva non attribuisce a Dio la colpa della cecità. Significa piuttosto che si tratta di una cecità inevitabile, di fronte alla quale Gesù non uò nulla. Ha fatto miracoli, ma è impotente di fronte a coloro che decidono di rifiutarlo. Il suo pianto esprime impotenza, sconfitta e delusione, ma anche amore e preoccupazione. Egli sa che verrà il castigo che gli darà ragione. Ma come tutti i veri profeti, preferirebbe che non si avverasse.
Non è lieto che venga punita la città che lo rifiuta. Ne prova solo dolore, e piange.
Rifiutare Gesù è rifiutare la «visita» di Dio, la grande occasione che occorre afferrare. Questa occasione è indicata come «la via della pace» (19,42), tutto il contrario di quello che poi accadrà. Rifiutare Gesù è rifiutare la pace, parola che nella Bibbia assume sempre un significato globale, comprendent tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno.
Non è spiegato esplicitamente perché la città lo rifiuta. Ma Gesù lo ha già detto in più occasioni. La città aspettava una visita folgorante, invece il Signore è arrivato umilmente.
Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa - Giovanni Nicolini: Per cogliere qualche scintilla luminosa dalla meraviglia di questo piccolo episodio che il solo Luca ricorda, ho pensato al pianto di Dio. Penso al suo venire nella carne e nella condizione dell’umanità, pienamente: Gesù! E penso a come tutto l’umano, visitato da Dio nella persona di Gesù in questo e per questo venga illuminato e svelato. Penso alla partecipazione assoluta di Dio al pianto della storia. Penso come il nostro piangere sia infinitamente meno profondo, meno consapevole, meno doloroso. Penso a come non si possa trovare nessun uomo e nessuna donna al mondo più “umano” del Figlio di Dio. Penso a come ogni pianto sia visitato, sia in certo modo “giudicato”, e sia “assunto” da Dio nel mistero del suo Figlio in mezzo a noi, tra noi e in noi. Questo pianto lo coinvolge direttamente e assolutamente perché è dovuto al non avere Gerusalemme “compreso quello che porta alla pace” [ver. 42]. Alla lettera, l’espressione sarebbe “le cose verso la pace”. Questo “movimento “ verso la pace ci dice che il cammino in essa e verso essa è infinito, perché Lui stesso, Gesù, è la pace! E la pace non è una “situazione”, ma piuttosto un’ “azione”. La pace è “fare la pace” - o riceverla! - incessantemente. Farla crescere in noi, tra noi e con tutti. La pace è la pienezza della carità. Siamo ben lontani da una pace intesa miseramente - anche se è già molto! - come “non guerra”. Ebbene, il Vangelo di Gesù, il Vangelo che è Gesù, è la pace. “Comprendere” la pace è accogliere e camminare nella via del Vangelo. Non riconoscere “il tempo in cui sei stata visitata” - alla lettera “il tempo della tua visita”, “tempus visitationis tuae” - diventa il “giudizio” divino sulla storia umana. La “conversione” è sempre, per ciascuno e per tutti, riconoscere che Gesù è “la visita” di Dio alla nostra povera condizione, che attende la salvezza. Ma Gesù è venuto a Gerusalemme per offrire la sua vita: così si apre la via della pace. La sua Pasqua entra nell’abisso della storia umana e ne condivide pienamente il dramma. Per questo Egli è anche la via della risurrezione e della vita nuova.
Se avessi compreso quello che porta alla pace!: Paolo VI (Tratto dal Discorso all’ONU, 4 Ottobre 1965): ... non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità! ... E voi sapete che la pace non si costruisce soltanto con la politica e con l’equilibrio delle forze e degli interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere della pace. Voi già lavorate in questo senso. Ma voi siete ancora in principio: arriverà mai il mondo a cambiare la mentalità particolaristica e bellicosa, che finora ha tessuto tanta parte della sua storia? È difficile prevedere; ma è facile affermare che alla nuova storia, quella pacifica, quella veramente e pienamente umana, quella che Dio ha promesso agli uomini di buona volontà, bisogna risolutamente incamminarsi; e le vie sono già segnate davanti a voi; e la prima è quella del disarmo. Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli. Finché l’uomo rimane l’essere debole e volubile e anche cattivo, quale spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo; ma voi, coraggiosi e valenti quali siete, state studiando come garantire la sicurezza della vita internazionale senza ricorso alle armi: questo è nobilissimo scopo, questo i Popoli attendono da voi, questo si deve ottenere! Cresca la fiducia unanime in questa Istituzione, cresca la sua autorità; e lo scopo, è sperabile, sarà raggiunto. Ve ne saranno riconoscenti le popolazioni, sollevate dalle pesanti spese degli armamenti, e liberate dall’incubo della guerra sempre imminente, il quale deforma la loro psicologia. Noi godiamo di sapere che molti di voi hanno considerato con favore il Nostro invito, lanciato a tutti gli Stati per la causa della pace, a Bombay, nello scorso dicembre, di devolvere a beneficio dei Paesi in via di sviluppo una parte almeno delle economie, che si possono realizzare con la riduzione degli armamenti. Noi rinnoviamo qui tale invito, fidando nel vostro sentimento di umanità e di generosità.
Antonio da Padova: Sermones (X domenica dopo Pentecoste): In quel giorno periranno tutti i loro pensieri, simboleggiati dalle pietre ... Quando il perverso, a pensiero perverso ne aggiunge un altro più perverso, appresta come una pietra sopra un’altra pietra. Ma tale costruzione di pensieri viene abbattuta quando l’anima è trascinata al castigo; e questo avviene perché essa non seppe riconoscere il tempo nel quale era stata visitata (Lc. 19,44). Infatti Dio visita l’anima perversa a volte con un comando, a volte con una sofferenza, a volte con un miracolo. Ma siccome essa è superba e sprezzante, e non arrossisce dei propri mali, viene alla fine consegnata ai nemici, ai demoni, coi quali rimarrà legata, unita con loro nella dannazione dell’eterno giudizio.
Il Santo del Giorno - 21 Novembre 2024 - Presentazione della Beata Vergine Maria. Solo immersi nella vita di Dio saremo frammento d’infinito amore: Il nostro cuore è destinato a prendere dimora lì dove abita Dio. E così che l’intera nostra esistenza s’immerge nella vita divina e ne diviene un segno concreto, giorno per giorno, nei piccoli grandi gesti della quotidianità. E ci sono persone in questo mondo, che hanno il compito proprio di ricordarci questa nostra “appartenenza” a Dio. E non si tratta di una “proprietà” ma del riconoscimento di un’identità: prima capiremo che siamo un raggio d’Infinito nella storia, prima diventeremo santi, ovvero frammento visibile di quell’Infinito. Ecco il senso della ricorrenza liturgica di oggi. Il ricordo della presentazione al tempio di Maria, come spiega anche il Messale Romano, è una tradizione attestata dal protovangelo di Giacomo e non si trova quindi tra i racconti evangelici. La celebrazione liturgica, comunque, risale al VI secolo in Oriente e al XIV secolo in Occidente: papa Gregorio XI la introdusse ad Avignone mentre Sisto V nel 1585 la rese obbligatoria per tutta la Chiesa. Si tratta di una celebrazione che porta con sé un messaggio fondamentale: la vocazione di ogni essere umano trova compimento solo nel momento in cui ci si pone sotto la luce di Dio. E l’intera esistenza di Maria si svolse in questo orizzonte, testimoniando così la strada che porta all’autentica santità, a una vita pienamente realizzata in grado di portare luce a tutto il mondo.
O Signore, Dio nostro,
che ci hai resi partecipi del cibo spirituale,
fa’ che, imitando assiduamente la beata Vergine Maria,
ci dedichiamo sempre al servizio della Chiesa
e sperimentiamo la gioia di esserti fedeli.Per Cristo nostro Signore.