27 Maggio 2025
Martedì VI Settimana di Pasqua
At 16,22-34; Sal 137 (138); Gv 16,5-11
Colletta
O Dio, pastore buono,
che manifesti la tua onnipotenza
nel perdono e nella compassione,
raduna i tuoi figli dispersi
e ristorali al torrente della grazia
che sgorga dal Cuore del tuo Figlio,
perché sia festa grande nell’assemblea dei santi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Catechismo della Chiesa Cattolica 388 Col progresso della Rivelazione viene chiarita anche la realtà del peccato. Sebbene il popolo di Dio dell’Antico Testamento abbia in qualche modo conosciuto la condizione umana alla luce della storia della caduta narrata dalla Genesi, non era però in grado di comprendere il significato ultimo di tale storia, che si manifesta appieno soltanto alla luce della morte e della risurrezione di Gesù Cristo. Bisogna conoscere Cristo come sorgente della grazia per conoscere Adamo come sorgente del peccato. È lo Spirito Paraclito, mandato da Cristo risorto, che è venuto a convincere « il mondo quanto al peccato» (Cv 16,8), rivelando colui che del peccato è il Redentore.
1433 Dopo la pasqua, è lo Spirito Santo che convince il mondo quanto al peccato, cioè al fatto che il mondo non ha creduto in colui che il Padre ha inviato. Ma questo stesso Spirito, che svela il peccato, è il Consolatore che dona al cuore dell’uomo la grazia del pentimento e della conversione.
In quei giorni, la folla [degli abitanti di Filippi] insorse contro Paolo e Sila … - Felipe F. Ramos: Il racconto di Luca mira a suscitare nel lettore la fiducia in Dio facendo vedere che Dio è più potente che gli uomini e che, per conseguenza, può trasformare la difficoltà in un mezzo destinato a manifestare l’efficacia della sua parola.
Il racconto di tutta questa storia, e particolarmente quello che si riferisce alla prigionia di Paolo, è eccessivamente «romanzato». Quello che è detto circa la liberazione dei prigionieri (vv. 25-34) serve a dimostrare il potere liberatore di Dio. In fondo, vi è la conversione del carceriere, che deve portare i lettori alla conclusione seguente: le sofferenze dei cristiani non sono infruttuose e sono pienamente giustificate, quando si tiene conto del piano di Dio e del servizio che esse rendono alla sua parola. Si potrebbe dire che la teologia della croce comincia a trasformarsi in una teologia della gloria. L’ultimo incidente di questa storia (vv. 35-40) dimostra come la mano di Dio abbia guidato quella missione e come, a dispetto
dell’apparente insuccesso in una città pagana, abbia compiuto una liberazione miracolosa. A questo fine è indirizzato l’omaggio che Paolo e Sila ricevono dal carceriere nella stessa prigione (v. 29) e quello che rendono loro personalmente le autorità cittadine (v. 39).
L’intenzione apologetica di Luca non potrebbe essere più chiara. Egli ci ha raccontato il primo incontro fra Roma, rappresentata dalle autorità civiche di Filippi, e la Chiesa, rappresentata dai missionari. L’atteggiamento dell’impero nei confronti della Chiesa era fondato su un errore. È un passo molto significativo, se si tiene conto di uno degli scopi per cui Luca scrisse il libro degli Atti: il cristianesimo non è mai stato un pericolo per la legge e per l’ordine nell’impero. Perciò Roma deve riconoscergli la libertà di predicare la parola di Dio.
Vangelo
Se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito.
Sarà lo Spirito Santo a dimostrare la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, lo Spirito metterà in luce, attraverso la testimonianza vitale della Chiesa, che Cristo fu innocente e il mondo è colpevole, e il peccato del mondo è quello dell’incredulità perché non hanno creduto nel Figlio di Dio (cfr. Gv 3,19-21; 15, 21-25). Quanto alla giustizia, Gesù con la sua glorificazione manifesterà la giustizia. Dio solo è Giusto perché è Dio. E Gesù con la sua risurrezione, manifestazione della sua divinità, mostrerà anche lui la sua giustizia, cioè la sua divinità. Quanto al giudizio, il trionfo di Cristo segna la sconfitta definitiva di Satana. Una parola, dunque, di speranza per la Chiesa, per i credenti afflitti da innumerevoli prove e immersi nel crogiuolo della persecuzione.
Dal Vangelo secondo Giovanni 16,5-11: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Vi conviene che io vada; il Maestro illumina i discepoli rivelando loro il senso della sua «andata» al Padre. Questa dichiarazione costituisce un rimprovero implicito alla mancata intelligenza dei discepoli intorno al piano divino. Perché se non vado non verrà a voi il Paraclito; se Gesù non va, cioè non muore e va al Padre, il Paraclito non sarà inviato ai discepoli; l’evangelista si limita ad affermare che se Cristo non sale al Padre il Paraclito non sarà inviato ai discepoli; egli non spiega in questo passo il valore che assume per i discepoli tale invio («missione») dello Spirito; questo valore era stato illustrato a più riprese in testi precedenti; cf. Giov., 14, 16, 26, 28. Si è giustamente rilevato come qui si parli semplicemente di «Paraclito», non già di «un altro Paraclito», come in Giov., 14, 16. «Un altro Paraclito» significa un Paraclito oltre Gesù; l’espressione è esatta quando è usata in senso generico ed indica l’azione dello Spirito in quanto distinta da quella di Gesù. Non si può più dire «un altro Paraclito», quando il termine «Paraclito» è usato come termine tecnico per designare lo Spirito Santo, poiché in questo caso l’espressione «un altro Paraclito» indicherebbe un altro Spirito Santo, ciò che è inammissibile. I passi giovannei attestano ancora l’uso del sostantivo «Paraclito» in questo duplice senso, cioè: in senso generico (designa l’azione dello Spirito oltre a quella di Gesù) e in senso personale (Paraclito = Spirito Santo).
Il Paraclito venuto “dopo Gesù, come suo successore (vv, 8.13), continuerà a svolgere in favore suo le sue funzioni tanto presso il mondo (vv. 8-11) che presso i discepoli (vv. 12-15).
Presso il mondo, nel processo intentato dal «mondo» a Gesù, assolverà simultaneamente la funzione dell’avvocato difensore e a quella del giudice. Come difensore di Gesù «convincerà» il mondo della «giustizia» contenuta nel mistero della sua morte e ritorno al Padre, lo stesso che affligge i discepoli che, come il mondo, «non lo vedranno più» fisicamente e saranno privati della sua presenza (cf 7,33-36).
Rifiutato dal mondo nella sua testimonianza e giudicato ingiustamente colpevole di bestemmia e di pretese illegittime, Gesù glorificato dal Padre e ormai tornato a lui sarà riconoscibile nella sua verità come giusto e tutta la sua opera come espressione della giustizia salvifica di Dio. Come protagonista attivo del giudizio di Dio sul mondo, poi, lo Spirito ne smaschererà il peccato (il rifiuto ostinato e permanente di credere in Gesù per non abbandonare le proprie opere malvagie) e ne attesterà il giudizio da parte di Dio, perché con l’innalzamento di Gesù al Padre, attraverso la morte, il principe del mondo sarà ormai smascherato e condannato nell’esercizio del suo potere anti-divino e anti-messianico. La funzione presso il mondo, però, non sarà diversa né isolabile da quella presso i discepoli: sarà grazie ai discepoli e proprio in loro - così come già attraverso e in Gesù - che lo Spirito assolverà la sua funzione processuale. Quello che al mondo apparirà come il giudizio che smaschera e condanna l’iniquità delle sue opere sarà la capacità della comunità discepolare nell’annunzio e nello stile di vita - di «portare» in sé e cioè di assumersi la responsabilità e il peso di tutta la rivelazione cristologica, continuando cioè nel mondo l’opera della glorificazione di Dio compiuta dal Figlio e diventando essa stessa, grazie all’azione dello Spirito, spazio della glorificazione del Figlio. Non tutto è stato annunziato da Gesù ai suoi: c’è una riserva di futuro («le cose a venire») in ciò che lui già è stato con i suoi discepoli e sarà proprio lo Spirito ad annunziare loro quanto di lui stesso - e, in lui, del Padre - ancora non era stato comprensibile durante la sua vita terrena” (Marida Nicolaci, Vangelo secondo Giovanni).
Una perenne Pentecoste - Catechismo degli Adulti [419]: A Pentecoste si completa la fondazione della Chiesa e si avvia la sua espansione. L’evento di quel giorno è un mistero perenne. La comunità cristiana vive e si rigenera incessantemente in una comunicazione di fede e di carità, attivata dallo Spirito Santo: «Dove è la Chiesa, là è anche lo Spirito di Dio; e dove è lo Spirito di Dio, là è la Chiesa e ogni grazia». Ogni giorno la Chiesa nasce dall’alto, dallo Spirito del Signore. Solo secondariamente sorge dalla libera decisione dei credenti, «che si sottomettono a lui» (At 5,32) e si lasciano convocare. È l’iniziativa della grazia a suscitare la risposta della fede. Il dono risplende nella povertà di coloro che lo ricevono: «Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi» (2Cor 4,7); «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono» (1Cor 1,27-28).
[420]: La Chiesa vive per il dono dello Spirito Santo, accolto con umiltà e fede dai seguaci di Gesù Cristo.
Il carceriere si gettò ai piedi di Paolo e Sila - Il rifiuto di credere - Ammonio di Alessandria (Catena sugli Atti degli Apostoli 16, 29-30): Sulla base di questi eventi può essere detto a ragione che la fede è una libera scelta. Guardate come dopo un tale spavento solamente il carceriere abbia creduto. Molto più dovevano essere spinti a credere gli altri prigionieri, giacché furono testimoni con i propri occhi dell’incredibile meraviglia di vedere improvvisamente sciolte tutte le catene. Perplessi, rimasero impauriti quando furono scosse le fondamenta della prigione e le porte spalancate.
Ma disdegnando Dio, dopo un tale miracolo, dimenticarono ciò che era accaduto e non parlarono con il carceriere o con altri del terremoto. Se infatti avessero udito la spiegazione di tali fatti dal carceriere o dai seguaci di Paolo, forse si sarebbero convertiti. Credo che un fatto simile sia capitato nell’Ade quando il nostro Signore Gesù Cristo, il Verbo di Dio, discese n assaporando la morte per poco tempo. Le fondamenta della terra tremarono e tutte le catene si sciolsero. Chiunque incontrò il Salvatore e credette in lui fu salvato come il carceriere e quelli della sua casa. Chiunque lo respinse e non tentò di capire l’incredibile miracolo rimase nell’inferno.
Proprio come coloro che seguirono Paolo, dopo che le catene si sciolsero, uscirono di prigione nella mattinata, così Cristo, ritornando dall’Ade nel buio della mattina ed essendo stato liberato - giacché non era conveniente per lui, in quanto Dio, rimanere nella morte - risorse, e per prima cosa apparve ai suoi fedeli discepoli e alle donne che erano vicine a Maria, e li confortò e li rafforzò nella fede dicendo loro: «Abbiate coraggio». Egli quindi salì al cielo, dove si trova ancora insieme a Dio suo Padre. E così pure, i seguaci di Sila, che uscirono di prigione, visitarono Lidia e i suoi fratelli, poi partirono.
Il Santo del Giorno - 27 Maggio 2025 - Sant’Atanasio Bazzekuketta Martire (Uganda, 1866 - Nakiwubo, 27 maggio 1886): Atanasio Bazzekuketta fa parte del gruppo - venerato oggi con la dizione Carlo Lwanga e compagni - di 22 martiri ugandesi. Questi furono uccisi in diverse fasi sotto il re Muanga, durante una persecuzione che costò la vita in poco più di un anno, dal novembre 1885 al febbraio 1887, a un centinaio di cristiani. Muanga e il predecessore, re Mutesa, avevano accolto favorevolmente l’annuncio del Vangelo da parte dei missionari Padri Bianchi. Ma l’erede, salito al trono, mutò tragicamente parere. Atanasio era il custode del regio tesoro e fu ucciso il 3 giugno del 1886 a soli 20 anni. Si offrì ai carnefici che durante una marcia di trasferimento dei cristiani imprigionati ne uccidevano uno a ogni crocicchio per incutere terrore agli altri. I martiri ugandesi sono stati beatificati nel 1920 da Benedetto XV e canonizzati nel 1964 da Paolo VI, che nel 1969 consacrò il santuario a loro dedicato nella località ugandese di Namugongo. (Avvenire)
Ai tuoi servi, riuniti nel tuo amore
e partecipi di un solo pane,
dona, o Signore, di essere unanimi nella carità,
perché con la santità della vita
siano in ogni luogo veri testimoni di Cristo risorto.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.