29 Maggio 2025
 
GIOVEDÌ DELLA VI SETTIMANA DI PASQUA
 
At 18,1-8; Salmo Responsoriale dal Salmo 97 (98); Gv 16,16-20
 
Colletta
O Dio, che hai reso il tuo popolo
partecipe della redenzione,
fa’ che esulti in eterno
per la risurrezione del Signore.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
 
La santità cristiana - Catechismo della Chiesa Cattolica 2013 « Tutti i fedeli di qualsiasi stato a grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità ». Tutti sono chiamati alla santità: « Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48): « Per raggiungere questa perfezione, i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura del dono di Cristo, affinché [ ... ], in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con lutto il loro animo si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà apportando frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato, nella storia della Chiesa, dalla vita di tanti santi ».
2014 Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo.
Questa unione si chiama « mistica », perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti - « i santi misteri» - e, in lui, al mistero della Santissima Trinità. Dio chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali a segni straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere manifesto il dono gratuito fatto a tutti.
2015 Il cammino della perfezione passa attraverso la croce. Non c’è santità senza rinuncia e senza combattimento spirituale. Il progresso spirituale comporta l’ascesi e la mortificazione, che gradatamente conducono a vivere nella pace e nella gioia delle beatitudini: « Colui che sale non cessa mai di andare di inizio in inizio; non si è mai finito di incominciare. Mai colui che sale cessa di desiderare ciò che già conosce».
 
I Lettura: Paolo è dedito tutto alla Parola, ma non si esenta dal lavoro, così come insegnerà ai cristiani di Tessalonica: Chi non vuol lavorare neppure mangi (2Ts 3,6-12). Aquila, Priscilla, Sila Timòteo sono compagni di Paolo nella inesausta missione apostolica la quale apre varchi in ogni direzione, così Crispo, capo della sinagoga di Corinto, si converte insieme a tutta la sua famiglia, e molti dei Còrinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare. Nonostante patenti persecuzioni la penetrazione capillare della Parola, in tutti gli strati della società, politica, sociale e religiosa, si fa sempre più profonda.
 
Vangelo
Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
 
Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete: la misteriosa frase di Gesù può essere codificata così: un poco e non mi vedrete, i giorni della passione sono vicini e Gesù morirà crocifisso e sarà sepolto, la morte e la sepoltura veleranno la sua presenza agli occhi dei discepoli, ma per poco; un poco e mi vedrete, dopo tre giorni Gesù risorgerà, apparirà ai suoi discepoli, e starà in mezzo a loro. Il mondo si rallegrerà della sua morte, i discepoli saranno nella tristezza, gemeranno e piangeranno, ma ben presto, dopo tre giorni, la loro tristezza si cambierà in gioia: dolore della passione, gioia di rivedere Gesù resuscitato (cfr. Gv 20,20).
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 16,16-20
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».

Parola del Signore.
 
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 16 Ancora un po’ e non mi vedrete ed un po’ ancora e mi rivedrete; alcuni codici aggiungono: «perché vado al Padre» (Volgata: quia vado ad Patrem); l’aggiunta, che appesantisce e rende oscuro il testo, è dovuta alle parole «vado al Padre», che si leggono al termine del vers. seguente. Cristo in precedenza aveva consolato i discepoli, assicurandoli che andando al Padre avrebbe inviato loro il Paraclito (vers. 7); ora li solleva dalla tristezza promettendo loro che la sua assenza sarà breve e che presto essi lo rivedranno. Con queste parole intenzionalmente enigmatiche Cristo annunzia la sua andata ed il suo ritorno, cioè la sua morte e la sua risurrezione. Il testo di Giov., 16, 16-24 è parallelo a Giov., 14, 18-21. Da notare che in Giov., 14, 19 Gesù, dopo un breve periodo, è invisibile per il mondo ed è visibile per i discepoli; nel presente vers. invece Cristo, dopo un breve periodo, è invisibile ai discepoli e dopo un secondo breve periodo è visibile a loro.
17 Che cosa ci dice...?; i discepoli non comprendono le parole misteriose del Maestro; la loro incomprensione non si porta tanto sul senso immediato delle parole quanto invece sul contenuto di esse, cioè: i discepoli non intendono il significato che ha per loro l’andata di Cristo al Padre; l’incomprensione quindi riguarda l’aspetto teologico della dichiarazione di Cristo. Come Gesù può affermare che i suoi lo rivedranno quando invece dice di sé che va al Padre?
18 Non sappiamo ciò che vuol dire; la presentazione letteraria è assai movimentata; i discepoli si domandano reciprocamente che cosa significa la dichiarazione di Cristo ed alla fine confessano con estremo candore: «Non sappiamo ciò che vuol dire».
19 Gesù, conoscendo che volevano interrogarlo...; Giovanni ama sottolineare che Cristo ha una conoscenza soprannaturale degli uomini e dei fatti (cf. 1, 48; 2, 24-25; 4, 17-19, 29; 6, 61, 64, 71; 13, 1, 11, 27, 28; 16, 30; 18, 4; 21, 17).
20 In verità... vi dico; il Salvatore non risponde direttamente alla domanda dei discepoli; egli invece li esorta ad aver fiducia perché saranno duramente provati, ma il loro dolore si muterà in gioia, cioè alla prova seguirà la consolazione. Voi piangerete e farete lamenti, ma il mondo si rallegrerà; in termini velati Gesù allude alla sua imminente passione: i discepoli durante la passione e morte del Maestro si troveranno nel dolore; i nemici di Cristo invece (i giudei) saranno nella gioia, perché ormai credono di averlo definitivamente vinto; cf. Apocalisse, 11, 10. Quest’allusione tuttavia non esaurisce l’intero significato delle parole di Gesù, le quali in pari tempo prospettano una situazione che è ricorrente nella storia: da una parte i credenti addolorati e tristi per un’assenza apparente di Cristo, e dall’altra il mondo non credente che si rallegra e gioisce per questa stessa assenza che essi giudicano reale.
 
Gioia nelle tribolazioni - Giuseppe Barbaglio (Gioia in Schede Bibliche Pastorali - Vol IV): Già in At 5,41 leggiamo che gli apostoli, denunciati al sinedrio, gioirono per gli oltraggi subiti a causa di Cristo. Si noti bene: nessuna perversione masochistica, cioè nessun amore per la sofferenza in quanto tale, ma adesione così totale al Signore e alla causa del suo vangelo da pagare con gioia ogni prezzo richiesto (cf. anche At 13,52).
Però è soprattutto Paolo che nel NT ha abbinato paradossalmente gioia e sofferenza. Rievocando l’evangelizzazione di Tessalonica, ricorda come i credenti della comunità macedone avessero accolto la parola dell’apostolo «in mezzo a mille tribolazioni con la gioia dello Spirito santo» (1Ts 1,6).
Egli stesso, apostolo «crocifisso», vive con l’animo pieno di gioia. Ai cristiani di Corinto confessa: «Afflitti, ma sempre lieti» (2Cor 6,10). Imprigionato e in attesa dell’esito del processo che potrebbe anche essere di condanna capitale, lungi dal cadere in preda alla depressione, vuole che gli amati filippesi condividano la sua gioia: «E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento, e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me» (Fil 2,17-18).
Avversari personali approfittavano della sua forzata inattività per moltiplicare gli sforzi di evangelizzazione? Egli passa sopra al loro spirito di rivalità e di rivalsa e gioisce: «purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene» (Fil 1,18). Sempre dal carcere così scrive ai colossesi: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la chiesa» (1,24).
Insistente è poi la sua esortazione ai credenti di Filippi: «Per il resto, fratelli miei, state lieti nel Signore» (3,1); «Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi» (4,4). Eppure la chiesa filippese soffriva non poco per l’ambiente ostile. Il suo appello però non scade a facili raccomandazione moralistica, perché esce dal carcere in cui egli si trova relegato per causa di Cristo. In proposito si veda anche Gc 1,2: «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove».
Commentando la lettera ai Filippesi, K Barth ha osservato che la gioia di Paolo è «un ostinato “malgrado tutto”». Ma si deve anche dire che egli gioisce proprio per questo «tutto»: la sua gioia è causata proprio dalle sofferenze, non solo esiste nonostante le sofferenze. Con la necessaria precisazione che si tratta di sofferenze da lui sopportate per il Signore e per le sue comunità. In realtà, egli gioisce di poter fedelmente compiere la sua missione, anche a costo della vita.
Non lo si ritenga però un eroe secondo l’ideale greco che esaltava la virtù dell’andreia («virilità»). Paolo riconosce senza mezzi termini che all’origine della gioia sta lo Spirito. In particolare, afferma che la gioia è frutto dello Spirito (Gal 5,22), è gioia dello Spirito (1Ts 1,6), gioia nello Spirito (Rm 14,17).
D’altra parte, l’apostolo conosce anche le gioie più sane e normali della vita. Egli gioisce nel ricevere buone notizie dalla comunità di Corinto: «Egli (Tito) infatti ci ha annunziato il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro affetto per me, cosicché la mia gioia si è ancora accresciuta» (2Cor 7,7). Sperimenta una grande gioia quando ha la prova tangibile che è rifiorita la premurosa attenzione degli amici filippesi per la sua persona (Fil 4,10). Ha evitato di portare a compimento un viaggio, già programmato, a Corinto perché aveva previsto che i corinzi gli avrebbero causato sofferenza, proprio loro da cui dipende la sua gioia (2Cor 2,2-3). In ogni modo il rapporto appare bilaterale: egli, da parte sua, contribuisce alla gioia dei corinzi (2Cor 1,24).
 
Gioia pasquale - «Esulta, Gerusalemme e rallegratevi voi tutti che amate Gesù: è risorto, infatti. Gioite, voi che dianzi eravate tutti in lutto [Is 66,10]...: chi, infatti, fu in questa città disonorato, è stato nuovamente richiamato in vita. Come dunque aveva recato una certa tristezza l’annuncio della croce, così ora la buona novella della risurrezione sia fonte di esultanza per i presenti. Si muti in gioia il dolore, il pianto in letizia [cfr. Sal 29,12]; la nostra bocca si riempia di gaudio e di tripudio [cfr. Sal 70,8], secondo l’invito di colui che, dopo la sua risurrezione, disse: Esultate [Mt 28,9]. Io so quanto hanno sofferto nei giorni scorsi coloro che amano il Cristo, allorché le mie prediche terminavano con la morte e la sepoltura... Il morto, però, è risorto: libero fra i morti [Sal 87,6] e liberatore dei morti. Colui che aveva tollerato l’oltraggio di venir cinto d’una corona di spine, si fregiò, risorgendo, con il diadema della propria vittoria sulla morte» (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 14,1).
 
Il Santo del Giorno - San Paolo VI: Il Papa del Concilio e della Chiesa aperta: Una Chiesa che è casa di Dio in mezzo agli uomini, con la porta sempre aperta, pronta ad accogliere, e le finestre spalancate per far entrare la luce del Vangelo. Potrebbe essere descritto così il progetto di san Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI, pastore nel mondo e per il mondo. Nato a Concesio (Brescia) nel 1897, fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920 e venne destinato alla carriera diplomatica, assumendo diversi incarichi di rilievo nella Curia Romana. Fu assistente ecclesiastico degli universitari cattolici. Entrò a Milano da arcivescovo il 6 gennaio 1955 e venne creato cardinale da Giovanni XXIII nel 1958. Il 21 giugno 1963 venne eletto Papa, annunciando da subito che avrebbe portato avanti il Concilio ecumenico Vaticano II. Si adoperò per applicarne poi le decisioni e dare forma alla Chiesa del post-concilio. Pubblicò il rinnovato Messale Romano; fu attivo nell’impegno ecumenico; compì nove viaggi apostolici fuori dall’Italia; affrontò le contestazioni con carità e fermezza. Morì nella residenza pontificia di Castel Gandolfo il 6 agosto 1978. È santo del 2018. (Matteo Liut)
 
O Padre, che ci hai accolti alla mensa del tuo Figlio,
concedi a noi, tuoi fedeli,
di testimoniare nella gioia pasquale la sua risurrezione.
Per Cristo nostro Signore.