19 Maggio 2025
Lunedì V Settimana di Pasqua
At 14,5-18; Salmo Responsoriale dal Salmo 113b (115); Gv 14,21-26
Colletta
La tua mano, o Padre,
protegga sempre questa famiglia,
perché, liberata da ogni male
per la risurrezione del tuo Figlio unigenito,
con il tuo aiuto possa camminare sulle tue vie.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Catechismo della Chiesa Cattolica 729 Solo quando giunge l’Ora in cui sarà glorificato, Gesù promette la venuta dello Spirito Santo, poiché la sua morte e la sua risurrezione saranno il compimento della Promessa fatta ai Padri: lo Spirito di verità, l’altro Παράκλητος sarà donato dal Padre per la preghiera di Gesù; sarà mandato dal Padre nel nome di Gesù; Gesù lo invierà quando sarà presso il Padre, perché è uscito dal Padre. Lo Spirito Santo verrà, noi lo conosceremo, sarà con noi per sempre, dimorerà con noi; ci insegnerà ogni cosa e ci ricorderà tutto ciò che Cristo ci ha detto e gli renderà testimonianza; ci condurrà alla verità tutta intera e glorificherà Cristo; convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.
730 Infine viene l’Ora di Gesù: Gesù consegna il suo spirito nelle mani del Padre nel momento in cui con la sua morte vince la morte in modo che, «risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre» (Rm 6,4), egli dona subito lo Spirito Santo «alitando» sui suoi discepoli. A partire da questa Ora, la missione di Cristo e dello Spirito diviene la missione della Chiesa: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21).
I Lettura - Il Nuovo Testamento: 14,15-17 Più che dimostrare la continuità logica del cristianesimo rispetto al giudaismo, come nei discorsi davanti ai giudei, il primo discorso di Paolo ai gentili riportato in At presenta una teologia naturale che afferma l’esistenza di Dio attraverso la sua attività creatrice e provvidente. Diversamente da altri discorsi, qui manca una conclusione cristologica (come in 17,30-31; 1Ts 1,9-10), probabilmente perché gli abitanti di Listra non si erano ancora convertiti alla fede nell’unico “Dio vivente”.
14,15 Paolo e Barnaba, dichiarando di essere anche loro “esseri umani” vogliono ricordare alla folla di non considerarli delle divinità e dissuaderla quindi dall’offrire loro sacrifici. Anticipando poi quello che Paolo dirà nell’Areòpago di Atene (17,22-31), il discorso si concentra sulla conversione dalle “vanità” che qui sono da identificare con gli idoli: “cose morte” (Sap 13,10) contrapposte alla vita che viene dal Dio vero.
Il concetto di “vano, inutile, senza valore” espresso qui dall’aggettivo mataios si ricollega a quello di hebel riferito nell’AT agli idoli (cfr., ad es., Dt 32,21; 1Re 16,13.26; 2Re 17,15; Is 57,13; Ger 10,8; 14,22; 16,19).
Vangelo
Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa.
Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?: Gesù termina la sua risposta a Giuda, non l’Iscariota, dicendo: la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Gesù comunica tutto ciò che ha udito dal Padre. Le sue parole sono fonte di vita e devono essere accolte in un cuore fasciato di silenzio, memorizzate, custodite, meditate, approfondite ed attualizzate costantemente alla luce della risurrezione del Cristo che ci avvolge. Per questa custodia-meditazione costante delle sue parole, Gesù promette l’aiuto dello Spirito Santo: il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,21-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l'Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Parola del Signore.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 23 Se uno mi ama, osserverà la mia parola; chi ama Gesù osserva la sua parola, cioè i suoi comandamenti; si noti che l’espressione «osservare la mia parola» è parallela all’altra già usata dall’evangelista: «osservare i comandamenti» (verss. 15, 21). E il Padre mio lo amerà; nel credente l’osservanza dei comandamenti è in pari tempo effetto e segno dell’amore del Padre e del Figlio. Verremo a lui e dimoreremo presso di lui; Cristo risponde indirettamente a Giuda dicendogli che la manifestazione di cui si parla si identifica con la presenza del Padre e del Figlio in coloro che amano ed osservano i comandamenti. Si tratta di una presenza divina del tutto particolare e duratura. Nei verss. 15-23 si trovano le affermazioni più caratteristiche del quarto vangelo, concernenti la così detta «escatologia realizzata» (cf. Giov. 3, 18; 5, 25). Nella presente sezione non si parla del ritorno di Cristo, che avrà luogo alla fine dei tempi, come di esso si parla in altri testi giovannei (cf. Giov.,6, 39 ss.; 12, 48), in passi dei vangeli sinottici e in quelli delle prime lettere di San Paolo (cf. 1 Tessalonicesi, 4, 14-18), ma del ritorno che si attua già fin dall’inizio della predicazione evangelica e che si identifica con la abitazione (dimora) di Cristo nell’animo di coloro che osservano i suoi comandamenti; questa presenza di Gesù costituisce la «escatologia realizzata». Da ciò risulta come in questo stesso capitolo vi siano delle prospettive differenti per quanto riguarda l’escatologia; in Giov., 14, 1-3 la prospettiva escatologica è quella tradizionale; in Giov., 14, 18-21 la prospettiva escatologica è quella della «escatologia realizzata».
24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; si ha un parallelismo antitetico con il vers. 23 a. Gesù non può manifestarsi a coloro che non lo amano (cf. 8, 42) e che non accolgono le sue parole (cf. 8, 37, 43, 47; 15, 22-23). E la mia parola non è mia...; lettura più breve da preferirsi alle altre: «la parola che ascoltate»; «la mia parola che ascoltate». L’espressione indica l’unione perfetta che esiste tra il Figlio ed il Padre; la parola del Figlio è la parola stessa del Padre (cf. 7, 16; 12, 44).
26 Lo Spirito Santo che il Padre invierà nel mio nome, vi insegnerà tutto; Cristo ha compiuto la sua missione dottrinale; i discepoli tuttavia non hanno compreso tutto quanto il Maestro ha detto loro; in tal caso chi provvederà a illuminare la loro intelligenza perché possano comprendere pienamente gli insegnamenti di Cristo? Essi già sanno che avranno «un altro Paraclito» (cf. vers. 16), il quale rimarrà con loro e sarà loro aiuto e sostegno; ora apprendono che questo Paraclito per loro sarà anche guida intellettuale e maestro intimo. «Lo Spirito Santo che il Padre invierà nel mio nome»; lo Spirito Santo non sarà inviato a sostituire Cristo, ma a compiere la sua opera in stretta unione con lui (cf. Giov., 16, 13-14).
«Vi insegnerà tutto»; non si precisa come sarà effettuato tale insegnamento; l’azione dello Spirito si esplica nell’intimo per via di illuminazioni interiori, non già per parole esterne (rivelazione storica compiuta da Cristo). E vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto; la formula è di una ricchezza teologica notevole. «Ricordare» non significa il semplice richiamare alla mente, ma il tener vive ed inalterate le parole di Cristo, vale a dire nel ripetere ai discepoli le verità che il Maestro ha loro annunziate. Lo Spirito Santo ripetendo tali verità le fa ricordare ai discepoli. «Tutto ciò che io vi ho detto»; non si tratta semplicemente di ripetere tutti gli insegnamenti di Cristo, ma di farli comprendere in tutta la loro intima ricchezza dottrinale. L’espressione «tutto» (πάντα = tutte le cose) abbraccia l’intero corpo dottrinale della rivelazione apportata da Cristo (cf. Mt., 28, 28). La solenne promessa compiuta qui da Cristo non considera unicamente gli apostoli, ma interessa tutta la Chiesa docente (apostoli e loro successori). A queste solenni consegne di Gesù rimane fedele la Chiesa quando svolge la sua missione dottrinale lungo l’intero corso della storia.
Silvano Fausti (Una Comunità legge il Vangelo di Giovanni): v. 26: il Consolatore, lo Spirito Santo, ecc. Il Consolatore, chiamato prima lo Spirito della verità, ora è detto lo Spirito Santo. «Santo» significa «di Dio»: lo Spirito Santo è la vita di Dio, che il Padre invierà a noi che siamo in comunione con il Figlio. È il dono ultimo del Dio creatore, che mediante esso si comunica alla sua creatura, per essere tutto in tutti (lCor 15,28).
egli vi insegnerà tutte le cose. Lo Spirito d’amore ci insegnerà e imprimerà nel cuore il Figlio. Nel Vangelo di Giovanni è sempre Gesù che insegna: solo il Figlio ci fa conoscere il Padre. Una volta sola si dice che il Padre insegna a lui l’essere Figlio (cf. 8,28). Qui si parla anche dello Spirito Santo, che insegnerà a noi ciò che Gesù ha detto. È il maestro interiore, che ci rende «tutti istruiti da Dio» (6,45; Is 54,13). Dio, che prima era con noi nella legge e poi presso di noi nella carne del Figlio, sarà in noi con il suo Spirito, l’amore che fa conoscere tutto.
Con l’andarsene di Gesù si è compiuta la rivelazione: il Figlio ha manifestato il volto del Padre. Ma solo chi ama è in grado di conoscere. Per questo lo Spirito Santo, che è amore, ci farà comprendere tutto ciò che il Figlio ci ha detto (cf. 16,12-15).
e vi farà ricordare tutte le cose che vi dissi [io]. L’amore, come fa capire, così fa ricordare, portare-nel-cuore, tutto ciò che Gesù ha detto, perché possiamo viverne.
Gesù ha detto e dato tutto. Lo Spirito Santo non aggiungerà nulla a quanto egli ha rivelato e donato: farà invece entrare sempre più profondamente in noi il mistero del Figlio e del Padre, con un amore che fa conoscere e una conoscenza che fa amare. La profezia cristiana non è che «ricordo» del Figlio, attualizzato qui ed ora dallo Spirito (cf.15,26-27; 16,7-15). L’uomo vive di ciò che ricorda, di ciò che ha nel cuore. E importante la memoria: ciò che non è in memoria, non esiste.
Catechismo degli Adulti - Lo Spirito rivelato nella storia [336] Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti. Come mai allora rimane in ombra nella coscienza di molti cristiani? Qual è la sua identità personale e il suo rapporto con noi?
[337] Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
[338] Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre, capaci di condividere la sua carità verso tutti, coeredi della sua gloria. Il dono dello Spirito compendia la realtà della nuova alleanza e della salvezza.
Gregorio Magno (Horn. in ev., XXX): … il Paraclito, lo Spirito Santo, che il Padre vi invierà nel mio Nome ... : lo Spirito Santo è detto Paraclito, cioè Consolatore e Difensore, perché intercede presso la giustizia del Padre, per le colpe dei peccatori, e induce a pregare quelli che riempie con la sua Grazia.
Il santo del Giorno - 19 Maggio 2025 - San Celestino V. La rinuncia è profezia se compiuta per l’amore: La rinuncia può essere profezia? Sì, se avviene per un amore più grande: ecco perché Celestino V è santo, ovvero Pietro da Morrone, che nel 1294 rinunciò addirittura al Pontificato. Una scelta che, a distanza di secoli, oggi continua a provocarci. Era nato tra il 1209 e il 1215 in Molise e per un certo periodo aveva provato l’esperienza monastica benedettina; ben presto, però, Pietro aveva capito di sentirsi chiamato a un’esistenza da eremita. Il suo stile improntato alla radicalità, alla semplicità e alla bontà d’animo attirò numerosi discepoli, assieme ai qual si stabilì sulla Maiella: nacquero così gli Eremiti di San Damiano, i Celestini, poi approvati da Urbano IV nel 1264. Con l’appoggio del cardinale Latino Malabranca e di Carlo II, re di Napoli, la famiglia religiosa di Morrone vide crescere i monasteri, incorporando anche diverse abbazie in decadenza. Il 5 luglio 1294, dopo 27 mesi di abdicazione, venne eletto Papa. Davanti alla chiesa di Santa Maria di Collemaggio, che lui stesso aveva fatto costruire nel 1287, ricevette la tiara che era stata di Innocenzo III e il nome di Celestino V il 29 agosto. Celestino V però si rese conto di non avere le risorse per tenere testa agli interessi politici in gioco e si dimise il 13 dicembre successivo. Morì a Fumone, prigioniero, il 19 maggio 1296.
Guida con bontà, o Signore,
la tua Chiesa che hai nutrito a questa santa mensa
perché, condotta dalla tua mano potente,
cresca nella perfetta libertà
e custodisca l’integrità della fede.
Per Cristo nostro Signore.