26 Maggio 2025
 
San Filippo Neri, Presbitero
 
At 16,11-15; Salmo Responsoriale dal Salmo 149; Gv 15,26-16,4a
 
 
Colletta
O Dio, che sempre esalti i tuoi servi fedeli
con la gloria della santità,
infondi in noi il tuo santo Spirito,
che infiammò mirabilmente il cuore di san Filippo [Neri].
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
 Lumen gentium 42: «Dio è amore e chi rimane nell’amore, rimane in Dio e Dio in lui » (1 Gv 4,16). Dio ha diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr. Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di lui. Ma perché la carità, come buon seme, cresca e nidifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e con l’aiuto della sua grazia compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all’eucaristia, e alle azioni liturgiche; applicarsi costantemente alla preghiera, all’abnegazione di se stesso, all’attivo servizio dei fratelli e all’esercizio di tutte le virtù. La carità infatti, quale vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr. Col 3,14; Rm 13,10), regola tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine [132]. Perciò il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dalla carità verso Dio e verso il prossimo.
Avendo Gesù, Figlio di Dio, manifestato la sua carità dando per noi la vita, nessuno ha più grande amore di colui che dà la vita per lui e per i fratelli (cfr. 1 Gv 3,16; Gv 15,13). Già fin dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e altri lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d’amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Ché se a pochi è concesso, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa.
 
I Lettura: L’apostolo Paolo è arrivato a Filippi, città del primo distretto della provincia di Macedonia, divenuta colonia romana, era sostanzialmente una città latina. L’apostolo rivolge la parola alle donne che si erano riunite fuori della porta della città lungo il fiume. Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. La conversione di Lidia “porta con sé quella di tutta la famiglia (cfr. At 10,44; 16,31;16,34; 18,8; 1Cor 1,16). - ci costrinse ad accettare: contro la linea di condotta ordinaria di Paolo (cfr. At 20,33-35, 1Ts 2,9, 2Ts 3,8, 1Cor 9). Anche in seguito, i filippesi riusciranno a fargli accettare soccorsi che mai egli avrebbe ricevuto da altri (cf. Fil 4,10-18). È il migliore riconoscimento della carità di Lidia e dei cristiani di Filippi” (Bibbia di Gerusalemme).

Vangelo
Lo Spirito della verità darà testimonianza di me.
 
Ai discepoli Gesù promette il Consolatore, lo Spirito Santo, e ne indica la missione: egli gli darà testimonianza. Gesù, infine, mette in guardia gli Apostoli dalle persecuzioni che li attendono: le prove sono e saranno sempre incombenti sulla Chiesa, una parola di incoraggiamento quella del Maestro, ma anche profezia perché la fede degli Apostoli non sia scossa (cfr. Gv 13,19).
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15,26 - 16,4a
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».
 
Parola del Signore.
 
La persecuzione “è descritta in termini che ricordano la prima persecuzione subita dalla Chiesa da parte dei giudei: infatti si parla di espulsione dalla sinagoga, che significa essere messi al bando della comunità sociale e religiosa del giudaismo. Ma nonostante i limiti dell’orizzonte di Giovanni, che sembra ancora ristretto al mondo giudaico, si deve tener conto del valore speciale che ha assunto in seguito l’odio dei giudei contro i cristiani, dopo la sua manifestazione in questa prima persecuzione. Sarebbe dunque un sopravvalutare questi accostamenti volervi cercare un argomento per dimostrare il carattere tradizionale del discorso dell’addio e stabilire la sua affinità con certi dati sinottici.
Comunque sia, i discepoli corrono il rischio di essere espulsi dalla comunità. Quest’ora verrà (non si tratta del­l’Ora per eccellenza), ed essi devono attenderla con una certezza assoluta (come nei profeti: vedete, vengono i giorni), e nulla deve sconcertarli, nemmeno la massima ipocrisia dei loro nemici, che non esiteranno a ostentare, nei loro tortuosi disegni, l’aspetto religioso del fatto. Già il sommo sacerdote Caifa, per giustificare l’uccisione di Gesù, si era appellato alla giurisprudenza religiosa (11,50), ma si andrà oltre. Ognuno sarà convinto di aver compiuto un atto di giustizia, un gesto religioso, quando avrà perseguitato un discepolo di Cristo. Un commento rabbinico di Nm. 25, 13 lo dichiara senza reticenze: «Chi versa il sangue di un incredulo offre, per così dire, un sacrificio». Un tale stato d’animo basta a provare che colui che l’adotta non conosce né il Padre né il Figlio: il suo odio per il Figlio è la conseguenza dell’ignoranza del Padre, ignoranza che per Giovanni non ha nessuna circostanza attenuante, perché è l’essenza stessa del peccato.
Le continue vessazioni riusciranno a spegnere l’entusiasmo troppo umano nei discepoli, perciò è bene che ne siano avvertiti in anticipo per non soccombere. È la seconda volta in questa sezione (16,4) che Gesù insiste: «Ve lo dico fin d’ora ...», come per una suprema raccomandazione e con un tono che si indovina pieno di dolore per dover dire verità così dure (cfr. 16, 6. 33). Non ha forse atteso a dirle fino all’ultimo momento? Nei vangeli sinottici l’annuncio delle persecuzioni fa parte delle ultime istruzioni di Gesù. Nei primi tempi del loro incontro Gesù non poteva dire tutto questo: come avrebbero potuto sopportarlo? D’altra parte egli era con loro, era presso di loro per aiutarli a superare le prime difficoltà.
Ma ora che se ne va, devono sapere come stanno le cose. L’attesa dell’antico Israele prevedeva ogni specie di disastri e di sofferenze prima dell’avvento del regno messianico (cfr. 16, 20), ma queste predizioni erano di poco aiuto ai cristiani perseguitati. Perciò Giovanni fa appello ai loro ricordi delle parole del Signore. Quando l’ora sarà venuta, basterà che ricordino gli avvertimenti del Signore e, più ancora, il suo tragico destino” (Henri van den Bussche, Giovanni).
 
Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio: Quanto siano vere queste parole, lo rivela in modo particolare la vita del rabbino Paolo di Tarso: un persecutore che si cangerà in perseguitato, sedotto dal Vivente sulla via di Damasco. Subito dopo quell’incontro pieno di luce abbacinante, sarà lo stesso Gesù a tratteggiare la sua futura vita apostolica: «Sarai per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; e io ti mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome» (cfr. At 9,15-16). Una profezia che ricorrerà spesso nelle riflessioni dell’Apostolo: «Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni» (At  20,22-23). E che lo Spirito Santo non gli abbia mentito basta leggere alcuni brani della prima e della seconda lettera ai Corinzi (cfr. 1Cor 4,9-13; 2Cor 4,8-12; 6,4-10; 11,23-33). Questi sunti non sono freddi resoconti di fatiche, diari di viaggi fatti per terra e per mare, difficoltà apostoliche, ma sale versato su ferite sanguinanti aperte e non cicatrizzate. Non sono «esagerazione poetica! Purtroppo è la prosa di ogni giorno: “fame e sete”, freddo, “percosse”, vagabondaggio all’addiaccio, sempre braccati da nemici implacabili, “lavoro” affaticante per procacciarsi di che ingannare l’inedia da fame che divora il proprio corpo. […]. Tutto ciò però non riesce a piegare la grandezza spirituale e la serenità degli Apostoli di Cristo: pur in mezzo alle persecuzioni e alle calunnie, hanno ancora l’animo di “benedire” e di “consolare”» (Settimio Cipriani). Ed è a motivo di queste esperienze che sgorgò nel cuore e nella mente dell’apostolo Paolo la convinzione che «tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati» (2Tm 3,12). Una convinzione che in duemila anni di storia cristiana non è mai stata smentita. La sofferenza è l’unica realtà propria che si può offrire a Dio e della quale solamente, e di null’altro ci si può gloriare: «Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6,14).
 
Il Signore aprì il cuore di Lidia - La bontà del cuore - Giovanni Crisostomo (Omelie sugli Atti degli Apostoli 35): Noi abbiamo bisogno di Dio, unico che può aprirci il cuore. Dio tuttavia apre i cuori che sono compiacenti. Ma ci sono anche cuori che sono paralizzati, incapaci di vedere (. .. ). Per aderire alle parole di Paolo. Aprire i cuori era opera di Dio, aderire opera della donna. Quindi era opera sia divina che umana. Dopo esser stata battezzata - dice il testo - ci invitò: «Se avete giudicato» ( ... ). Osservate: dopo essere tata battezzata, ella riceve gli Apostoli con una preghiera più fervida di quella di Abramo (cf. Gn 18,2-3). Ed ella non menziona altra prova che il fatto di essere stata salvata. Non disse: «Se voi mi avete giudicato donna grande» o «se voi mi avete giudicato donna devota». Cosa dice in verità? Se avete giudicato ch’io sia fedele al Signore: se sono fedele al Signore, tanto più devo esserlo a voi, a meno che voi non siate contrari a ciò. E non disse neppure: «Abitate con me», ma venite ad abitare nella mia casa, mostrando così con quale grande desiderio compiva tutto ciò. Veramente una donna fedele!
 
Il Santo del Giorno - 26 Maggio 2025 - San Filippo Neri Sacerdote: Figlio di un notaio fiorentino di buona famiglia. Ricevette una buona istruzione e poi fece pratica dell’attività di suo padre; ma aveva subito l’influenza dei domenicani di san Marco, dove Savonarola era stato frate non molto tempo prima, e dei benedettini di Montecassino, e all’età di diciott’anni abbandonò gli affari e andò a Roma. Là visse come laico per diciassette anni e inizialmente si guadagnò da vivere facendo il precettore, scrisse poesie e studiò filosofia e teologia. A quel tempo la città era in uno stato di grande corruzione, e nel 1538 Filippo Neri cominciò a lavorare fra i giovani della città e fondò una confraternita di laici che si incontravano per adorare Dio e per dare aiuto ai pellegrini e ai convalescenti, e che gradualmente diedero vita al grande ospizio della Trinità. Filippo passava molto tempo in preghiera, specialmente di notte e nella catacomba di san Sebastiano, dove nel 1544 sperimentò un’estasi di amore divino (secondo il santo un’effusione di Spirito Santo) che gli causò una dilatazione del cuore e delle costole, evento scientificamente attestato dai medici dopo la sua morte. Molti testimonieranno di aver visto spesso il cuore tremargli nel petto e che, a contatto con esso, si avvertiva uno strano calore. Nel 1551 Filippo Neri fu ordinato prete e andò a vivere nel convitto ecclesiastico di san Girolamo, dove presto si fece un nome come confessore; possedeva il dono di saper leggere nei cuori. Ma la sua occupazione principale era ancora il lavoro tra i giovani. San Filippo era assistito da altri giovani chierici, e nel 1575 li aveva organizzati nella Congregazione dell’Oratorio; per la sua società (i cui membri non emettono i voti che vincolano gli ordini religiosi e le congregazioni), costruì una nuova chiesa, la Chiesa Nuova, a santa Maria “in Vallicella”. Diventò famoso in tutta la città e la sua influenza sui romani del tempo, a qualunque ceto appartenessero, fu incalcolabile.
 
O Signore, che ci hai fatto gustare il pane del cielo,
fa’ che a imitazione di san Filippo [Neri]
desideriamo sempre questo cibo
che ci dona la vera vita.
Per Cristo nostro Signore.