31 MAGGIO 2025
Visitazione Beata Vergine Maria
Sof 3,14-18 oppure Rm 12,9-16b; Salmo Responsoriale da Is 12,2-6; Lc 1,39-56
Vatican News - La corsa - Per una sorta d’impulso interiore, la Vergine Maria corre dalla cugina Elisabetta. Tanti possono essere i motivi che hanno spinto la Vergine Maria a intraprendere quel viaggio. Il desiderio di mettersi a servizio della cugina Elisabetta, saputo che attendeva un bimbo in tarda età, come il desiderio di comunicare quanto è avvenuto a lei, sapendo che tra donne “visitate” dall’angelo è più facile capirsi. In quel “correre” Maria si rivela donna missionaria (nel portare e condividere la gioia dell’annuncio) e donna di carità (nel mettersi a servizio dell’anziana cugina).
Ma nulla vieta di pensare che ci sia stato anche il “santo desiderio” di andare a vedere il “segno” che l’Angelo le aveva indicato: “Ed ecco Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,36-37). In fondo anche i pastori, in fretta, andarono a vedere “il segno” che gli angeli annunciarono loro nella notte di Natale: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,12). A conferma che Maria non sottovaluta i “segni” che Dio le offre.
L’incontro tra due madri - La scena del vangelo raccorda le due “annunciazioni”, ad Elisabetta e a Maria: due donne e due promesse. E non appena sente il saluto di Maria, il bimbo in grembo di Elisabetta comincia a “danzare”. Il Messia Gesù, non ancora nato ma presente nel grembo della madre Maria, incontra il precursore, profeta presente egli pure nel grembo della madre Elisabetta e, riconosciuto, causa la gioia, l’esultanza, la danza, come quella di David davanti all’arca della presenza del Signore (cf. 2Sam 6,12-15).
Dalla lode al servizio - E il canto di lode, il Magnificat, che narra il capovolgimento della logica umana, dove gli ultimi diventano primi, non resta lettera morta, ma si fa vita nel servizio.
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
tu hai ispirato alla beata Vergine Maria,
che portava in grembo il tuo Figlio,
di visitare sant’ Elisabetta:
concedi a noi di essere docili all’azione dello Spirito,
per magnificare sempre con Maria il tuo santo nome.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Benedetto XVI (31 Maggio 2008): Nell’odierna festa della Visitazione la liturgia ci fa riascoltare il brano del Vangelo di Luca, che racconta il viaggio di Maria da Nazareth alla casa dell’anziana cugina Elisabetta. Immaginiamo lo stato d’animo della Vergine dopo l’Annunciazione, quando l’Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nel grembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendeva conto che era iniziato l’ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo. Ma tutto, intorno a Lei, era rimasto come prima e il villaggio di Nazareth era completamente ignaro di ciò che Le era accaduto.
Prima di preoccuparsi di se stessa, Maria pensa però all’anziana Elisabetta, che ha saputo essere in gravidanza avanzata e, spinta dal mistero di amore che ha appena accolto in se stessa, si mette in cammino “in fretta” per andare a portarle il suo aiuto. Ecco la grandezza semplice e sublime di Maria! Quando giunge alla casa di Elisabetta, accade un fatto che nessun pittore potrà mai rendere con la bellezza e la profondità del suo realizzarsi.
La luce interiore dello Spirito Santo avvolge le loro persone. Ed Elisabetta, illuminata dall’Alto, esclama: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,42-45).
Queste parole potrebbero apparirci sproporzionate rispetto al contesto reale. Elisabetta è una delle tante anziane di Israele e Maria una sconosciuta fanciulla di uno sperduto villaggio della Galilea. Che cosa possono essere e che cosa possono fare in un mondo nel quale contano altre persone e pesano altri poteri? Tuttavia, Maria ancora una volta ci stupisce; il suo cuore è limpido, totalmente aperto alle luce di Dio; la sua anima è senza peccato, non appesantita dall’orgoglio e dall’egoismo. Le parole di Elisabetta accendono nel suo spirito un cantico di lode, che è un’autentica e profonda lettura “teologica” della storia: una lettura che noi dobbiamo continuamente imparare da Colei la cui fede è senza ombre e senza incrinature. “L’anima mia magnifica il Signore”. Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è il primo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all’umana creatura e la libera dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia.
I Lettura (Sof 3,14-17): Il popolo di Dio, figurato nella figlia di Sion, esulti e canti di gioia per i nuovi prodigi che il Signore Dio, salvatore potente, sta per operare a sua salvezza. Il Signore Dio, come un forte guerriero, disperderà i nemici d’Israele e porrà la sua dimora in mezzo ad esso. Dopo che avrà rinnovato il suo popolo con l’amore, il Signore Dio gioirà per esso ed esulterà con grida di gioia.
I Lettura (Rm 12,9-16b): v. 10): Settimio Cipriani (Le Lettere di Paolo): Si raccomanda la «carità» soprattutto verso i fratelli (v. 10) sottolineandone anche le più delicate sfumature: carità «sincera», «affettuosa», sollecita», «fervente», «perdonante», «ospitale», che «previene» perfino nei segni di stima e di «onore» e ci fa partecipare alle gioie o ai dolori degli altri come se fossero nostri: «Gioite con chi gioisce, piangere con chi piange!» (v. 5). Le grandi «aspirazioni» poi avvelenano la carità e ci fanno ingiusti verso i fratelli: «Lasciatevi invece attirare dalle cose umili» (v. 16). Indispensabile alimento della carità sono la «speranza», sempre gioiosa, dei beni futuri, la «pazienza» e lo spirito di «preghiera» (v.12).
Vangelo
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.
Maria non è una donna incredula al pari di Zaccaria. Va a trovare Elisabetta non per sincerarsi delle parole e della profezia dell’angelo, ma perché sospinta dalla carità e dal fuoco ardente dello zelo missionario: per mezzo di Maria, la Buona Novella, Gesù, mette le ali e già attraversa le vie della storia. Maria, pur consapevole della sua bassezza, sospinta dallo Spirito Santo, non può non esclamare la grandezza misericordiosa di Dio che guardando la sua umiltà ancora una volta persegue e conferma il suo eterno agire: scegliere le cose umili per confondere i sapienti (1Cor 1,27-28).
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,39-56
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Parola del Signore.
Si mise in viaggio - Maria si mette in viaggio verso la montagna e raggiunge una città di Giuda, oggi preferibilmente identificata con Ain-Karim, 6 Km a ovest di Gerusalemme. La fretta con la quale Maria si avvia a trovare Elisabetta, l’anziana sposa di Zaccaria miracolosamente rimasta incinta (Lc 1,5-25), mette in evidenza la sua pronta disponibilità al progetto di Dio. Entrata in casa, il saluto della Vergine raggiunge per vie misteriose il bambino che sussulta nel grembo della madre la quale, «piena di Spirito Santo», saluta con parole profetiche la Madre del Signore.
Con un’espressione semitica che equivale a un superlativo, Elisabetta proclama Maria «benedetta fra le donne»; la Vergine è benedetta «per la presenza di un frutto benedetto [eulogémenos] nel suo seno: benedetta dunque perché madre del Benedetto, perché madre del suo Signore [vv. 42-43;]; la proclama, ancora, beata [makaria] per la fede con la quale ha reagito alla proposta divina: beata dunque perché fedele, perché uditrice della parola del Signore [v. 45]» (Carlo Ghidelli).
Il saluto dell’angelo, - «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28) - e il saluto dell’anziana donna, - «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno» - (Lc 1,42), fusi insieme, saranno ripetuti nei secoli da milioni di credenti: l’Ave Maria è «una delle preghiere più belle e profonde, nella quale Elisabetta, e quindi l’Antico Testamento, si collega con Maria, cioè col Nuovo Testamento» (Richard Gutzwiller).
Il racconto della visitazione ricorda, con evidenti allusioni e coincidenze, il racconto biblico del trasferimento dell’arca dell’alleanza a Gerusalemme operato dal re Davide (2Sam 6,1 ss).
L’arca sale verso Gerusalemme, Maria sale verso la montagna. L’arca entra nella casa di Obed- Edom e Maria entra nella casa di Zaccaria. La gioia del nascituro e il suo trasalimento nel grembo dell’anziana madre ricordano la gioia di Davide e la sua danza festosa dinanzi all’arca. L’espressa indegnità di Elisabetta dinanzi alla Madre del Signore ricorda ancora l’indegnità del re David di fronte all’arca del Signore. Questi accostamenti, molto precisi nei particolari, ben difficilmente possono essere accidentali.
L’identificazione dei due racconti va allora verso una chiara proclamazione: Maria, la Madre del Signore, è la nuova arca del Signore, e suo figlio, Gesù, è il Signore abitante in quel tempio vivo.
L’anziana sposa di Zaccaria nel proclamare senza indugi Maria «la Madre del Signore» non fa che raccogliere e ripetere le parole del nunzio celeste.
Nella tradizione biblica il Signore è Iahvé, ma anche il grande sovrano (1Cr 29,11; 2Mac 5,20; Sal 48,3), il re (Sir 51,1; Sal 99,4). L’angelo aveva annunciato a Maria che il promesso figlio sarebbe stato chiamato «Figlio dell’Altissimo» (Lc 1,31) e avrebbe regnato per sempre «sul trono di Davide suo padre» (Lc 1,32-33): nel suo annuncio profetico, Elisabetta non fa che ricordare e confermare le parole del messaggero celeste.
Alla fine, sulle labbra di Elisabetta si coglie un’ultima parola di lode che viene rivolta con gioia alla Vergine di Nazaret: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Maria è beata perché «madre del Signore», ed è beata perché perfetta discepola: Ella ha accolto nel suo cuore, prima che nel suo grembo, la Parola viva feconda di vita e di salvezza.
Anche il cantico della Vergine ha un riscontro nell’Antico Testamento (cfr. 1Sam l-10). Ma sulle labbra di Maria il Magnificat ha risonanze e significati molto più profondi. La Vergine non risponde ad Elisabetta, ma si rivolge a Dio lodandolo per la sua misericordiosa accondiscendenza. Egli «mi ha guardato - dice Maria - perché sono umile e perché ricerco la virtù della mitezza e del nascondimento... così come lo stesso Salvatore, che ha detto: Imparate da Me che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime» (Origene).
Un segno dato a Maria - Adriana Zarri (Visitazione in Schede Bibliche Pastorali - Vol VIII): Gli esegeti vedono nella visita di Maria a Elisabetta (Lc 1,39-55) l’episodio che conclude e completa i racconti delle annunciazioni nel Vangelo dell’infanzia. Le due madri si incontrano e commentano gli avvenimenti di quei giorni, riferiti dall’evangelista Luca. I discorsi e gli atteggiamenti delle due donne gettano una nuova luce su Maria, completando in modo essenziale quanto gli altri episodi dicono di lei.
Le ragioni del viaggio di Maria sono comunemente indicate nel suo desiderio di vedere la parente e di esserle di aiuto nel periodo della gravidanza. Gli esegeti moderni, però, ritengono che per l’evangelista i motivi siano più profondi. Maria si mette in viaggio «in tutta fretta» non tanto per correre in aiuto di Elisabetta (che con tutta probabilità aveva altri parenti e aiutanti), quanto per comunicare con lei, per confermare se stessa e la parente nella fede e nella gioiosa intelligenza dei misteri di cui erano favorite.
Possiamo quindi vedere nell’episodio della visitazione un segno, dato a Maria, a conferma della realtà dell’apparizione angelica e dei fatti verificatisi in lei, fatti tanto grandi e sorprendenti per una giovane donna senza importanza e senza particolari titoli umani.
Si capisce così la «fretta» di Maria, un particolare che l’evangelista sente il bisogno di riferire, considerandolo evidentemente ben più di una semplice notizia di cronaca.
Si capisce inoltre come Maria, silenziosa e riservata sinora, esploda dopo l’incontro con Elisabetta in un canto di gioia e di ringraziamento.
«Il cammino di Maria verso la casa di Elisabetta è il cammino della fede in cerca dei suoi necessari appoggi umani» (Ortensio da Spinetoli). L’annunzio del parto miracoloso di Elisabetta, infatti, appare come una riprova degli eventi paradossali comunicati dall’angelo, una conferma della potenza divina, per la quale «nessuna cosa è impossibile» .
Dunque, «è Maria che ha bisogno di Elisabetta e non viceversa» (Ortensio da Spinetoli). Del resto, il «segno di Elisabetta» non è la causa della fede di Maria - essa ha già creduto, accettando unicamente sulla base dell’autorità di Dio il messaggio che le è stato rivelato -; quel segno, però, attesta alla Vergine la realtà di quella rivelazione e, in ultima analisi, di Dio rivelante.
Il canto dei poveri - Rosanna Virgili (Vangelo secondo Luca): Forse nessuno è riuscito a cantare e inaugurare le speranze dei poveri come chi ha composto il Magnificat. Un concerto di forza, di meraviglia, di fede e di visione, di speranza e di perfetta carità che Luca mette sulla bocca di Maria. Una parola che arriva direttamente all’orecchio di Gesù e sembra dargli suggerimento per il primo discorso della sua vita pubblica, nella sinagoga di Nazaret: «Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, ad annunciare ai prigionieri la libertà e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). «Beati voi, poveri» è la prima beatitudine che Gesù pronuncerà (cf Lc 6,20). Gesù impara da sua madre. Lei imprime codice genetico, il carattere essenziale alla fede cristiana: la buona novella ai «servi», agli umili, agli affamati.
Una fede «diacona» che annuncia ai «diaconi» l’amore di un Dio «diacono». Rovesciando, così, dai troni i potenti, cioè tutti coloro che pretendono di togliere a chi serve la signoria sulla terra, sulla vita e perfino sulle cose di Dio. «Ti magnifica, Signore, l’anima mia, perché hai avuto misericordia di Israele e l’hai soccorso. Hai rovesciato coloro che lo privavano della sua libertà dinanzi a te, di coloro che usurpavano un potere non consentito: quello di farsi padroni della sua fede. Oggi, Signore. gli affamati possono nutrirsi di te, gli umili possono venire fino a te, i figli di Abramo possono godere della tua promessa». Questa donna di Galilea viene ad annunciare una comunità cristiana che, un domani, dirà per bocca di Paolo: «Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede, siamo invece i collaboratori della vostra gioia» (2Cor 1,24).
Antipatro di Bostra (De S. Ioanne, 12): Dopo aver ascoltato queste cose, la Vergine si recò, alla casetta di Zaccaria, e trovata Elisabetta incinta, la salutò, e il bambino all’interno rispose. Per le orecchie della madre il saluto pervenne a quelle del feto, e poiché per i limiti di natura Giovanni non poteva usare la lingua, parlò in modo che la propria madre attraverso i suoi salti rispondesse con proprie parole alla madre del Salvatore. Infatti Elisabetta non potendo più trattenere il sussultare del figlio, ripiena di Spirito Santo, esclamò dicendo: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo”! (Lc 1,42). Tu, disse, benedetta che dissolvi la maledizione. Tu benedetta, che rechi il dono della sapienza. Tu benedetta, che porti nell’utero colui che ha passeggiato nel paradiso. Tu benedetta, il cui ventre è divenuto tempio santo. “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del ventre tuo!”, dal quale sarà vinto il nemico, dal tempo in cui Adamo mangiò. Frutto benedetto, che è divenuto alimento e vestito del mondo».
Il Santo del Giorno - 31 Maggio 2025 - Visitazione di Maria. Ecco la fretta di andare verso l’amore autentico: La nostra anima sa cogliere il luogo dove si trova il nostro tesoro più prezioso e guida le nostre gambe verso il nostro bene. E la strada ci porta dritti al cuore di Dio, la fonte dell’amore più grande. Lasciarci portare da questa “fretta” è la testimonianza più bella della grandezza del messaggio di Cristo. Proprio di questa ci parla l’episodio della Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, oggi al centro della liturgia nel giorno che chiude il mese tradizionalmente dedicato alla Madre di Dio. L’episodio, narrato dal Vangelo di Luca, ci mostra due madri che si ritrovano portando dentro di loro il dono inatteso del Signore. Due nuove vite, segno affascinante della potenza di Dio ma anche della sua delicatezza. E il canto del Magnificat è l’inno a tutto questo, invocazione dell’unica vera forza che cambia il mondo: la misericordia. Maria è evangelizzatrice ancora prima di conoscere Cristo, perché lo porta in grembo, lo genera al mondo, è l’icona della potenza che sceglie il nascondimento, l’umiltà, le logiche dell’amore. Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta, insomma, scorgiamo la possibilità che il Regno di Dio si realizzi davvero in mezzo a noi; un regno non basato sulla legge del più forte ma sulla capacità di andare incontro al prossimo. (Avvenire)
Ti magnifichi, o Dio, la tua Chiesa,
perché hai fatto grandi cose per i tuoi fedeli,
e con gioia riconosca sempre vivo in questo sacramentocolui che fece sussultare san Giovanni nel grembo della madre.
Per Cristo nostro Signore.