3 MAGGIO 2024
 
SANTI FILIPPO E GIACOMO APOSTOLI - FESTA
 
1Cor 15,1-8a; Salmo Responsoriale dal Salmo 18 (19); Gv 14,6-14
 
Colletta
O Dio, che ogni anno ci rallegri
con la festa degli apostoli Filippo e Giacomo,
per le loro preghiere concedi a noi
di partecipare al mistero della morte e risurrezione
del tuo Figlio unigenito,
per giungere alla visione eterna del tuo volto.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo della Chiesa Cattolica 516 Tutta la vita di Cristo è rivelazione del Padre: le sue parole e le sue azioni, i suoi silenzi e le sue sofferenze, il suo modo di essere e di parlare. Gesù può dire: «Chi vede me, vede il Padre» (Cv 14,9), e il Padre: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo» (Lc 9,35). Poiché il nostro Signore si è fatto uomo per compiere la volontà del Padre, i più piccoli tratti dei suoi misteri ci manifestano l’amore di Dio per noi.
2614 Quando Gesù confida apertamente ai suoi discepoli il mistero della preghiera al Padre, svela ad essi quale dovrà essere la loro preghiera, e la nostra, allorquando egli, nella sua umanità glorificata, sarà tornato presso il Padre. La novità, attualmente, è di «chiedere nel suo nome ». La fede in lui introduce i discepoli nella conoscenza del Padre, perché Gesù è « la via, la verità e la vita» (Cv 14,6). La fede porta il suo frutto nell’amore: osservare la sua parola, i suoi comandamenti, dimorare con lui nel Padre, che in lui ci ama fino a prendere dimora in noi. In questa nuova Alleanza, la certezza di essere esauditi nelle nostre suppliche è fondata sulla preghiera di Gesù.
2466 In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. Pieno di grazia e di verità, egli è la «luce del mondo» (Gv 8,12), egli è la verità. Chiunque crede in lui non rimane nelle tenebre. Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi e che santifica. Seguire Gesù è vivere dello Spirito di verità che il Padre manda nel suo nome e che guida «alla verità tutta intera» (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l’amore incondizionato dclla verità: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,37).
 
I Lettura: Paolo annuncia alla comunità di Corinto la “morte e risurrezione” di Gesù e le “apparizioni” di Gesù risorto prima a Pietro, poi agli Apostoli, e infine a più di cinquecento fratelli. Il termine apparizione viene usato in senso “fisico-materiale”, e così fanno gli Evangelisti: Gesù risorto non è un fantasma! (Lc 24,35-48). “Apparve” innanzi tutto a Pietro in quanto fu il primo a visitare la tomba vuota e a comprendere che il Cristo era risorto, compiendo in questo modo le Scritture.
 
Vangelo
Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?
 
Chi ha visto me, ha visto il Padre: Gesù è la rivelazione perfetta e personale del Padre, ma tale rivelazione può essere intellegibile solo con la fede. Proprio per questo la risposta di Gesù inizia con queste parole: Non credi?, e un po’ più avanti, rivolgendosi a tutti gli Apostoli, dirà: Credete in me. Questa ineffabile verità la si può applicare anche ai credenti, essi, infatti, sono inabitati dalla santissima Trinità, e chi crede nel Figlio compirà le opere che Egli compie e ne compirà di più grandi.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,6-14

In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».
 
Io sono la via…, alla perplessità di Tommaso, Gesù si proclama la via, cioè l’unico mediatore per giungere al Padre. Non si può incontrare Dio e vivere in comunione con lui se non per mezzo di Gesù, in quanto è il Rivelatore definitivo che dona la vita per la salvezza del mondo.
Io sono via, la verità e la vita. Queste parole hanno valore epesegetico: come ci suggerisce Ignace de la Potterie il senso della dichiarazione di Gesù è «Io sono la via, perché sono la verità e quindi anche la vita». Gesù è la via, «cioè il mediatore verso il Padre, perché ne è la rivelazione totale, l’epifania del suo amore salvifico [aletheia = verità]», ed è la vita in quanto «comunica ai credenti la vita stessa del Padre, di cui è in pieno possesso» (A. Poppi).
Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio... Tommaso, l’apostolo incredulo (Gv 20,27), dice di non conoscere la via della verità e della vita pur avendola davanti. I sensi sono inutili, occorre mettere in campo la fede: bisogna «conoscere che Gesù è l’Unigenito del Padre per riconoscere che Dio è il Padre che ci ama [Gv 3,14]» (Bibbia di Gerusalemme).
Allo stupore segue la rivelazione: “Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me”. Gesù e il Padre sono una «cosa sola» (Gv 10,30).
Chi vede Gesù vede il Padre. È il vedere della fede, non della visione. Ma è bene inteso, come affermano i vangeli, che il Padre e il Figlio sono due persone distinte. Il Padre e il Figlio, pur vivendo l’uno nell’altro, sono due Persone distinte e quindi non vanno confuse. Gesù è pertanto vero Uomo e vero Dio. Un’affermazione che aveva precedentemente provocato un tentativo di lapidazione, perché considerata blasfema dai Giudei (Cf. Gv 10,30-31).
Gesù, rivelandosi e rivelando il Padre, chiede ai suoi Apostoli un supplemento di fede che può essere rinforzata dalla memoria delle opere da lui compiute. È un invito a leggere la vita del Maestro alla luce della fede, una lettura però attualmente ardua perché non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo: il «Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). Solo quando riceveranno lo Spirito Santo comprenderanno la personalità misteriosa del Cristo: come egli ha compiuto le Scritture (Cf. Gv 5,39), quale sia il senso delle sue parole e dei suoi insegnamenti (Cf. Gv 2,19), dei suoi atti, dei suoi «segni», delle sue opere (Cf. Gv 14,16; 16,13; 1Gv 2,20s), della sua passione, morte e risurrezione (Cf. Lc 24,25-26).
Chi crede in me, anch’egli compirà le opere... Non si intenda che il discepolo sarà più grande del Maestro. Queste opere grandi sono il molto frutto che i discepoli porteranno restando uniti a Gesù: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Solo la fede in Gesù, e la comunione con lui, donerà al discepolo di partecipare al suo potere di rimettere i peccati e di dare la vera vita attraverso l’opera dello Spirito Santo.
 
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio … - La Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Prima di lasciare questo mondo, il Signore promette agli apostoli che li renderà partecipi dei propri poteri, affinché la salvezza di Dio possa manifestarsi per mezzo loro. Le opere che attueranno sono i miracoli compiuti nel nome di Gesù Cristo (cfr Al 3,1-10; 5,15-16; e altri luoghi), ma soprattutto la conversione degli uomini alla fede cristiana e la loro santificazione, mediante la predicazione e l’amministrazione dei sacramenti. Tali opere si possono ritenere più grandi di quelle compiute da Gesù in quanto che, grazie al ministero degli apostoli, il vangelo sarà predicato non solo in tutta la Palestina, ma si diffonderà fino agli estremi confini della terra; e tuttavia, questa singolare efficacia della parola apostolica deriva da Gesù Cristo asce o al Padre: dopo essere passato attraverso l’umiliazione della Croce, Gesù è stato reso glorioso e dal cielo manifesta la sua potenza agendo per mezzo degli apostoli.
Il potere degli apostoli promana, dunque, da Cristo glorificato. II Signore esprime questa realtà con le parole: «Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò ...». «Non potrà essere più grande di me chi crede in me, ma allora sarò io che farò cose più grandi di quanto ho fatto ora. Per mezzo di chi crede in me, farò cose più grandi di quelle che ho fatto da me senza di lui» (In Ioannis Evang. tractatus, 72, I).
Gesù Cristo è nostro intercessore in cielo, e pertanto ci promette che qualunque cosa chiederemo nel nome suo, egli la farà. Chiedere nel nome suo (cfr Gv 15,7.16; 16,23-24) significa fare appello al potere di Cristo risorto, credendo che egli è onnipotente e misericordioso perché è vero Dio; così come significa impetrare ciò che giova ai fini della nostra salvezza, perché Cristo Gesù è il nostro Salvatore. Pertanto le parole “qualunque cosa chiederete” sottintendono che l’oggetto delle petizioni debba essere il bene di colui che chiede.
Quando il Signore non ci concede quello che gli chiediamo vuol dire che ciò non è congruo alla nostra salvezza. Di maniera che Cristo si rivela sempre Salvatore, sia che ci neghi le cose che gli chiediamo sia che ce le conceda.
 
E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò - Giuseppe Segalla (Giovanni): La preghiera «nel nome di Gesù », rivolta al Padre (v. 13) e a lui (v. 14) sarà esaudita. «Nel mio nome» non indica solo la mediazione di Gesù richiesta nella preghiera (come abitualmente nella liturgia), ma anche come una unione di vita con lui. Il Brown distingue quattro modi di esprimere preghiera «nel nome di Gesù» (II,634): 1) la preghiera è rivolta a Gesù ed egli farà ciò che gli si chiede (14,14); 2) la preghiera è rivolta al Padre (14,13; 15,16; 16,23) ed egli farà o darà; 3) si parla della domanda senza menzionare colui cui si domanda; dal contesto però risulta essere il Padre (15,7; 16,24.26); 4) nella 1Gv manca «nel nome di Gesù» (3,21-22; 5,14-15).
Nei sinottici troviamo affermazioni simili sulla preghiera (Mt 7,7-8; Lc 11,9-10; Mt 21,22), ma c’è solo un testo in cui è in relazione indiretta a «nel mio nome» (Mt 18,19-20; cfr papiro 1 di Ossirinco, n. 5). Se la preghiera «nel nome di Gesù» viene esaudita, il Padre viene glorificato nel Figlio: la salvezza viene dal Padre mediante il Figlio. Egli è la via.
 
Ugo di S. Caro (Postillae super ev. Jo., XIV): … chi vede Me, vede anche il Padre: cioè, chi vede e conosce la mia sostanza, vede anche la sostanza del Padre, col che ci fa capire che è consostanziale al Padre ... Filippo qui chiede di conoscere non la sapienza o la potenza o la bontà del Padre, che già conosceva mediante le Scritture e mediante le creature, ma la stessa sostanza del Padre. È a questa richiesta che risponde Cristo con le sue parole.
 
Il Santo del giorno: 3 Maggio 2022 - Santi Filippo e Giacomo, Apostoli. Dove s’incontra il volto di Dio? In quello di Cristo e di chi crede in lui - Dove s’incontra il volto di Dio nella storia? Prima di tutto in quello di Gesù, nella sua storia, nella sua vicenda umana e nella sua risurrezione. E poi nel volto della Chiesa, nella testimonianza di coloro che credono nel Risorto perché l’hanno incontrato e quindi con la loro vita possono portare il mondo da lui. A ricordarci queste due dimensioni fondamentali della vita di fede di ogni battezzato e di tutta la Chiesa oggi sono i santi Filippo e Giacomo, apostoli e pilastri della nascente comunità cristiana nei primi anni dopo la risurrezione di Cristo. Filippo era originario di Betsaida e fu discepolo del Battista, divenendo uno dei primi discepoli di Gesù: secondo la tradizione evangelizzò poi gli Sciti e i Parti. Durante l’ultima cena Gesù lo apostrofa, ricordandogli che chi vede lui vede il Padre. Giacomo, detto il Minore, potrebbe essere stato un parente di Gesù – forse era il cugino – e divenne guida della Chiesa di Gerusalemme alla morte di Giacomo il Maggiore. Ebbe un ruolo fondamentale nel Concilio di Gerusalemme e scrisse la prima delle lettere cattoliche del Nuovo Testamento, soffermandosi sui modi di esprimere la fede cristiana e sui suoi frutti. Secondo lo storico Giuseppe Flavio sarebbe stato lapidato tra il 62 e il 66. I due santi vengono ricordati lo stesso giorno perché le loro reliquie vennero poste assieme nella chiesa dei Dodici Apostoli a Roma. (Avvenire)
 
Per questi santi doni che abbiamo ricevuto,
purifica, o Padre, i nostri cuori
perché, in unione con gli apostoli Filippo e Giacomo,
contempliamo te nel tuo Figlio
e possiamo giungere alla vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.